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il foglio del weekend

Trans per tutto

Giulio Meotti

“Transumano, transgender, trasparente”. Intervista a Bruno Chaouat sulla sindrome di Peter Pan che avvolge l’Occidente

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Trans, il prefisso del nostro tempo. Transumano, transgender, trasparenza…”. Ovunque guardiamo, “trans” è la parola magica. E’ la “sindrome di Peter Pan”, il ragazzo che non vuole crescere. Una grande regressione infantile che investe tutte le società occidentali, ma la cui tentazione fa parte della storia umana. E’ la tesi di Bruno Chaouat, che ha una doppia condizione privilegiata per capire quello che sta succedendo. Allievo di Lyotard, il francese Chaouat insegna French and Jewish Studies all’Università del Minnesota, uno degli stati più liberal d’America. Ha scritto un libro, L’homme trans. “Questa ossessione è davvero limitata alla civiltà occidentale?”, si domanda Chaouat a colloquio con il Foglio. “Non sono sicuro. Il desiderio trans caratterizza l’umano. Albert Camus, scrivendo sulla ribellione metafisica, ha detto che ‘l’uomo è l’unica creatura che rifiuta di essere quello che è’. Camus non aveva in mente la civiltà occidentale, ma la condizione umana in generale. Le concedo però che mi concentro sull’area geografica culturale che conosco meglio, cioè l’occidente, e la sua eredità religiosa. C’è, per esempio, nella tradizione cristiana, una tendenza alla negazione del mondo e, naturalmente, un’avversione per la carne. Se è evidente nelle epistole di Paolo e nella tradizione dei Padri della Chiesa (la carne marcisce, questo mondo non è reale, la vita reale inizia dopo la morte), è molto più ovvio ed esplicito nello gnosticismo. Possiamo vedere tracce di quella tradizione nel Medioevo, ad esempio tra i Catari. Alcuni gnostici credevano che Gesù non fosse umano perché la carne era impura e Dio non avrebbe mai potuto essere incarnato. Questo è il motivo per cui penso che stiamo assistendo a una rinascita dello gnosticismo nella nostra epoca, nell’aspirazione transumanista, che è un’aspirazione al superamento della finitezza, della mortalità e del corpo”. 

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Trans, il prefisso del nostro tempo. Transumano, transgender, trasparenza…”. Ovunque guardiamo, “trans” è la parola magica. E’ la “sindrome di Peter Pan”, il ragazzo che non vuole crescere. Una grande regressione infantile che investe tutte le società occidentali, ma la cui tentazione fa parte della storia umana. E’ la tesi di Bruno Chaouat, che ha una doppia condizione privilegiata per capire quello che sta succedendo. Allievo di Lyotard, il francese Chaouat insegna French and Jewish Studies all’Università del Minnesota, uno degli stati più liberal d’America. Ha scritto un libro, L’homme trans. “Questa ossessione è davvero limitata alla civiltà occidentale?”, si domanda Chaouat a colloquio con il Foglio. “Non sono sicuro. Il desiderio trans caratterizza l’umano. Albert Camus, scrivendo sulla ribellione metafisica, ha detto che ‘l’uomo è l’unica creatura che rifiuta di essere quello che è’. Camus non aveva in mente la civiltà occidentale, ma la condizione umana in generale. Le concedo però che mi concentro sull’area geografica culturale che conosco meglio, cioè l’occidente, e la sua eredità religiosa. C’è, per esempio, nella tradizione cristiana, una tendenza alla negazione del mondo e, naturalmente, un’avversione per la carne. Se è evidente nelle epistole di Paolo e nella tradizione dei Padri della Chiesa (la carne marcisce, questo mondo non è reale, la vita reale inizia dopo la morte), è molto più ovvio ed esplicito nello gnosticismo. Possiamo vedere tracce di quella tradizione nel Medioevo, ad esempio tra i Catari. Alcuni gnostici credevano che Gesù non fosse umano perché la carne era impura e Dio non avrebbe mai potuto essere incarnato. Questo è il motivo per cui penso che stiamo assistendo a una rinascita dello gnosticismo nella nostra epoca, nell’aspirazione transumanista, che è un’aspirazione al superamento della finitezza, della mortalità e del corpo”. 

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Il riferimemto a Peter Pan non è casuale. “La nostra epoca è caratterizzata dall’immaturità. Il filosofo Olivier Rey ha una formula sbalorditiva: ‘La cosa più terrificante e ripugnante del nostro tempo è la congiunzione della più completa immaturità psichica con i più sofisticati mezzi di azione’. Le piattaforme dei social media e gli smartphone in generale provocano dipendenza dal piacere istantaneo (ben documentata dalle ricerche nell’ambito delle neuroscienze) mentre allo stesso tempo aumenta la nostra ansia da separazione. Ogni nuovo media dovrebbe darci ricompense immediate. Ci connettono così tanto, così permanentemente e continuamente, da provocare la paura di non essere riconosciuti e  di essere ‘cancellati’, scollegati. Questo ricorda il bambino che ha bisogno del costante riconoscimento e gratificazione materna. Crea un attaccamento infantile narcisistico che è profondamente perverso e innesca la depressione tra gli adolescenti e  anche fra gli adulti”. 

 
E’ la paura letterale di crescere, cioè un’ansia nei confronti del processo della pubertà così grave che alcuni giovani chiedono  ormoni che ritardino la pubertà. “Questa è la parte polemica del libro. Alcuni scienziati e sociologi ritengono che  ci sono sempre più giovani (a volte spaventosamente giovani) che si dichiarano trans. Altri ritengono che il numero crescente di bambini e adolescenti che si identificano come nati nel corpo sbagliato sia dovuto all’emulazione social. Se ho ragione, la disforia di genere è in parte il risultato del contagio social e un effetto della mimesi, è l’estrema ansia della crescita e della pubertà che  testimonia una paura del corpo sessuato. Ricordiamo che la parola ‘sessuale’ significa separato, da ‘secare’. Crescere significa abbracciare la separazione dai genitori, dall’infanzia, dalla fantasia della neutralità sessuale, dalla sessualità pre-genitale o polimorfa. Questa separazione ha un nome: il principio di realtà. Ed è per questo che credo che il nostro sia il tempo  del narcisismo infantile che incoraggia la negazione del principio di realtà. Pensa ai famosi ‘spazi sicuri’ nei campus universitari, specialmente negli Stati Uniti, dove gli studenti possono proteggersi dal confronto con opinioni spiacevoli o avverse. Non limito questa regressione narcisistica alla ‘sinistra del campus’”. 
Chaouat cita anche Trump, “un bambino mostruoso e stravagante e dalla totale mancanza di maturità (sintatticamente, lessicalmente). Piegare la realtà alla propria fantasia, come Trump fa, è un segno di questa immaturità psichica. Pertanto, mi sembra che stiamo assistendo a un fenomeno generale di regressione infantile, o de-maturazione che trascende le polarizzazioni politiche”. 

   

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Si nota una tendenza alla decostruzione della differenza sessuale a livello globale, ma il trans è accettato principalmente in occidente in nome dei diritti umani. “E’ difficile capire se questo corrisponda al movimento globale di occidentalizzazione e modernizzazione. Nel 1914 Freud scrisse: ‘Colui che promette di liberare l’umanità da una imbarazzante sottomissione sessuale, qualunque sciocchezza sceglierà di dire, sarà considerato un eroe’. Questa citazione mi perseguita da anni. La ‘promessa’ appartiene al tempo messianico, come se il desiderio eterosessuale,  l’eteronormatività stessa, fosse un giogo. Ebbene, il transumanesimo e la decostruzione della differenza sessuale mi sembrano un po’ messianici, sembrano promettere una liberazione da qualcosa che innesca ansia, nevrosi,  la finitudine umana. Resta la questione se l’uomo recupererà mai la condizione di angelo, il cui sesso, sappiamo, è indeterminabile. Michel Houellebecq ha astutamente illustrato questa follia  nella sua prima grande opera, ‘Le particelle elementari’. Il nucleo del romanzo è la sessualità e come liberarsene. Houellebecq propone una soluzione che fa parte della fantascienza, almeno per ora: la clonazione. La clonazione è un’ottima soluzione, perché elimina la morte e la riproduzione sessuale. La cosa più preoccupante è  il ritorno della religione in un’epoca che pretende di essere laica. In occidente, assistiamo a un distacco dalle religioni organizzate e persino a un disprezzo delle religioni, ad eccezione dell’islam, eppure la visione del mondo di alcuni scienziati rimane metafisica in tutto e per tutto. Ad esempio, non si usa più il termine ‘intervento chirurgico di riassegnazione del sesso’, ma ‘intervento chirurgico di conferma del sesso’. Ciò suggerisce che il sé è separato dal corpo, che il genere in qualche modo precede il corpo, in qualche forma metafisica (anima o mente o spirito). Ma la mente è materiale, incarnata. Niente precede il corpo, a meno che non si creda in qualche religione gnostica o New Age e che lo spirito sia qualcosa di radicalmente distinto dal sé incarnato”.

 
Tornando al Rinascimento e a Pico, vediamo che questa aspirazione a trascendere  è esplicita. “Il saggio di Pico sulla dignità  è un testo fondamentale dell’umanesimo, ma annuncia anche il transumanesimo. L’uomo, dice il pensatore rinascimentale, è Proteo, l’uomo è un cammello, non ha una natura stabile, fissa, un’essenza, la sua essenza è trascendere la sua natura. Abbiamo visto che Camus non ha detto niente di molto diverso. Tuttavia, come sostengo nel mio libro, il problema è l’arroganza. Quando il movimento trans, questa aspirazione a trascendere la propria natura, condizione, diventa eccessivo, estremo, radicale, si raggiunge un punto di non ritorno. Nel  capitolo sul transgender, ricordo precisamente che la tradizione ebraica è una tradizione di limitazione. La legge ebraica pone un limite alla trasgressione. La Legge serve a ricordare che non tutto è possibile o desiderabile per la creatura umana. Al contrario, lo scatenamento del trans, per così dire, è antinomico e contrario a tutti i limiti. E i miti greci sono chiari su ciò che accade a coloro che soccombono all’arroganza. Nel regno delle biotecnologie potremmo vedere abbastanza presto alcuni risultati inaspettati di questa arroganza sotto forma di modificazioni genetiche a livello della linea germinale, clonazione, eugenetica”. 

  
Mettere in discussione il trans equivale ormai a uscire dai binari della rispettabilità. Qui abbiamo una sorta di paradosso. “Da un lato, trans segnala fluidità. D’altra parte, l’identità è sempre più essenzializzata. C’è qualcosa di tautologico nell’identità: l’identità è autoreferenziale, un po’ come il denaro nella teoria marxista. Questo è un feticcio, si riferisce solo a se stesso e ha sempre l’ultima parola. E’ l’ultima parola ed è mercificata. La dichiarazione di identità, in una versione reificata, è diventata sacra, cioè tabù. Non si può metterlo in discussione. Chi afferma: ‘Questa è la mia identità’, è immune alle critiche, nonostante il fatto che l’identità sia un concetto in movimento e non fisso. Di conseguenza, dire che una persona trans non è una donna perché ‘le donne sono persone che hanno le mestruazioni’ (J.K. Rowling) è sacrilegio. Mette in discussione l’autoidentificazione di qualcuno ed è percepito come un’offesa. Si purifica il linguaggio e il pensiero. E’ possibile solo se abbiamo una concezione dell’identità statica, reificata e feticizzata. Anche qui vediamo l’irruzione di vestigia religiose in un’ideologia laica. La nuova forma di antirazzismo si basa su una concezione fissa dell’identità, del colore della pelle. C’è una nuova tendenza, nella teoria musicale, ad esempio, negli Stati Uniti ma anche in Europa, che considera che la musica classica (cioè, europea) è ‘bianca’ (lo è per ovvie ragioni) quindi oppressiva, razzista e colonialista. La musica, l’arte, la letteratura non sono più espressioni estetiche o etiche universali che possono raggiungere i popoli non europei, non occidentali. Si riduce alla sua essenza europea, bianca, maschile. Credo che ciò costituisca una spaventosa regressione intellettuale”. 

    
Avanza anche il transumanesimo. “A differenza delle religioni tradizionali, che affermano che la morte non è la fine e che c’è vita immortale dopo tutte le afflizioni di questo mondo, il transumanesimo ritiene che l’immortalità e l’invulnerabilità dovrebbero essere immanenti, cioè devono avvenire qui, in questo mondo, e in questo corpo. E se ciò non funziona, dovremmo semplicemente eliminare il corpo. Ricostruiamo l’umano che è difettoso, imperfetto. C’è nell’ideologia transumanista una fantasia di ‘Homo novus’, di costruire un uomo nuovo, che abbiamo visto nei totalitarismi del passato (il lavoratore, l’ariano). La differenza è che in una società capitalista il superamento dell’uomo, la costruzione di un uomo nuovo, viene privatizzata. L’eugenetica è privatizzata e anche il miglioramento del corpo. A dire il vero, vedremo stati totalitari (la Cina, ad esempio) tentare di ‘socializzare’ il transumanesimo per costruire eserciti invulnerabili. Ci sono episodi meravigliosi della serie tv ‘Black Mirror’ che si confrontano con questo futuro distopico che è solo una versione estrema del nostro presente”. 

  
Chaouat, da intellettuale francese, non è insensibile alla critica secondo cui in America questa ideologia ce l’hanno portata i suoi maestri. “La teoria francese è stata prima di tutto una decostruzione dell’identità. Quello che abbiamo nelle nuove teorie critiche, d’altra parte, è un ritorno dell’identità. Jean-François Braunstein nel suo libro ha parlato di queste folli teorie negli Stati Uniti. La teoria decoloniale, l’intersezionalità, la teoria critica della razza, gli studi sulla disabilità critica, persino alcune tendenze nella teoria del genere, sono certamente ispirate da Foucault, Lyotard, Derrida, Deleuze, ma sarebbe difficile vedere in quei pensatori qualsiasi sforzo per fissare o feticizzare l’identità”. 

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La globalizzazione ha portato all’iperconnettività e all’iperframmentazione allo stesso tempo. “La fine della Guerra fredda ha lasciato un vuoto” ci dice  Chaouat. “L’islam, come ha suggerito Houellebecq in uno dei suoi romanzi più recenti, è stato per alcuni una soluzione alla perdita di significato e all’illusione della fine della storia. L’islam radicale e il jihadismo hanno fornito ai giovani europei significato e scopo. Altri hanno trovato nel populismo e nella demagogia uno sbocco per la  frustrazione. Coloro che giustamente rifiutano la violenza e il fanatismo devono reinventare uno scopo esistenziale. Non ho una risposta su quale dovrebbe o potrebbe essere questo scopo. Un ritorno alla lotta politica classica? Attivismo ambientale? Forse guardarsi meno l’ombelico (‘nombrilisme’ come dicono i francesi), meno indignazione fabbricata e più sincera preoccupazione per la fragilità del presente e del passato”. 

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Chaouat ha scelto quest’ultimo. “Sono preoccupato per il futuro del pensiero e delle discipline umanistiche” conclude questa chiacchierata con il Foglio. “E non posso concepire la cultura occidentale senza la tradizione del pensiero critico genuino e senza la trasmissione di grandi opere. Nel mio libro mi chiedo anche cosa succederà alla letteratura come esperienza del corpo estetico, in un’epoca di intelligenza artificiale. Che dire, inoltre, del futuro dell’amore e del desiderio in un tempo che non accetta sfumature, ambiguità e opacità?”. Dove il cambiamento è diventato l’unica cosa permanente. 

 

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