Canaletto, Piazza San Marco verso la Basilica, 1723, Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid (via Wikimedia Commons) 

Scoprire il Veneto /6

Ombre a Venezia

Giovanni Battistuzzi

L'arte e la laguna di Johann Matthias von der Schulenburg mentre sotto il campanile di San Marco le bevute dei veneziani di allora davano il nome a quelle di oggi

I gradi di feldmaresciallo erano ormai appuntati soltanto nella divisa che teneva appesa e sempre ben inamidata sull’appendiabiti nel salotto. Gli anni in giro per l’Europa a guerreggiare erano un ricordo sempre più lontano e ora si godeva la comodità degli abiti civili, mentre le sue gambe ormai anziane, ma ancora prestanti e veloci, anche se ormai non più come un tempo, si muovevano per le calli e i campi, a due passi dall’acqua, sempre cheta della laguna.

  

Johann Matthias von der Schulenburg lasciava la città sempre meno spesso per raggiungere Verona, la sua villa signorile in mezzo al verde di colli e vigneti. Venezia gli bastava, perché, e questo l’aveva sentito più e più volte dire dall’amico e consulente Giovanni Battista Piazzetta, Venezia basta a se stessa, figuriamoci ai veneziani.

  

Lui veneziano non era, ma in un modo o nell’altro lo era diventato, sicuramente si sentiva di esserlo. E si sentiva di esserlo a tal punto da aver deciso di donare arte all’arte, perché, “troppo è grande il mio incanto a passeggiare tra le calli della città, accanto a palazzi vestiti di splendore, per esimermi dal cercar di rendermi utile nel rendere ancor più meravigliosa la meraviglia”, scrisse al fratello che invece ancora se ne stava in Prussia e che evitava di prendere anche solo in considerazione l’ipotesi di lasciare le sue tenute per passare qualche settimane in laguna.

  

La Repubblica Serenissima era da un po’ che se la passava malino, ma per le viuzze della città quasi non ce se ne accorgeva. La vita scorreva come sempre, lenta e passeggiante. La sua seguiva quella dei veneziani che vedeva passare sotto le sue finestre che si affacciavano su piazza San Marco. Spiava le vite che si fermavano all’ombra del campanile da secoli, mentre tra i palazzi facevano eco il dialetto che reclamava ombre, bicchieri che si riempivano e si svuotavano di vino, ciacole e affari che si mescolavano davanti alla basilica nella piazza dove tutto si vendeva. Tutto ma non il suo vino che dal veronese arrivava rosso e pregiato nelle sue cantine pronto per essere offerto a chi nelle sue stanze veniva a discutere di quadri, arte o solo a compiacersi e compiacerlo di ohhh meravigliati di fronte alla sua collezione di tele di ogni epoca. Soprattutto davanti alla Corfù che Canaletto dipinse per lui, per celebrarne la vittoria militare, posta al centro della sala di ricevimento tra due Caravaggio e un Tiepolo.

  

Foto ANSA/ANDREA MEROLA 
  

La si poteva scorgeva anche dalla piazza quella veduta. Se solo i veneziani non fossero stati così occupati a seguire l’ombra del campanile che garantiva un minimo di freschezza al rosso nelle botti ben inumidite da stoffe lasciate a bagno negli imbarcaderi. Eppure di tutto questo lui non se ne crucciava. Che lì tra i tanti c’era pure, e spesso, quel scopritore delle Fiandre che era Giovanni Battista Piazzetta, che alle ombre dedicava interi pomeriggi quando non era spedito nel nord Europa a trattare quadri e arazzi e che con quadri e arazzi molte volte portava botti piene di birra con le quali faceva cambiar colore ai goti di borghesi e commercianti, popolani e pesciaioli, ché come diceva sempre “el vin xè par tuti” e sotto l’ombra del campanile “le come fose carneval tuti i dì”.

  

Lo capirono anni dopo i francesi quando vietarono ai veneziani di ritrovarsi in piazza negando la vendita di vino. Per evitare l’insurrezione abrogarono l’ordinanza il giorno dopo. Lo capirono pure gli austriaci che commisero lo stesso errore, ritornando anche loro sui loro passi.

  

Era però un’altra Venezia e soprattutto un altro vino. Ché i funghi avevano ammazzato le viti e il vino risaliva l’Adriatico dalla Puglia, ma forte e alcolico, ben più forte e alcolico di quello che era stato. E se tutto ciò non infastidì più di tanto i veneziani, che continuarono a seguire l’ombra del campanile, più di un austriaco finì steso sulla piazza. E allora spritzen, spritzen. E via di acqua a render meno forte il vino.

  

Ma questa è un’altra storia.

 


  

Le puntate precedenti del viaggio in Veneto di Giovanni Battistuzzi le potete leggere qui

  

 

 

 

Di più su questi argomenti: