PUBBLICITÁ

Letture

Farfalle e falene, il passato irrecuperabile per Benjamin

Luigi Azzariti-Fumaroli

Un libro "badiale" raccoglie tutte le “Icone” realizzate dal naturalista settecentesco William Jones, e che ritraggono, in quasi 1.300 illustrazioni, farfalle e falene fin nel dettaglio più minuto

PUBBLICITÁ

Beniamino Placido riteneva di non far torto ai libri paragonandoli ai trattori: «sono» - scriveva - «strumenti per pensare, per capire, per sentire. Non sono farfalle iridescenti a cui reagire tracciando a nostra volta squisite iridescenze». A far dissentire da tale prospettiva, così compunta, virtuosa, concettosa, induce però l’apparizione, invero sempre più rara, di certi tomi corposi e carnosi, capaci di dare un piacere quasi fisico a chi carezza con lo sguardo la loro carta soave, vellicando il desiderio di tornare a dimorare per qualche momento nell’orbis pictus dell’infanzia: di rigiocare con le parole, le immagini, i colori, gli oggetti, indulgendo in una gioiosa identificazione mimetica; ovvero di consacrarsi ad una voluttuosa vacanza dall’imperativo di una pensosa valutazione, per accondiscendere soltanto ad un desiderio ludico, ad una curiosità divertita.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Beniamino Placido riteneva di non far torto ai libri paragonandoli ai trattori: «sono» - scriveva - «strumenti per pensare, per capire, per sentire. Non sono farfalle iridescenti a cui reagire tracciando a nostra volta squisite iridescenze». A far dissentire da tale prospettiva, così compunta, virtuosa, concettosa, induce però l’apparizione, invero sempre più rara, di certi tomi corposi e carnosi, capaci di dare un piacere quasi fisico a chi carezza con lo sguardo la loro carta soave, vellicando il desiderio di tornare a dimorare per qualche momento nell’orbis pictus dell’infanzia: di rigiocare con le parole, le immagini, i colori, gli oggetti, indulgendo in una gioiosa identificazione mimetica; ovvero di consacrarsi ad una voluttuosa vacanza dall’imperativo di una pensosa valutazione, per accondiscendere soltanto ad un desiderio ludico, ad una curiosità divertita.

PUBBLICITÁ

 

In questo novero di “letture facoltative” si iscrive ora il badiale volume, apparso per i tipi di Einaudi (Farfalle e falene. Il libro dei disegni di William Jones, a cura di Richard I. Vane-Wright, Einaudi, Torino 2021, pagg. 688, € 65.) che raccoglie tutte le “Icone” realizzate dal naturalista settecentesco William Jones, e che ritraggono, in quasi 1.300 illustrazioni, farfalle e falene fin nel dettaglio più minuto. La raccolta, perduta, con il tramonto della tassonomia linneana cui si ispirava, qualsiasi valenza scientifica, acquista la funzione di introdurre il lettore in uno spazio illusorio, nel quale ogni farfalla ha un che di mortalmente irrigidito, di reliquante, ma proprio per questo di evocativo, se è vero che «il ricordo deriva dell’esperienza defunta, che si definisce, eufemisticamente, “esperienza vissuta”».

 

PUBBLICITÁ

Accade così, nel ricordo d’una caccia alle farfalle consegnato da Walter Benjamin alle pagine di Infanzia berlinese, dove il correre, il prendere la mira e lanciare il retino diventa metafora dell’immagine d’un passato irrecuperabile, che appare e scompare secondo l’imprevedibile capriccio d’una Mnemosyne, dalle «ali oblunghe, d’un bianco integerrimo, sottilmente venato di nero».

 

Anche di questa farfalla Jones offre meticolosa raffigurazione, che il curatore dell’edizione, l’entomologo Richard I. Vane-Wright, scientificamente nomina Parnassius mnemosyne, e dichiara diffusa dall’Europa alla Russia. Una notazione che parrebbe potersi attestare anche letterariamente, se è vero che Sebald considera questa farfalla eterea incarnazione d’una imago nella quale convergono esperienza dello sguardo e insieme della rimemorazione; e Nabokov ne fa il nume tutelare di quell’«avventura entomologica» nel corso della quale, come fermando il ritmo del tempo, si produce un vuoto momentaneo in cui si riversa tutto ciò che suscita gratitudine verso il «genio contrappuntistico del destino umano o i teneri spettri che assecondano un fortunato mortale».

 

Ma Nabokov, che, in veste di tassonomista di lepidotteri, d’una farfalla, la Rossica Nabokov, fu anche primo scopritore e onomoteta, non apprezzava coloro che considerassero le farfalle simbolicamente. E se la passione entomologica si combinava in lui con quella narrativa, ciò si doveva all’attenzione per le minuzie che l’una permetteva di acuire nell’altra. Un’attenzione che Nabokov ritrovava in certi pittori del XV e XVI secolo ai quali si dovevano le prime raffigurazioni di lepidotteri. Guardando le loro opere, egli si trastullava a snidare e identificare le specie ch’essi avevano preso a modello, come la Maniola jurtina che Bosch avrebbe raffigurato nell’Inferno musicale.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

In Bosch, in Bruegel, in Dürer o in Seghers, l’analogia con la farfalla reale rimane però quasi sempre frutto d’una semplice coincidenza, d’una di quelle evenienze in cui la natura imita quanto l’arte propone. Non così in Jones, nelle cui tavole ogni lepidottero appare nella sua “descrizione originale”, che parrebbe opporsi ad ogni empito dell’immaginazione, ma che nondimeno invita, per dirla con Gozzano, al «mistero intraducibile ch’emana/ dalle farfalle esotiche», al quale lo sguardo accede sbigottito, come a cospetto di «forme soprannaturali»: quelle medesime che da bambini ci apparivano nella magnificenza delle ali di un Macaone e che ora si riconoscono soltanto quali feticci cui ci si rivolge per cercare un’esistenza senza accenti, simile alla vita nei sogni.

                                                                                                         

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ