"La maschera del demonio" di Mario Bava, 1960 

spaghetti horror

Da Dylan Dog a Lovecraft nel Polesine, il lato oscuro della provincia

Vanni Santoni

La casa editrice Odoya si distingue per le guide al mondo nerd, non semplici ricognizioni ma approfondimenti ragionati. "Almanacco dell’orrore popolare" indaga quei territori liminali in cui credenze e miti folk si incontrano

La casa editrice di Città di Castello Odoya ha costruito una parte delle proprie fortune su una serie di guide dedicate ai vari campi dell’immaginario, sempre molto convincenti e documentate – tra le tante si citeranno almeno Guida ai Super Robot di Jacopo Nacci, vero Koh-i-Noor della collana col suo solido portato filosofico; la Guida ai narratori italiani del fantastico di Catalano, Pizzo & Vaccaro, decisiva nell’inquadrare, catalogare e anche valorizzare tutti quegli scrittori che si sono dovuti misurare con il diffuso pregiudizio italico nei confronti di fantasy e affini; e Guida all’immaginario nerd di Nacci, Lolli, Magini, Rubino & Venerandi, riuscita nel non facile compito di mettere assieme quella galassia eterogenea e dai confini oltremodo sfumati che oggi chiamiamo “nerdom”.

E Almanacco dell’orrore popolare – titolo completo Almanacco dell’orrore popolare: folk horror e immaginario italiano – si inserisce proprio in questo prezioso sotto-filone delle guide Odoya: quelle che non si limitano a fare il punto su una determinata branca dell’immaginario, ma effettuano un vero e proprio approfondimento teoretico e antropologico. Qui, anzi, si sperimenta anche con l’inserimento di un testo di prosa a mo’ di intervallo – un appropriatissimo racconto del fondatore del “gotico siciliano” Orazio Labbate – e la soluzione dona ulteriore efficacia al risultato. Ecco, quindi, l’orrore popolare italiano: il diavolo, ovviamente, ma anche “streghi”, krampus e benandanti, entità popolanti quei territori liminali in cui credenze e miti popolari si incontrano, spesso fruttuosamente, con le suggestioni della fiction, tant’è che si finisce anche sul Dylan Dog di Tiziano Sclavi, che nei primi anni 90 seppe convertire un’intera nazione all’horror – e che non di rado esplorava con abilità i territori nostrani del genere.

Gli autori, entrambi ricercatori nel campo della “speculative fiction”, giungono a questo almanacco, che anche dal titolo farà tornare alla mente ai lettori over 40 gli “Almanacchi dell’orrore” pubblicati da Bonelli, dopo un percorso che già guardava con forza in questa direzione: Fabio Camilletti aveva firmato per Odoya una ottima Guida alla letteratura gotica, mentre Fabrizio Foni si era dedicato specificamente alle sue manifestazioni italiane con Alla fiera dei mostri. Racconti pulp, orrori e arcane fantasticherie nelle riviste italiane (Tunué) e Piccoli mostri crescono. Nero, fantastico e bizzarrie varie nella prima annata de “La domenica del corriere” (Perdisa Pop). Il risultato, che si articola in diciassette saggi capaci di spaziare dalla “Torino magica” alle bambole maledette, dagli orrori etruschi alle fiabe tradizionali, non è solo convincente, ma segna un arrivo e un nuovo punto di partenza per gli studi italiani sul tema, spesso vittime del medesimo pregiudizio che per decenni ha afflitto nel nostro paese tutta la letteratura fantastica.

Di particolare interesse, tra i tanti pezzi, il saggio del critico letterario Marco Malvestio, che partendo da una “beffa” cinematografica, il “mockumentary” di Federico Greco e Roberto Leggio su un immaginario (ma quasi plausibile, visto il carico orrorifico, e per certi versi proprio lovecraftiano, dell’immaginario tradizionale del Polesine) viaggio in Veneto di H. P. Lovecraft, alla ricerca di antiche tradizioni e sette segrete, esplora l’arrivo, la ricezione e l’influenza del maestro dell’orrore cosmico nel nostro paese, dimostrando, tra le altre cose, che a fronte delle annose riserve della critica accademica, in Italia non è mai mancato interesse e passione per i territori dell’horror.

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