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"Come nel Dopoguerra"

Le parole e la visione di Draghi, viste dal regista Giuliano Montaldo

La voglia di "tornare a esistere più uniti", e la metafora dell'interruttore

Marianna Rizzini

Il discorso del premier, "uno che si emoziona", e i ricordi del cineasta, ragazzo negli anni in cui "vi sembrava di dover inventare tutto"

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Giuliano Montaldo compie novant’anni il prossimo 22 febbraio e ha appena raccontato, con la moglie Vera Pescarolo, la sua storia di cineasta e marito in “Vera e Giuliano”, documentario scritto e diretto da Fabrizio Corallo, andato in onda su Rai1, la sera di San Valentino. E ora il regista di “Sacco e Vanzetti” e “Giordano Bruno” avrebbe molta voglia di “riaccendere la luce” di un dopo  pandemia che ancora non riusciamo a intravedere, un’operazione che il premier Mario Draghi, nel suo discorso in Senato, due giorni fa, ha descritto come non semplice. O almeno non così semplice come sembra (anzi l’ha collocata lungo la strada più tortuosa del “fare bene”, imparando dagli errori del passato). Ed è un discorso che però a Montaldo è piaciuto, quello di Draghi, così come gli è piaciuto l’uomo: “Uno che parla con anima, passione e visione, che dice ‘sono emozionato’ e chiede se può sedersi, mentre è sulla scena, con gli occhi addosso”.

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Giuliano Montaldo compie novant’anni il prossimo 22 febbraio e ha appena raccontato, con la moglie Vera Pescarolo, la sua storia di cineasta e marito in “Vera e Giuliano”, documentario scritto e diretto da Fabrizio Corallo, andato in onda su Rai1, la sera di San Valentino. E ora il regista di “Sacco e Vanzetti” e “Giordano Bruno” avrebbe molta voglia di “riaccendere la luce” di un dopo  pandemia che ancora non riusciamo a intravedere, un’operazione che il premier Mario Draghi, nel suo discorso in Senato, due giorni fa, ha descritto come non semplice. O almeno non così semplice come sembra (anzi l’ha collocata lungo la strada più tortuosa del “fare bene”, imparando dagli errori del passato). Ed è un discorso che però a Montaldo è piaciuto, quello di Draghi, così come gli è piaciuto l’uomo: “Uno che parla con anima, passione e visione, che dice ‘sono emozionato’ e chiede se può sedersi, mentre è sulla scena, con gli occhi addosso”.

   

La prima volta che ha visto Draghi dal vivo, Montaldo si trovava in un ristorante di Piazza Cavour, molti anni fa, quando ancora l’attuale presidente del Consiglio si muoveva tra Banca d’Italia e Bce: “Il proprietario ci raccontò che Draghi andava lì spesso, lasciando la propria carta di credito fissa alla cassa, in modo che i suoi ospiti non dovessero mai mettere mano al portafoglio e in modo che non ci fossero pendenze. Mi ha fatto simpatia”. E oggi, di fronte alle parole commosse dell’ex presidente della Bce – che parla dell’Italia come di una potenza “economica e culturale” e dei suoi cittadini come persone che non devono temere oggi soltanto la perdita di risorse ma anche l’impoverimento “di spirito” – il regista Montaldo, che è stato partigiano e ha vissuto il Dopoguerra, si emoziona “per l’impressione che sia tutto ancora nuovo, tutto di nuovo possibile. Percepisco una grande apertura, una grande energia. Anche nel modo di parlare di Draghi, semplice e diretto, applaudito non a caso quando ha ridato alla parola cultura il posto che merita, dopo che era stata quasi cancellata dal vocabolario. Ecco, mi pare l’uomo giusto per questo momento difficile, dopo un anno di oblio sotto la minaccia del virus, con le persone che non hanno quasi più neanche  voglia di comunicare. E  spero che Draghi, con volontà e onestà, ci accompagni davvero a una rinascita”. Questo periodo a Montaldo ricorda davvero l’altra ripartenza e gli anni successivi al 1945: “Avevamo la casa bombardata, dopo la guerra. Mio padre si era messo ad aiutare i muratori, con entusiasmo. E a un certo punto anche gli amici sono arrivati a dare una mano, senza che nessuno li chiamasse. Ed era così per molte cose, un moto spontaneo verso gli altri, dettato dalla voglia di riprendere a esistere, più uniti e più vicini. Anche nel cinema: il Neorealismo è frutto di quello slancio verso la vita. Ci sembrava di dover inventare tutto da capo, da zero, e si discuteva tanto, ma erano liti positive, per fare meglio, per fare di più, per non dover mai più stare fermi. C’era voglia di scambiare pensieri con gli altri, dopo quella che era sembrata un’apnea, in un silenzio troppo lungo”. Ma oggi c’è un pericolo, dice Montaldo: “Il rischio di chiudersi in se stessi e non essere più capaci di uscirne. Mi pare che ora, e la tendenza è aggravata dalla pandemia, si parli, sì, ma soprattutto davanti a uno schermo, ognuno nel suo mondo. Ma non si può vivere affidando il dischetto del nostro cervello a un computer, perché il cervello funziona nello scambio reale. Ecco, mi piacerebbe che ci si sforzasse di riemergere da questo isolamento, anche in prospettiva. Dare centralità alla cultura è anche questo, e spero Draghi riesca a procedere lungo la strada indicata”. 
 

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