“La vita adulta” di Andrea Inglese

Vanni Santoni

Il ritratto del mondo che attende i tanti che provano a vivere di cultura

Dei giovani artisti, e ancor più dei giovani intellettuali emigrati o precari – o emigrati e precari – molto si è scritto, anche per l’ovvia ragione della sovrapponibilità della loro condizione con quella di molti scrittori. Ma cosa succede quando gli intellettuali, restando emigrati o precari, diventano pure vecchi? Viene a raccontarcelo Andrea Inglese, poeta e teoreta – da leggere le sue riflessioni cinematografiche in Ollivud, uscito nel 2018 per Prufrock – e ormai anche romanziere, e non più “poeta prestato al romanzo”, dato che La vita adulta, da poco pubblicato da Ponte alle Grazie, è la sua seconda prova narrativa, dopo il fortunato Parigi è un desiderio, uscito per lo stesso editore nel 2016.

E se La vita adulta si presenta come la “storia di un’affinità elettiva” – quella tra Tommaso Zappa, critico d’arte e curatore alla soglia dei cinquant’anni, e Nina Dumo, performer più giovane ma mai confermatasi dopo un esordio esplosivo che si fa già pericolosamente distante rispetto ai tempi concitati dell’arte contemporanea – è in realtà prima di tutto il ritratto di un mondo, quello che attende dietro l’angolo i tanti che a vivere di cultura ci provano e magari ci riescono per un po’, ma senza mai rompere veramente il velo invisibile ma tenace che segna il “passaggio di classe”, per dirla parafrasando il Vincent Gallo sbalordito che guardava i ricconi di New York coccolarsi il suo amico Jean-Michel Basquiat quando solo due settimane prima avrebbero chiamato la sicurezza per farlo cacciare dal locale. Un mondo che vive necessariamente nelle grandi metropoli d’occidente – c’è Milano, ma ci sono, inevitabilmente, anche New York e Berlino, così come fanno capolino, come possibilità, Londra e Parigi –, e che è testimone, e spesso anche artefice più o meno consapevole, dei grandi processi che le portano a mutare, pulsare, abbandonare, ripopolare, includere ed espellere. Così, la stessa Nina che, coi suoi gusti, le sue scelte e le sue frequentazioni contribuisce a gentrificare Berlino, può ritrovarsi a lavorare per un catering e poi addirittura per un’impresa di pulizie, proletarizzata suo malgrado, nonostante la propria funzione di “spensierata avanguardia del capitale più spregiudicato”. Questo mentre Tommaso, in una Milano che si riscopre più luccicante di quanto avesse previsto, deve vedersela, anche dopo vent'anni di onorato lavoro culturale, con chi pretende di pagarlo in visibilità per le sue conferenze – e con dinamiche umane che a vent’anni erano divertenti, a trenta ordinarie e a cinquanta diventano solo stancanti.

Non è un caso allora che, nella Vita adulta, l’incontro annunciato, atteso, inevitabile, dei due protagonisti, le cui vicende si alternano sullo sfondo di una “Fortezza Europa” sempre più anodina, non ostanti le corse delle amministrazioni a mettere il cappello su questa o quella istanza progressista utile a fini di propaganda, giunga quasi alla fine del romanzo. Non solo: benché il libro cominci suggerendo, nelle descrizioni di pensieri e vissuti, una certa tensione erotica, anche questa – si perdoni lo spoiler, ma la scrittura di Inglese ha obiettivi di stile e pensiero, più che di trama, e quindi non sarà peccato mortale farne – finirà per rimanere in sospeso. Inevitabilmente: La vita adulta è una storia di atti mancati (si noti come la frase funzioni anche senza ricordare che cita il titolo), nonché la storia della loro elaborazione, che può a volte portare a scoprire che mancati non erano, anzi erano pure pieni di significato, solo che andavano in direzioni del tutto diverse rispetto a quelle che avevamo previsto.

Di più su questi argomenti: