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Immergersi al museo

Valeria Sforzini

Da oggi anche la casa di Dante diventa un’esperienza digitale totale. Così la tecnologia aiuta l’arte

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Assistere a un sacrificio, proprio come avveniva nell’antica Roma, tifare per una flotta o per l’altra durante una battaglia navale al largo delle Egadi, poter constatare la lunghezza effettiva del naso di Dante e capire quanto le immagini gli abbiano reso giustizia nel corso dei secoli. L’arte racconta la realtà, e il digitale arriva in suo soccorso: non più come un fratello minore, ma come uno scudiero che sostiene il suo cavaliere nei momenti più complicati.

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Assistere a un sacrificio, proprio come avveniva nell’antica Roma, tifare per una flotta o per l’altra durante una battaglia navale al largo delle Egadi, poter constatare la lunghezza effettiva del naso di Dante e capire quanto le immagini gli abbiano reso giustizia nel corso dei secoli. L’arte racconta la realtà, e il digitale arriva in suo soccorso: non più come un fratello minore, ma come uno scudiero che sostiene il suo cavaliere nei momenti più complicati.

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Tipo questo, con i musei chiusi. Il digitale all’interno dei musei è sempre stato visto come aggiunta: per spiegare un dipinto o un periodo storico in modo più approfondito, sovrapponendosi alle emozioni che l’opera è in grado di suscitare. Le audioguide sono state sostituite ormai da tempo da tablet che, grazie alla realtà aumentata, sono in grado di trasformare i quadri immagini parlanti, capaci di raccontare la propria storia. I musei si sono arricchiti di hotspot dove touch screen, mappe e immagini proiettate danno alle collezioni elementi in più, dettagli storici e particolari che un volantino non sarebbe in grado di trasmettere. Il periodo di chiusura causa pandemia ha dato ai musei una consapevolezza: l’obiettivo per il futuro è arrivare “fuori”, portando all’esterno i propri tesori e rendendo questa esperienza quanto più immersiva possibile.

 

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Secondo uno studio del Politecnico di Milano, dopo il lockdown è raddoppiata l’attività sui social di gallerie e pinacoteche e il 76 per cento di queste oggi possiede almeno un account. La nuova sfida sarà coniugare visite e tecnologia: attualmente, solo un museo su quattro ha un piano strategico per l’innovazione digitale. “Non tutti i musei hanno reagito prontamente a questa esigenza, i tempi sono sicuramente più lunghi per il settore pubblico – spiega Adele Magnelli, project manager di Ett spa, industria digitale creativa che si occupa di creare esperienze immersive all’interno di luoghi d’arte, ma anche di industrie e città – Per trasformare un museo nella sua versione digitale ci vuole circa una settimana. Uno, massimo due giorni per scattare le foto in loco, a seconda delle dimensioni delle sale. Poi si inseriscono le fotografie nel programma. Il tutto poi è accessibile online, tramite sito o app”.

 

Il ricorso alla tecnologia si è reso ancora più importante in questo periodo di chiusura: “Abbiamo registrato il 50 per cento in più di richieste per tour virtuali da parte di musei e gallerie – continua Magnelli – Molti clienti si sono resi conto che era necessario ripensare a una strategia digitale in modo completamente diverso, che non si limitasse a una proiezione o a un ologramma”. Tra le tecnologie più richieste c’è la “cinematic vr”, che regala una visione come al cinema senza l’utilizzo della computer grafica, e che offre un risultato ancora più realistico con l’ausilio di un visore. “Nella realtà virtuale di questo tipo è come se avessimo un corpo – continua Magnelli – è estremamente realistica. La sensazione è quella di poter passeggiare dentro le sale, molto diversa dalle semplici panoramiche a 360 gradi”.

 

L’esempio più recente è la creazione virtuale del Museo della Casa di Dante di Firenze disponibile oggi sul sito del museo, presentato al pubblico in veste rinnovata, in occasione dei 700 anni dalla morte del Poeta, che cadranno nel 2021. “Anche se molti pensano il contrario, noi non crediamo che un virtual tour digitale possa sostituire una visita – spiega Giovanni Verreschi, amministratore delegato di Ett – la tecnologia ci permette di offrire una pre-esperienza che stimoli i visitatori e li invogli ad andare al museo. Possiamo raccontare la nostra storia in modo coinvolgente per tutti. Non si tratta solo di una soluzione tampone per l’emergenza, ma di uno strumento che i musei dovrebbero considerare come strategia a lungo termine. Non si può prescindere dal vedere il Cenacolo, ma se siamo in grado di raccontarlo con strumenti diversi, possiamo creare un’aspettativa che non farà altro che aumentare la voglia di visitarlo”.

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