Voltaire in un ritratto di Maurice Quentin de La Tour (Wikimedia commons)

Da Sciascia a Brera: chi ha voluto “adottare” il “Candido” di Voltaire

Antonio Gurrado

Inaugurato dal filosofo francese nel 1759, il personaggio ha fatto le fortune di svariati autori, che l'hanno fatto rivivere dalla Sicilia all'America. Con una costante, che ritorna e si riallaccia all'originale: la questione della paternità

Candido è un rider idealista. No, è un comunista illuso che il Pci voglia davvero redistribuire la proprietà privata. Macché, è un laureato in Economia e Commercio che si scontra con la dura legge del profitto. Ma è anche una procace universitaria un po’ troppo generosa nel consolare gli afflitti. Si tratta, rispettivamente, del “Candido” di Guido Maria Brera appena pubblicato dalla Nave di Teseo; di “Candido, ovvero Un sogno fatto in Sicilia” di Leonardo Sciascia (1977); di “Tout va pour le mieux!” di Alain Monnier (2012); e di “Candy” di Terry Southern e Mason Hoffenberg (1958), lo sceneggiatore del “Dottor Stranamore” e un critico letterario che faceva il pornografo a tempo perso.

 

Che il protagonista cambi nome o lo mantenga, che viva in Sicilia o in America, che sia uomo o donna, laureato o incolto, ricco o povero, riscrivere il “Candido” sembra essere un esercizio infallibile, destinato a funzionare in infinite variazioni – dalla storia per ragazzi all’apologo politico, dal romanzo erotico all’instant-book. Né è soltanto un vezzo postmoderno. Il “Candido” di Voltaire esce nel 1759 ed entro l’anno appare una dozzina di contraffazioni; se volete vederle, gli unici posti che le conservano tutte sono la New York Public Library e la Taylor Institution di Oxford. Il successo è tale che subito germinano riscritture approssimative, parodie, seguiti. Nel 1761 Thorel de Campigneulles scrive “Candido. Seconda parte”. Nel solo Settecento ci sono “Candido sposato”, “Candido inglese”, “Candido in Danimarca”, “Dialogo fra Candido e l’Abate *”, “Il filosofo nero” e soprattutto “La Cacomonade” di Simon Linguet (1766), il cui frontespizio è però firmato dal Dottor Pangloss. Candido stesso diventa autore: escono un “Ringraziamento di Candido a Voltaire”, una “Risposta di Candido a Pangloss sull’ottimismo economico” e, nel 1788, una salace lettera a Jacques Necker sulla Francia all’orlo del collasso. Voltaire era insospettabile, sottoterra da dieci anni.

 

Perché questa proliferazione? Parte della responsabilità va ascritta proprio a Voltaire. “Candido”, tecnicamente, non uscì né anonimo né firmato: risulta traduzione da un originale tedesco (inesistente) del dottor Ralph (inesistente), attribuita a un tale capitano Démad (inesistente), come assicura subito Voltaire in una lettera aperta in cui si firma come fratello (inesistente) di Démad. Inoltre ben presto Voltaire fa circolare un’edizione arricchita del testo, con aggiunte che vengono fatte risalire a fogli trovati in tasca al dottor Ralph nel giorno della morte. “Candido” è un romanzo che nasce dunque già riscritto, traduzione e completamento di un testo che non c’è.

 

Se poi tutti sentono vocazione a riscriverlo, credo non sia solo per l’efficacia universale del personaggio. Pochi ricordano che nel primo capoverso viene affrontata la questione della paternità, azzardando l’ipotesi che Candido sia figlio di un gentiluomo che non aveva voluto sposare la baronessa Thunder-ten-tronckh poiché di lignaggio insufficiente, avendo solo settantuno quarti di nobiltà. Il viaggio per il mondo che Candido intraprende ha come obiettivo ritrovare Cunegonda, è vero, ma ha come unico motore effettivo l’assenza di un padre riconosciuto, quindi di una casa propria, quindi di un posto sicuro dove tornare a cercare riparo (partito dalla Westfalia, Candido finisce per coltivare il proprio giardino in Asia Minore, esule definitivo). Candido si adatta ovunque perché è orfano, figlio rinnegato. 

 

Più o meno nascosta, la costante ritorna spesso. Il Candido di Brera ha solo una mamma, e la casa infestata da uno squallido usurpatore. Il Candido di Sciascia viene lasciato dalla madre al padre che poi lo abbandona. La spumeggiante Candy non ha la mamma e, quanto al papà, prima sparisce e poi, nel gran finale, subisce l’agnizione solo mentre si accoppia con la figlia, cioè abdica al proprio ruolo. Riscrivere Candido significa adottarlo, certo. Ma anche, come concludeva Sciascia, sottintendere che è meglio non ricominciarla, coi padri.

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