PUBBLICITÁ

facce dispari

Ferruccio Parazzoli, lo scrittore che abita nei sogni di Salgari

Francesco Palmieri

Lo scrittore veronese "è una lanterna magica. Quando si leggono i suoi libri non si vedono più le parole stampate, ma si entra nel mondo dell’autore. Salgari sta sognando e noi entriamo nel suo sogno". Lo scrivere e la paura "di perdere la facoltà del sogno"

PUBBLICITÁ

Ogni estate, in una casa sul mare, un vecchio scrittore si prescrive il sogno come altri le cure termali, una crociera o le gite in montagna. Ma ciò che rende peculiare il sogno di Ferruccio Parazzoli rispetto ai pazienti freudiani, agli yogi tibetani che amministrano la notte o agli allucinati esegeti del lotto è che il sogno in cui si cala lui è quello di un altro. Di uno scrittore morto nel 1911, ventiquattr’anni prima che Parazzoli nascesse e trentacinque prima che, convalescente dopo due operazioni, scoprisse Emilio Salgari grazie a chi regalò ‘Sulle frontiere del Far West’ al fragile undicenne.

“Ero tornato immortale, le ansie di mia madre non mi toccavano”, ricorda Parazzoli, “ero lontano, accanto a John lo scorridore, l’indian agent, accanto a Nuvola Rossa, alla feroce Yalla, alla piccola e poi non più piccola Minnehaha”. L’undicenne sarebbe diventato un prolifico scrittore e un importante dirigente editoriale, ma nessuno degli autori da lui vagliati e pubblicati avrebbe mai insidiato il posto del ‘Capitano’ veronese nel suo cuore. Alla rilettura di Salgari, delle sue praterie, giungle, deserti e ghiacciai, ha dedicato un libro che s’intitola appunto ‘Emilio Salgari. Il grande sogno’, per le Edizioni Ares. Qui il lettore nella casa sul mare deroga a quello della casa milanese di sempre, in piazzale Loreto, descritto nel romanzo ‘L’evacuazione’ mentre scivola nel sonno e non nel sogno: “Capita, a chi legge di notte, di leggere cose che nel libro non sono mai state scritte. È questo il momento di infilare tra le pagine la cartolina, chiudere il libro, girarsi su un fianco e spegnere la lampada sul comodino”.

 

PUBBLICITÁ

Come funziona invece il sogno di Salgari?

PUBBLICITÁ

È una lanterna magica. Quando si leggono i suoi libri non si vedono più le parole stampate, ma si entra nel mondo dell’autore. Salgari sta sognando e noi entriamo nel suo sogno.

È un dono dello stile? Funziona tuttora malgrado la scrittura datata?

Per Salgari non voglio sentir parlare di stile. Può essere eccessivo, retorico, vecchio, ma non c’entra niente. C’entra il fatto che sentiamo in quei libri la voce di Salgari inconfondibile, per cui a nessuno è riuscito di imitarlo. Se ne potevano emulare le trame, le avventure, ma la voce mai.

La voce in senso letterario?

Fisico. Con lui partecipiamo a un sogno narrato ad alta voce. Io ho tutt’altri tipi di letture e ho scritto di tutt’altro, però non conosco un solo autore che mi prenda per la sua voce. Metti Hemingway: è imbattibile nei dialoghi, ne rilevo la bravura ma attraverso la scrittura, ed è qualcosa che ci divide. Con Salgari no. Perché Hemingway sta scrivendo e Salgari sta sognando.

PUBBLICITÁ

Lo dice da lettore e da scrittore?

PUBBLICITÁ

Come scrittore faccio parte della letteratura, ma la letteratura non sogna. Salgari è un caso a sé. Inutile inserirlo in una storia della letteratura italiana: lui è altro. Sognava di diventare capitano di marina, viaggiare in paesi lontani. ‘La favorita del Mahdi’, uno dei libri più pieni di immagini, lo scrisse ventiduenne. Eppure componeva in vestaglia e pantofole.

E un giorno spezzò la penna e si uccise.

PUBBLICITÁ

Guadagnava meno di quanto meritasse. Non so cosa facesse dei soldi o quanto gli pesasse una famiglia sgangherata. Si convinse di essere sfruttato e quando hai questa sensazione nessuno può levartela. Spezzò la penna come un guerriero spezza la spada.

 

Oggi Salgari cosa racconterebbe?

Ho paura che perderebbe la facoltà del sogno. Ora i sogni sono finiti perché ci sono le immagini. Tant’è vero che Salgari come autore di mercato si va estinguendo.

Salgari è la fisicità?

Tutto ciò che descrive è fisico, ma ne trasmette un’immagine sognata. I leoni ci sono anche nei romanzi di Wilbur Smith, ma non sono gli stessi leoni.

La bacchetta magica di Harry Potter ha soppiantato la scimitarra di Sandokan e la sciabola del Corsaro Nero?

Harry Potter ha prodotto lo stesso incantamento delle fiabe. Non lo condivido ma non vedo la necessità che i miei nipoti mi assomiglino. Sono contento di essere vissuto quando e come sono vissuto e accetto il mondo d’oggi anche se non sento di parteciparvi. Siamo in un’epoca virtuale, smaterializzata.

Come vede i ragazzi?

Più meditativi di una volta, addirittura mugugnoni. Stanno in un mondo che sembra assopito. Malgrado sia pieno di guerre gli avvenimenti arrivano attraverso le immagini di internet e della tv, non sono quasi mai compartecipati fisicamente.

Si diverte ancora a scrivere?

Cechov diceva che scrivendo non s’accorgeva del tempo che passava, nello scrivere sentiva qualcosa di simile alla vita. La scrittura mi procura serenità e forza.

È più bello scrivere da giovani o da vecchi?

Magari da vecchi si scrive meglio, ma è più bello da giovani perché, come per tante cose, c’è più gusto.

Quali letture consiglia ai “mugugnoni”?

Non dò consigli, anche se ci sono autori che dovrebbero arrivare un po’ dopo, come Thomas Mann. Credo che ciascuno debba scovare i propri libri, magari per caso.

Perché rilegge ancora Salgari?

Forse va letto specialmente in vecchiaia perché ti dà la forza per ricominciare a vivere. È l’effetto che mi fece quando ero un bambino malato. Il sogno non è mai finito. Posso rientrarci quando voglio.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ