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“La scienza non sia serva del progressismo”. Intervista a Marcel Kuntz

"Difendo il vero progresso, che fa avanzare la medicina, l’agricoltura, la conoscenza. Critico le derive progressiste di certa scienza”, dice il direttore di ricerca al CNRS francese

Giulio Meotti

Il ricercatore francese “crociato degli ogm” sul gender, il clima, il Covid e il “relativismo dei ciarlatani”

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"Sono un ricercatore e non potrei non essere un progressista. Che utilità avrebbe la scienza senza l’impulso al progresso? Difendo il vero progresso, che fa avanzare la medicina, l’agricoltura o semplicemente la conoscenza. Critico le derive progressiste di certa scienza”. A parlare così al Foglio è Marcel Kuntz, “crociato degli ogm” come lo ha definito l’Opinion, direttore di ricerca al CNRS francese, l’esperto di biotecnologie che da un po’ si è distinto sulla stampa francese e anglosassone per le critiche al mondo scientifico. Kuntz fustiga le teorie prive di base scientifica, ma riprese da molti virologi, secondo cui il Covid-19 è causato da climate change e dall’agricoltura intensiva. 

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"Sono un ricercatore e non potrei non essere un progressista. Che utilità avrebbe la scienza senza l’impulso al progresso? Difendo il vero progresso, che fa avanzare la medicina, l’agricoltura o semplicemente la conoscenza. Critico le derive progressiste di certa scienza”. A parlare così al Foglio è Marcel Kuntz, “crociato degli ogm” come lo ha definito l’Opinion, direttore di ricerca al CNRS francese, l’esperto di biotecnologie che da un po’ si è distinto sulla stampa francese e anglosassone per le critiche al mondo scientifico. Kuntz fustiga le teorie prive di base scientifica, ma riprese da molti virologi, secondo cui il Covid-19 è causato da climate change e dall’agricoltura intensiva. 

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Non ci sono assolutamente studi che colleghino l’attuale crisi alla biodiversità, ma può apparire credibile in una visione quasi religiosa dell’uomo peccatore. L’influenza spagnola era causata dalla perdita di biodiversità? Lo scienziato è diventato un attivista in un quadro generalmente molto marcato politicamente. Il comunismo ha confermato che il progressismo può davvero impazzire. Dobbiamo accettare che nonostante il ‘progresso’, la storia è stata e rimarrà tragica. Ma questo è esattamente ciò che dimenticano i ‘progressisti’ contemporanei. Sognano un mondo senza tragedie, dove i grandi princìpi saranno imposti ovunque nel mondo. Se un tempo il progressismo era inseparabile dalla questione sociale, oggi i ‘progressisti’ hanno poco da offrire su questo tema e il sociale è sostituito dai diritti umani ‘sociali’”. 

  
E’ critico del finanziamento della ricerca pubblica. “La sua pianificazione eccessiva, tramite appalti pubblici, favorisce gli imbonitori, coloro che non avranno scrupoli a sostenere che la loro ricerca in qualche modo ‘salva il pianeta’”. Parla di ipocrisia sull’estensione della procreazione artificiale ai casi che non riguardano una infertilità stabilita dal punto di vista medico. “Questi ‘progressisti’ hanno avuto una madre e un padre, e dubito che avrebbero preferito avere due ‘padri’ o due ‘madri’. Qui sta l’ipocrisia dei benpensanti. Non siamo nel progresso, ma nell’estensione infinita dell’individualismo e delle rivendicazioni a esso legate, in contraddizione con le fondamenta antropologiche. Ciò consente ai ‘progressisti’ l’illusione di essere ancora nella corrente principale della modernità, quando in realtà sono postmoderni”. 

 
Kuntz in un saggio lo ha chiamato l’“assalto postmoderno alla scienza”. “Il termine postmodernità, piuttosto che tarda modernità, definisce il periodo attuale. Dalla modernità e dal suo universalismo illuminista, figlio del cristianesimo, siamo passati a un pensiero dominante, la postmodernità, che è l’esatto contrario di questa modernità ed è caratterizzato dal relativismo culturale, dalla decostruzione della civiltà europea e delle culture nazionali. La scienza non poteva sfuggirgli. Qui il postmodernismo ha decostruito la ragione e la verità e le ha sostituite con il relativismo cognitivo che ci obbliga ad ascoltare gli attivisti ambientali e i ciarlatani  come se non più di degli scienziati. Una perversione democratica esige che la scienza diventi ‘partecipata’. L’impostura intellettuale ‘sociologica’ sta diventando egemonica nelle istituzioni scientifiche. La corrente principale delle discipline umanistiche postmoderne ha teorizzato che la scienza è un semplice costrutto sociale. Il fisico Alan Sokal ne ha riso: ‘Chiunque lo pensi è invitato a buttarsi dalla finestra del mio appartamento al ventunesimo piano’. Per quanto ne so, nessun sociologo postmoderno ha risposto a questo invito. Anche il filosofo britannico Roger Scruton ha denunciato le ‘sciocchezze’ dei ‘pensatori della Nuova sinistra’. Tuttavia, deridere gli aspetti più caricaturali di questi inganni intellettuali non è sufficiente. Rimane un’ideologia nascosta dietro i grandi principi per rivendicare la superiorità morale. L’ho mostrato nel mio saggio sulla valutazione scientifica del rischio, dove l’ossessione postmoderna di introdurre ‘stakeholder’ nel lavoro scientifico è diventata la regola in tutte le istituzioni scientifiche. Che questo sia un attacco alla scienza è difficile da capire, anche per molti scienziati, perché procede camuffato sotto le spoglie della democrazia, della libertà di parola e della tolleranza. In effetti, questa dottrina ‘partecipativa’, all’apparenza così  ‘progressista’, consente ai gruppi di attivisti più organizzati di esercitare pressioni sul lavoro scientifico. Il postmodernismo non solo decostruisce le basi su cui è stata costruita la scienza, ma danneggia la democrazia”. 

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Il campo scientifico è diventato del tutto impermeabile a ogni possibile difesa o riferimento al diritto naturale. “Un’altra manifestazione dell’ideologia postmoderna nella scienza è la convinzione che abbiamo bisogno di ‘comitati etici’ e che questi debbano decidere questioni di civiltà. L’opinione di questi comitati riflette solo la composizione dei suoi membri e l’ideologia prevalente, ciò che G. K. Chesterton chiamava ‘l’obbligo degradante di far parte del proprio tempo’. Non c’è posto per invarianti antropologiche in questa ideologia,  si tratta  di decostruire, di cancellare, di fare tabula rasa. C’è la volontà tra coloro che si considerano il Campo del Bene di mettere a tacere coloro che non la pensano come loro. Un esempio  in Francia: la filosofa Sylviane Agacinski, contraria all’estensione della fecondazione assistita e alle madri surrogate, che non ha potuto tenere la sua conferenza all’Università Bordeaux Montaigne”. 

 
E’ molto forte l’onda della teoria del gender in campo scientifico. “Sostituisce la speranza marxista di una società senza classi con una società senza sessi, un mito costruttivista in cui ognuno può scegliere il proprio ‘genere’ come meglio crede. Questa follia postmoderna che nega l’alterità maschio-femmina è diventata potente nelle discipline umanistiche. Nel mio campo, le cosiddette hard sciences, mi trovo di fronte a un’angolazione diversa della stessa ideologia: quella del cosiddetto sessismo dei ricercatori. Se dici di non essere mai stato sessista o discriminatorio contro le donne, la risposta è già pronta: non ne sei consapevole perché il tuo sessismo è ‘inconscio’! Se non mostri ostilità verso le donne, il tuo sessismo assume una nuova forma: ‘sessismo benevolo’! L’ossessione di questi ideologi è l’assoluta parità tra uomini e donne. In realtà non c’è discriminazione nella scienza e parlo dei paesi in cui ho lavorato, Francia, Germania e Regno Unito, ma ci sono fenomeni molto più complessi che gli ideologi non vogliono tenere in considerazione. Far sentire in colpa i maschi (bianchi ed eterosessuali) è anche la loro ossessione. Nel mio istituto di ricerca siamo stati invitati a una conferenza da un sociologo postmoderno che è venuto a spiegarci il nostro ‘sessismo’! Una conferenza  obbligatoria. Ovviamente mi sono rifiutato di partecipare! Non ho mai considerato il conformismo come parte della missione di un ricercatore”.

 
La scienza deve uscire dalla spettacolarizzazione. “E’ interessante che all’inizio della crisi da Covid alcuni volessero vedere il ritorno della scienza sull’ideologia relativista. All’inizio, gli scienziati si sono trovati davanti alle telecamere dovendo riconoscere che non sappiamo tutto, che abbiamo bisogno di prove prima di decidere, che dobbiamo essere esigenti sulla qualità. Ma ci sono sempre persone, scienziati compresi, che sviluppano un gusto per la celebrità. Oggi è soprattutto quest’ultima che vediamo. Penso sia meglio che tornino al loro laboratorio e ospedale!”. Il campo del progresso deve rinunciare al sogno di un mondo senza tragedia, senza paradossi, senza contraddizioni, senza pregiudizi. “Le riflessioni di Albert Camus ci aiutano in questa dualità di progresso e limiti. Nel 1957,  nel suo discorso per il Premio Nobel per la letteratura Camus ha spiegato: ‘Senza dubbio ogni generazione si crede condannata a rifare il mondo. Il compito della mia è più grande. Consiste nell’impedire che il mondo cada a pezzi’. E’ su questa scia che possiamo rifiutare il nichilismo alla ricerca della verità, del bene e del bello”.

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