"C'è una nuova Inquisizione degli offesi"

Giulio Meotti

Il nuovo libro di Salman Rushdie. “La scomunica è tornata sotto forma laica”. Se nel 1989, al tempo della fatwa iraniana, ci fosse stato questo clima, “molti amici non mi avrebbero difeso”

Era la festa di San Valentino del 1989 quando un libro scatenò una guerra culturale ancora in corso. Erano “I Versi Satanici” di Salman Rushdie, condannato a morte dalla fatwa di Khomeini. Librerie attaccate, traduttori accoltellati a morte, boicottaggi internazionali, l’opinione pubblica divisa fra chi era contro l’autore (i più), chi difendeva il diritto alla libertà di espressione (pochi) e lui che diventava per un decennio uccel di bosco. Se ne sarebbero visti di sequel di questa drammatica saga: Charlie Hebdo, Theo van Gogh, Mila e tanti altri. 
Un anno fa, memore di essere stato quasi cancellato da quell’editto iraniano, Rushdie ha firmato la lettera su Harper’s contro la cancel culture, fenomeno nato in America e dalle conseguenze profonde in tutte le democrazie. Non passa giorno senza che un libro, uno scrittore, un oratore, un professore o una parola non sia cancellata. 


Adesso Rushdie torna sul tema con un nuovo libro di saggistica, “Languages of truth”. Vi spiega che i nuovi inquisitori non portano turbante e tonaca, ma giacca, cravatta e jeans. “L’idea che ferire i sentimenti delle persone, offendere la sensibilità delle persone, stia andando troppo oltre ora ha un ampio credito”, scrive Rushdie. “E quando sento brave persone dire cose del genere, sento che il vecchio apparato religioso della blasfemia, dell’Inquisizione, dell’anatema, tutto questo potrebbe essere sulla via del ritorno sotto forma laica”.


E’ in gioco, scrive Salman Rushdie in “Languages of truth”, la natura e il futuro della società aperta: “Posso sostenere e sostengo che una società aperta debba consentire l’espressione di opinioni che alcuni membri di quella società possono trovare spiacevoli; altrimenti, se accettiamo di censurare i sentimenti sgradevoli, entriamo nel problema di chi dovrebbe avere il potere di censura. Quis custodiet ipsos custodes, come si dice in latino. Chi ci proteggerà dai guardiani?”. 


L’Inghilterra che ha ospitato e protetto Rushdie non è più la stessa di allora. Racconta il Telegraph che il sindacato studentesco di Oxford recluterà “lettori sensibili” per impedire la pubblicazione di “materiale insensibile” sul più antico e glorioso giornale dell’università. Il Telegraph riferisce che, secondo il consiglio della Oxford Student Union, sono stati pubblicati “articoli problematici” che sono “implicitamente razzisti o sessisti” o “solo generalmente imprecisi e insensibili”. Ora un gruppo selezionato di studenti “giusti” deciderà cosa può e cosa non può essere pubblicato. L’Università di Edimburgo assumerà un ricercatore per compilare un elenco e un registro dei “crimini d’odio e dei comportamenti offensivi”, spiega il Times. Sir Tom Devine, eminente storico scozzese, ha affermato che una “cultura della paura” ha preso piede nelle università britanniche. 


Se questa visione fosse stata mainstream nel 1989, Rushdie allora sarebbe stato lasciato in balia dei suoi carnefici, un po’ come Mila oggi. “All’interno del movimento progressista c’è l’accettazione del fatto che certe idee dovrebbero essere soppresse e penso che sia preoccupante”, ha detto Rushdie all’Irish Times. “Ovunque ci sia stata censura, le prime persone a soffrirne sono le minoranze. Quindi, se in nome delle minoranze desideri sostenere la soppressione dei pensieri sbagliati, è un pendio scivoloso”. Nel 2015, numerosi scrittori si sono ritirati dal gala del PEN American Center per protestare contro la decisione dell’organizzazione di onorare Charlie Hebdo. Ripensandoci ora, Rushdie è furioso: “Se il PEN come organizzazione per la libertà di parola non può difendere e celebrare le persone che sono state assassinate per aver fatto dei disegni, allora francamente l’organizzazione non vale questo nome. Quello che vorrei dire loro è che spero che nessuno venga mai a cercarli”. Rushdie continua all’Irish Times, confessando: “Mettiamola così: il tipo di persone che mi hanno difeso negli anni brutti – in altre parole, le persone nelle arti liberali e di sinistra – potrebbero non farlo ora. L’idea che essere offesi sia lo stesso di ricevere una critica ha guadagnato molta popolarità”. Wokeism fa rima con Islamism.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.