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Il diritto alla blasfemia e il conflitto col correttismo

Giuliano Ferrara

Non avrai altro Dio al di fuori della libertà di espressione, ma se la usi contro il relativismo culturale sei blasfemo, vai punito. Appunti per la bella gente d’Europa e d’occidente e per Biden

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Con asciuttezza di argomenti, e per la verità con troppa facilità, ci siamo precipitati a dire un’ovvietà che consideriamo assoluta. Esiste nei paesi laici il diritto alla blasfemia, l’irrisione di Dio e della sua profezia. Questo diritto è parte di un altro diritto assoluto, la libertà di espressione. Se uccidi Charlie Hebdo, se decapiti Samuel Paty, allora sei un barbaro, di più, sei un miscredente, uno che non accetta la religione civile della libertà, il suo sistema dei diritti, i diritti dell’uomo. Ragionando così in effetti si dice qualcosa che ti permette di negare anche solo la possibilità di una guerra di religione. Lo scontro non è tra differenti “credo”, è tra tutti i “credo” e l’unico che è ammesso, quello della laicità. Non esiste un tuo Dio a fondamento della tua fede o della tua trasformazione della fede in violenza perché non esiste nemmeno il mio Dio, quello che impone di porgere l’altra guancia, di perdonare, di amare (naturalmente, ci sono altre varianti, tante quante le confessioni o le visioni del mondo, ma semplifichiamo nella coppia cristianesimo o giudeo-cristianesimo e islam).

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Con asciuttezza di argomenti, e per la verità con troppa facilità, ci siamo precipitati a dire un’ovvietà che consideriamo assoluta. Esiste nei paesi laici il diritto alla blasfemia, l’irrisione di Dio e della sua profezia. Questo diritto è parte di un altro diritto assoluto, la libertà di espressione. Se uccidi Charlie Hebdo, se decapiti Samuel Paty, allora sei un barbaro, di più, sei un miscredente, uno che non accetta la religione civile della libertà, il suo sistema dei diritti, i diritti dell’uomo. Ragionando così in effetti si dice qualcosa che ti permette di negare anche solo la possibilità di una guerra di religione. Lo scontro non è tra differenti “credo”, è tra tutti i “credo” e l’unico che è ammesso, quello della laicità. Non esiste un tuo Dio a fondamento della tua fede o della tua trasformazione della fede in violenza perché non esiste nemmeno il mio Dio, quello che impone di porgere l’altra guancia, di perdonare, di amare (naturalmente, ci sono altre varianti, tante quante le confessioni o le visioni del mondo, ma semplifichiamo nella coppia cristianesimo o giudeo-cristianesimo e islam).

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Si vede a occhio nudo la contraddizione. Che non è formalistica, non è linguistica, è contraddizione reale, ha conseguenze effettuali. Io oppongo ai tagliagole dell’islam la Rivoluzione francese, che ha progettato la decristianizzazione del mondo, non il Vangelo o il Cristo; e non combatto il Corano o il Profeta ma l’islamismo politico, il jihadismo, il terrorismo infine. La vignetta prende il posto della croce, il martirio è in nome della libertà di espressione o di insegnamento, il sangue dei vignettisti o del buon professore è semen laicorum, il seme della religione della laicità. In sostanza, a meno di non voler essere idolatrici, visto che una vignetta è il regno del relativo e non certo un “credo” assoluto, io difendo la libertà come fosse un Dio ma solo dopo aver tolto di mezzo il mio Dio, dopo averlo parificato a ogni altro Dio e dopo averlo sostituito con la divinizzazione del relativo. La partita diventa un conflitto tra la storia, il progresso, la sfida del sapere scientifico neutro e sperimentale, e l’arretratezza religiosa, la credenza assolutizzata, un Dio antimoderno.

  

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Che il diritto alla blasfemia come assolutizzazione della libertà di espressione sia più complicato di quanto appare si vede nel suo opposto, la limitazione della libertà di espressione in nome del diritto all’eguaglianza, secondo termine della triade rivoluzionaria francese, e della non discriminazione delle minoranze. Che cosa sono la legge Zan e le mille altre simili? Sono un tentativo, come quello dei college americani più avanti nel correttismo, ma allargato al campo della legge nazionale, di fissare un safe space, uno spazio sicuro di difesa da quel linguaggio o da quei comportamenti inoffensivi ma ritenuti blasfemi, che avviliscono altre identità. Non devi essere libero di dire “frocio” perché questo offende, non devi usare espressioni che agli orecchi di qualcuno possono essere percepite come sessiste, razziste, è un linguaggio d’odio intollerabile, punibile con il carcere. E il safe space degli islamici? La libertà come divinità genera dunque anche nelle società che si dicono laiche un suo limite, si annulla secondo procedure che hanno qualcosa di casuale ma chiaro: non avrai altro Dio al di fuori della libertà di espressione, ma se la usi contro il relativismo culturale sei blasfemo, vai punito.

       

Bisogna ricordare un fatto. Basta conoscere la storiografia della Rivoluzione francese, e in particolare l’ultimo libro di Marcel Gauchet su Robespierre, per sapere che il fallimento del giacobinismo avviene a ridosso, e in parte a causa, del tentativo di trovare una legittimazione parareligiosa della scomparsa del Dio dell’Ancien Régime. Termidoro segue immediatamente le celebrazioni dell’Essere Supremo, quando i giacobini del nuovo regime, abolito il vecchio Dio, cercarono di inventarsi il loro, il Dio della ragione.  

       

Dunque due appunti. Uno per gli intellettuali e la bella gente d’Europa e d’occidente. La religione della libertà ha i suoi limiti e le sue contraddizioni, se vogliamo il diritto a difendere la blasfemia possiamo in realtà farlo solo se un Dio rivelato mette l’amore al posto della conquista, non c’è un Dio unico che abbraccia cristianesimo e islam. Appunto per Biden. Se vuole governare una sola America deve correggere il correttismo e normalizzare il discorso pubblico identitario, altrimenti la rissa continua e degenera.  

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