Il fiume Ouse (foto Getty)

IL FIGLIO

Bambini smarriti

Sandra Petrignani

Adulti che non amano esserlo, e dolori che sono come un fiume. Il ritrovamento di Virginia Woolf

Lo leggono ancora i ragazzi di oggi Il vento nei salici di Kenneth Grahame? Me lo sono chiesto quando mi ci sono imbattuta mentre leggevo un libro che lo cita, Gita al fiume di Olivia Laing (ilSaggiatore, 340 pagine, 24 euro). Veramente Olivia Laing, più che della fiaba parla dell’autore che ha avuto una vita complicata e ha sposato una spostata come lui e insieme hanno conquistato “la possibilità di giocare ai bambini smarriti in un incomprensibile mondo di adulti”. E ho pensato che i migliori autori per ragazzi sono degli spostati, dei Peter Pan che non vogliono crescere. Ma, a dir la verità, questo stravagante Gita al fiume (titolo espressamente ricalcato su Gita al faro di Virginia Woolf) ne racconta parecchie di storie (vere) inquietanti. Storie di adulti bizzarri, storie di incontri con animali, storie di sprofondamento nella natura. L’autrice, nata nel 1977, è una giornalista inglese che prima faceva il medico erborista e infatti ha una grande competenza botanica. Ha scritto libri ispirati a vite che non sono la sua, ma un po’ anche alla sua stessa vita che finisce inevitabilmente nelle storie che racconta.

 

 

E ho il forte sospetto che sia, lei pure, uno di quegli adulti che proprio non amano esserlo. Ma, insomma, questo libro nasce da una crisi sentimentale. Ci dice Olivia che un suo rapporto importante con un certo Matthew a un certo punto finì, perché nessuno dei due voleva andare a vivere nella città dell’altro. Così lui tornò a nord, nello Yorkshire, e lei restò a sud nell’amato Sussex. Sola e infelice. Non dorme più, cade in depressione. Allora fa lo zaino e si mette in viaggio. A piedi. Lungo il fiume Ouse, che attraversa il Sussex ed è famoso, fra l’altro, perché ci si è suicidata una grande scrittrice, Virginia Woolf appunto, che a Rodmell divideva con il marito Leonard un’adorata casa di campagna, Monk’s House. “I fiumi hanno una destinazione e la certezza del loro tragitto ha qualcosa che li rende molto rilassanti”, osserva Olivia, “specie per coloro che hanno perso la fiducia nella loro meta”. E noi ci mettiamo in viaggio con lei, dalla sorgente alla foce. E facciamo incontri di vario genere. Prima di tutto con le parole: perché l’Ouse si chiama Ouse, per dire? Cosa ci ricorda di un importante fatto storico il nome di un villaggio? Che relazione intrattengono i luoghi col Mito? Poi con vari animali e animaletti (che ci catapultano spesso dentro una favola letta da piccoli). Poi con vecchie locande come solo nell’Inghilterra rurale esistono ancora, luoghi dove possono accadere fatti efferati. Poi, visto che la spinta a mettersi in cammino e quindi a scrivere è stata per la Laing la fine di una convivenza impossibile, eccola arrivare al centro del suo dolore riflettendo su matrimoni famosi che hanno avuto a che fare con le acque dello Ouse o di qualche altro fiume.

 

Come Sylvia Plath e Ted Hughes, quando si vogliono sbarazzare di un regalo: il busto di lei in terracotta fatto da un’amica americana che trovavano orribile. Ma non vogliono buttarlo via, pare brutto, e allora lo sistemano su un salice che guarda il fiume scorrere (il Granta nell’Essex in questo caso). Che fine avrà fatto quella povera scultura? Scivolata nell’acqua come Virginia? Sylvia non scelse l’acqua, ma comunque morì suicida… L’amore fra Iris Murdoch e il futuro marito John Bailey comincia con un bagno nel Tamigi. Dopo quarantacinque anni, quando lei è già malata di Alzeihmer, nuotano insieme per l’ultima volta in quello stesso punto del fiume. “Il loro matrimonio nel quale un uomo intelligente e gentile si prende cura della più brillante moglie” nota l’autrice “presenta somiglianze notevoli con quello fra Leonard e Virginia Woolf”. Sono matrimoni impostati su una solitude á deux che funziona meravigliosamente. Le grandi avventure accadono fuori, ma niente può minacciarne il collaudato equilibrio.

 

“Entrambe consideravano i rispettivi mariti il centro saldo delle loro vite”. E hanno potuto scrivere anche grazie a questa sicurezza affettiva inattaccabile. Sono struggenti le pagine che ricostruiscono la ricerca e il ritrovamento del corpo della Woolf dopo il suicidio. Virginia, a Rodmell, era scesa nell’Ouse il 28 marzo 1941. La ripescarono sette miglia più avanti il 18 aprile, quando dei ragazzi, durante un picnic, si erano messi a tirare sassi contro un tronco galleggiante. Ma non era un tronco, era lei, affogata. Olivia Laing racconta il dolore di Leonard, come si chiuse in se stesso e come non voleva vedere nessuno. Poi un giorno s’innamorò di nuovo. Di una artista sposata, Trekkie Parsons, che non volle mai lasciare il marito, ma ricambiò l’amore di Leonard per oltre 20 anni, fino al 14 agosto del 1969 quando lui morì quasi novantenne. Il dolore è come l’acqua di un fiume: scorre e trascina detriti e qualche volta porta a galla doni inattesi.

 

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