Spazio okkupato

Il pendolo del cattolicesimo oscilla da sempre fra ribellione e ubbidienza

Giacomo Papi

Tra fra' Cristoforo e don Abbondio, due modelli di Chiesa che per un bambino è difficile persino credere che venerino lo stesso Dio

Don Giulio Mignani, parroco di Bonassola, ridente località di 833 anime del Levante ligure, ha destato scandalo rifiutandosi di benedire i rami d’ulivo in segno di protesta contro il pronunciamento della Congregazione per la dottrina della fede che vieta ai sacerdoti di benedire le unioni omosessuali in quanto “non ordinate al disegno del Creatore”. Per spiegare la sua protesta don Giulio ha detto: “Nella chiesa si benedice di tutto, non solo le palme ma a volte, purtroppo, anche le armi, però non si può benedire l’amore vero e sincero di due persone perché omosessuali”. La diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato ha prontamente emanato un comunicato stampa per ricordare “i vari interventi compiuti negli ultimi anni dal vescovo” con don Giulio e annunciare che “si sta valutando in merito nelle apposite sedi, a tenore della normativa canonica vigente”. Lo scorso 24 aprile, per esempio, il trombettista jazz tedesco Johannes Faber, che ogni giorno alle 11 suonava le campane per chiamare a messa aveva fatto riecheggiare in tutto il paese “Bella ciao” suscitando le proteste della locale sezione di Fratelli d’Italia. Non era una novità. I vecchi si ricordano ancora di quando, negli anni Settanta, i campanari suonavano “Bandiera rossa”.

 

A Bonassola sono arrivato la prima volta la domenica di Pasqua del 1974. C’era un nubifragio e per ripararci entrammo nella chiesa di San Giorgio, una frazione sul monte di Bonassola, mentre c’era la messa. Dal pulpito fra’ Sebastiano, con gli occhi e i capelli bianchi indiavolati, stava dicendo alle pie donne: “Io non so come si chiami, se Gesù, Marx o Mao Tse Tung, ma un Dio ci deve essere!”. Fra’ Sebastiano era nato ad Albino in provincia di Bergamo, vicino al paese di Papa Giovanni XXIII, e si era fatto prete per fame. Ogni tanto andava a Milano a trovare la sorella che gestiva un bordello dalle parti di via Lecco. Era generoso e simpatico, ma fumava e beveva molto, probabilmente andava anche a donne. Un giorno, dicevano, aveva perfino bestemmiato in paese, per poi commentare: “Quando ci vuole ci vuole”. Le pie donne gli volevano bene, ma comprensibilmente protestavano. Quando accadeva il vescovo doveva venire da Spezia per richiamarlo a un po’ di contegno.

 

In quegli anni il parroco di Bonassola era don Beretta, un omino piccolo, con una faccia da mela rubizza e rugosa, che in paese era arrivato dopo la guerra e ci sarebbe rimasto fino agli anni Ottanta. Beretta era tanto misurato e rispettoso quanto Sebastiano era smisurato e ribelle. A vederli insieme facevano pensare a don Abbondio e fra’ Cristoforo, due preti così opposti che per un bambino era difficile credere che praticassero la stessa religione e venerassero lo stesso Dio. Quando Beretta morì giunse don Gallo, un omone all’antica che si portò la perpetua e rimise il confessionale con la grata che Beretta, in un impeto di modernità, aveva eliminato. I bambini lo temevano, ma dicevano: “Se diventasse Papa sarebbe papagallo”. Gli succedettero don Francesco da Sestri Levante, amato da bambini e ragazzi, e don Nilo Gando da Monterosso, già anziano, molto ligio alle apparenze e alla liturgia, ma non ben visto perché su di lui giravano voci. Nel Duemila la globalizzazione bussò anche alla chiesa di Bonassola: furono mandati padre Agostino dalla Nigeria e don Desirè del Ghana (o viceversa), giovani e nerissimi, facevano raccolte fondi per l’Africa, parlavano con le turiste, catapultati da un altro pianeta. Una sera ho osservato don Desirè guardare il mare in tonaca, seduto in spiaggia a gambe incrociate, chiedendomi che cosa fosse il mare per lui.

 

Don Giulio Mignani arrivò intorno al 2010 in tempo per la Grande alluvione e fu subito amato da tutti perché si mise spalare il fango che aveva travolto le Cinque Terre. Prima era stato ragioniere in banca e assistente di Francesco Moraglia, allora vescovo di Spezia, oggi patriarca di Venezia. Nei suoi dieci anni a Bonassola ha dato le case del sagrestano ai poveri e si è rifiutato di caricare d’oro la Madonna del Rosario che infatti, da quando c’è lui, in processione sfila più sobria. Sulla questione della benedizione alle coppie omosessuali anche i teologi più di sinistra assicurano che è impossibile perché farebbe crollare l’intero edificio dottrinale. Il matrimonio tra uomo e donna è sacro perché la coppia imago Dei è eterosessuale e alla Genesi non si sfugge (“A sua immagine lo creò, maschio e femmina li creò” Genesi, 1,26-28). Il matrimonio simboleggia l’unione tra Gesù (maschio) e Chiesa (femmina) e per i cattolici simbolo e cosa devono coincidere, altrimenti tutto crolla. Il pendolo del cattolicesimo oscilla da sempre, però, tra ribellione e ubbidienza, tra don Abbondio e fra’ Cristoforo o, per dirla alla bonassolese, tra don Beretta e fra’ Sebastiano, indeciso da sempre se considerare Gesù il più grande rivoluzionario o il più grande uomo d’ordine della storia.

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