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Quando anche lo scarto è più che degno di finire sulla tavola di un re

Giorgia Mecca

Frattaglie, lingue e cotenne. Un viaggio lungo la penisola nel libro di Valentina Raffaelli e Luca Boscardin "Scarti d'Italia"

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Siamo quello che mangiamo. Troppo poco rispetto a tutti i nostri sprechi. La saggezza popolare suggerisce che del maiale non si butta via niente, in Italia però si è smesso di dare ascolto ai proverbi. Ci riempiamo la bocca di espressioni come allevamenti sostenibili, filiere corte, chilometri meno di zero, siamo stati tutti, almeno una volta nella vita, tentati dal veganesimo, ma non abbiamo considerato che esiste un’alternativa al rifiuto della carne per motivi ambientali: le frattaglie. A seconda delle epoche storiche, il quinto quarto delle bestie è stato considerato una rigaglia, dunque regalia, cibo degno di un re, oppure un avanzo, un pezzo da buttare. Eppure corata, animelle, fegatini, coda, e ancora lingua, cotenna, reni rappresentano non soltanto una nostalgica rievocazione dei pasti dei nostri nonni nei dì di festa, ma un patrimonio da conservare per evitare sprechi.

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Siamo quello che mangiamo. Troppo poco rispetto a tutti i nostri sprechi. La saggezza popolare suggerisce che del maiale non si butta via niente, in Italia però si è smesso di dare ascolto ai proverbi. Ci riempiamo la bocca di espressioni come allevamenti sostenibili, filiere corte, chilometri meno di zero, siamo stati tutti, almeno una volta nella vita, tentati dal veganesimo, ma non abbiamo considerato che esiste un’alternativa al rifiuto della carne per motivi ambientali: le frattaglie. A seconda delle epoche storiche, il quinto quarto delle bestie è stato considerato una rigaglia, dunque regalia, cibo degno di un re, oppure un avanzo, un pezzo da buttare. Eppure corata, animelle, fegatini, coda, e ancora lingua, cotenna, reni rappresentano non soltanto una nostalgica rievocazione dei pasti dei nostri nonni nei dì di festa, ma un patrimonio da conservare per evitare sprechi.

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Se portiamo in tavola un bovino ucciso per provvedere al nostro fabbisogno sempre più schizzinoso, almeno dovremmo farlo non soltanto per un filetto. C’è un mondo intorno alle costate e ai cosiddetti tagli nobili. Lo raccontano Valentina Raffaelli e Luca Boscardin nel loro libro Scarti d’Italia, pubblicato da Corraini. Per scriverlo i due autori hanno fatto un viaggio on the road con il loro camper BigBlue. Novemila chilometri dal nord al sud dell’Italia, attraversando le zone meno turistiche della penisola e paesini dai nomi bizzarri (Coreglia Antelminelli, Calitri Irpinia, Mamoiada, Fagagna, Timau) alla scoperta di saperi, sapori e antiche ricette che nelle grandi città si stanno perdendo.

 

Dalla finanziera alla piemontese, alla coda alla vaccinara che si mangia nei dintorni di Roma, dagli gnocchi di milza del Trentino Alto Adige alle stigghiole di cui si sente il profumo inconfondibile nei mercati di Palermo, senza dimenticarci della trippa, che attraversa i secoli e le regioni ed è considerato lo scarto per eccellenza, il nostro paese è pieno di ricette e di avanzi. “Moltissime famiglie contadine eseguivano loro stesse la macellazione. Per le energie richieste dall’allevamento, dalla cura e, in fondo, per il rispetto dovuto agli esseri viventi, mai si sarebbero sognate di buttare qualcosa dell’animale, a maggior ragione se poi, una volta cucinato, sarebbe diventato una delizia”, si legge nel libro.

 

Senza giudicare nessun tipo di scelta alimentare, Raffaelli e Boscardin, onnivori da sempre, hanno cercato una terza via, culturale, per rispondere alla questione ambientale che invita a limitare il consumo di carne. “Cerchiamo di comprare carne solo da allevamenti all’aperto che trattano pochi capi. Durante il lockdown, con un solo pollo abbiamo cucinato quattro volte, che significa otto pasti partendo da un unico animale”. Come è possibile? “Basta non buttare via niente”. Guardando il banco frigo del supermercato il pacco delle alette di pollo (in genere sei pezzi), uno dei comfort food più popolari di questi anni, nessuno pensa che per confezionare la nostra cena sono serviti tre animali diversi e che non si sa che cosa sia stato fatto di tutto il resto del pollo.

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“Non sappiamo quante bestie servono per soddisfare le nostre voglie momentanee”, spiega Raffaelli. E soprattutto non ci interessa saperlo, ci basta vedere gli scaffali pieni di supermercati, macellerie, negozi di frutta e verdura in cui è possibile trovare mango e avocado tutto l’anno. E’ sparito il desiderio, anche in cucina. Anni e anni di voglie esaudite sotto casa ci hanno abituato a non accontentarci di ciò che passa il convento, e questo è l’altro argomento di cui tratta il libro. “Grazie a decenni di benessere, siamo noi a decidere, ogni giorno, che cosa abbiamo voglia di mangiare, ignorando che la natura ha i suoi tempi”, continua Raffaelli. “La domanda dovrebbe seguire l’offerta e non il contrario. La consapevolezza di quello che mangiamo inizia dalla scelta di acquisto”.

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Il libro racconta di un macellaio che ai propri clienti offre un capo bovino alla settimana, fino a quando tutte le parti non sono terminate. Il filetto è il pezzo più richiesto e quello venduto prima, ma negli anni i suoi clienti si sono affezionati ad assaggiare anche tutto il resto, comprese le frattaglie, scoprendo un nuovo mondo, e risparmiando anche. “Possiamo considerarla una sfida, un modo per imparare ricette nuove, recuperandole da quella che la creatività culinaria di generazioni ha saputo creare per trasformare ingredienti misteriosi, e un po’ spaventosi, in prelibatezze”. Le ricette presenti a fine libro promettono nuovi mondi, antichissimi, da assaggiare.

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