La Penelope immaginata dal pittore preraffaellita inglese Thomas Seddon (1821-1856) 

viva i classici

Contro il woke, in Francia più greco e latino, patrimonio comune e non relitto razzista

Giulio Meotti

Sul Figaro, alcuni fra i maggiori storici francesi hanno attaccato chi, “per odio di sé, o per volontà mortale di autodistruzione, convenienza politica o per paura”, oggi abbatte i classici. Con loro anche il ministro dell’Istruzione di Macron: "Attaccare una visione del mondo contemporanea basandosi su scritti risalenti a due millenni fa è un’assurdità abissale”

La scrittrice e studiosa italiana Andrea Marcolongo è stata invitata dalla Columbia University a discutere dell’importanza del latino e del greco. Sta parlando della sua carriera e dei suoi libri, quando uno studente le chiede: “Come puoi leggere Omero se era razzista e misogino?”. La connessione Internet è buona, ma Marcolongo, autrice de La lingua geniale. Nove ragioni per amare il greco (Laterza), teme di aver capito male: “Mi dispiace, non capisco il suo punto di vista”. La studentessa ripete la domanda, giustificandola. “Ho avuto l’impressione che avessimo letto due autori diversi”, dice Andrea Marcolongo al Figaro. Così va in America.  

 

“Odiano l’idea che l’occidente possa essere una civiltà le cui basi sono greco-romane”, ha detto Raphaël Doan, un professore di classici. Se alla Columbia University la lettura delle Metamorfosi di Ovidio è preceduta da un avvertimento perché il grande libro “contiene materiale offensivo” e a Oxford lo studio dell’Iliade e dell’Odissea di Omero va ridimensionato, Princeton ha annunciato che non sarà più obbligatorio per gli studenti di materie classiche studiare latino e greco e la Howard University ha cancellato il Dipartimento di studi classici. Sul Figaro, alcuni fra i maggiori storici francesi, come Rémi Brague e Jean-Marie Salamito della Sorbona, hanno attaccato chi, “per odio di sé, o per volontà mortale di autodistruzione, convenienza politica o per paura”, oggi abbatte i classici greco-latini. “Possiamo dimenticare l’Eneide, che canta dell’amore, della pietà, della giustizia, perché Augusto era biondo e Pericle aveva la pelle bianca? Per inciso, il poeta Terenzio, che era uno schiavo, nacque a Cartagine, così come il primo autore cristiano di lingua latina, Tertulliano. L’imperatore Settimio Severo, originario di Leptis Magna a Tripoli, aveva la pelle scura. L’imperatore Filippo era un arabo. Lo stesso Agostino era di Tagaste, una città dell’attuale Algeria”. 

   
Allora in Francia il ministro dell’Istruzione di Emmanuel Macron, Jean-Michel Blanquer, è balzato in difesa del latino e del greco: “Ho letto e ascoltato queste critiche, alcune delle quali sono arrivate al punto di sostenere che Omero è un’apologia della schiavitù. Trovo tali interpretazioni assolutamente sbalorditive. Attaccare una visione del mondo contemporanea basandosi su scritti risalenti a due millenni fa è un’assurdità abissale”.

     

Blanquer, che il mese scorso ha lanciato un think tank dedicato alla lotta contro l’“importazione anglosassone” del woke, ha così annunciato che il latino e il greco antico saranno proposti anche agli studenti del diploma di maturità tecnica e ai ragazzi di undici anni. Al Point, il ministro annuncia il lancio di un piano europeo per promuovere l’insegnamento del latino e del greco, assieme ai colleghi italiano, cipriota e greco. Ciò che  unisce i paesi europei, osserva  Blanquer, sono le lingue antiche. “E, naturalmente, con questo fondo linguistico comune, si irradiano valori comuni”. Tra questi, “l’umanesimo”, “il culto della verità e della bellezza, la richiesta del logos, che si sta rivelando così necessaria nel nostro tempo in cui l’irrazionalità è in fiamme. Così la capacità di distinguere tra metafisica e politica, che risulta da una lunga maturazione della tradizione greco-romana unita alla tradizione giudaico-cristiana”.

   

Ce n’è abbastanza per diventare il diavolo del “catechismo woke”, come lo ha definito sull’Express di questa settimana il celebre fisico Alan Sokal, che nel 1997 si rese protagonista di una beffa storica, presentando a una rivista di ermeneutica, Social Text, il salotto bene della cultura  postmoderna americana, un saggio volutamente infarcito di fesserie agghindate in “filosofese”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.