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Intransigenze da leggere

Mariarosa Mancuso

Nabokov, l’ “omosessuale in letteratura” che leggeva solo maschi. Proteste, laggiù?

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Orfani di Fran Lebowitz e delle sue cocciute opinioni (vale anche per chi finge di conoscerla da sempre, non solo da quando Netflix propone le sue conversazioni con Martin Scorsese, “Pretend It’s A City”) ci sarebbe qualcun altro da ascoltare e ammirare. Ha solo un trascurabile difettuccio: non viene trasmesso in tv, quindi bisogna leggerlo. Intransigenze (appena uscito da Adelphi) raccoglie interviste e puntigliose lettere a direttori di giornali, tutte scritte da Vladimir Nabokov (tocca pure aggiungere, di questi tempi, mai sentito parlare di Lolita?). Svariate centinaia di pagine, per spettatori non spaventati dalla serialità – qui non c’è neppure l’intervistatore Scorsese che sghignazza, sostituendosi al pubblico. “Scrive”, Vladimir Nabokov. Anche le interviste. Odiava parlare in pubblico, leggeva da accurati canovacci anche le lezioni universitarie (quelle di letteratura russa usciranno a marzo, sempre da Adelphi).

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Orfani di Fran Lebowitz e delle sue cocciute opinioni (vale anche per chi finge di conoscerla da sempre, non solo da quando Netflix propone le sue conversazioni con Martin Scorsese, “Pretend It’s A City”) ci sarebbe qualcun altro da ascoltare e ammirare. Ha solo un trascurabile difettuccio: non viene trasmesso in tv, quindi bisogna leggerlo. Intransigenze (appena uscito da Adelphi) raccoglie interviste e puntigliose lettere a direttori di giornali, tutte scritte da Vladimir Nabokov (tocca pure aggiungere, di questi tempi, mai sentito parlare di Lolita?). Svariate centinaia di pagine, per spettatori non spaventati dalla serialità – qui non c’è neppure l’intervistatore Scorsese che sghignazza, sostituendosi al pubblico. “Scrive”, Vladimir Nabokov. Anche le interviste. Odiava parlare in pubblico, leggeva da accurati canovacci anche le lezioni universitarie (quelle di letteratura russa usciranno a marzo, sempre da Adelphi).

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“Penso come un genio, scrivo come un autore eminente, parlo come un bambino”, era la sua precisa diagnosi. “Persino il sogno che descrivo a mia moglie mentre facciamo colazione è soltanto una prima bozza”, sostiene – mentre noi pensiamo con terrore a tutte le prime bozze pubblicate e proposte per il premio Strega. Nelle rare interviste televisive Vladimir Nabokov sta mezzo nascosto dietro a un muretto di libri, come uno studente che dà una sbirciata di straforo agli appunti durante l’interrogazione. Odia gli intervistatori che vanno a trovarlo, “per vedere la mia matita a mezz’aria sopra la pagina e il mio vecchio levriero russo appisolato ai miei piedi”. Cosa mai successa – s’intende la matita a mezz’aria. “Preferisco aspettare finché l’ispirazione non ha terminato il lavoro al posto mio. Viene un momento in cui da dentro mi informano che l’intera struttura è finita. Allora non mi resta che trascriverla”. “Ho forse il coraggio di cancellare questa piacevole intimità tra intervistatore e intervistato? Sì, ce l’ho” – ribadisce nella prefazione.

 

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Quel che leggiamo poi sono risposte scritte a domande scritte, e forse anche riscritte: “Le mie matite durano più a lungo della loro gomma”. Di getto, forse, ha scritto l’elenco delle cose che detesta: “Il jazz, l’idiota in calze bianche che tortura un toro nero striato di rosso, le cianfrusaglie astrattiste, le maschere del folklore primitivo, le scuole progressiste, la musica dei supermercati, le piscine, Freud e Marx”. “Non penso che uno scrittore debba preoccuparsi del suo pubblico. Il suo pubblico migliore è la persona che vede nello specchio ogni mattina facendosi la barba”. La barba? Certo, la barba: Vadimir Nabokov si è sempre dichiarato “omosessuale in letteratura”: leggeva solo maschi, lo infastidivano anche i libri tradotti dalle femmine. Proteste, laggiù? Ma allora solo Fran Lebowitz può essere scorretta? E non siamo forse circondati da scrittrici che recensiscono solo scrittrici, in un grande girotondo rosa, senza che nessuno abbia qualcosa da obiettare? E per finirla una volta per tutte con la scandalosa ragazzina e lo scandaloso Humbert Humbert, sempre sull’orlo della cancellazione: “Non conoscevo ragazzine americane di dodici anni, e non conoscevo l’America; dovetti inventare sia l’America sia Lolita”.

 

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