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Il Foglio del weekend

La nuova Cleopatra

Maurizio Stefanini

L’annuncio dell’ennesimo film sulla regina egizia fa litigare su Twitter i puristi del pol. corr. Eppure della sua storia sappiamo ancora pochissimo

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"Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, sarebbe cambiata l’intera faccia della terra”, disse Blaise Pascal. Un po’ “nasona”, come la apostrofa Totò in “Toto e Cleopatra”, effettivamente lo appare, in alcuni profili su monete. Ma invece che per il naso, la querelle si scatena ora per la sua etnia. Dopo che già sul grande schermo era stata portata 25 volte, un nuovo film su di lei è stato annunciato infatti da Gal Gadot, l’attrice israeliana diventata famosa per la sua interpretazione di “Wonder Woman”. Sua l’idea, proposta alla stessa regista di “Wonder Woman”: l’americana Patty Jenkins. Una donna è anche la sceneggiatrice, Laeta Kalogridis, americana di origine greca, che fece soggetto e sceneggiatura per “Alexander” di Oliver Stone. Insomma, un terzetto femminile, per “una donna completamente diversa rispetto a tutte le donne della sua epoca”. Così la ha definita Alberto Angela, che su Cleopatra ha scritto un libro. “Una donna intelligente, che emerge perché è indipendente. Sovrana, moglie, madre, amante, ma poi anche grande stratega, condottiera. Ma soprattutto una donna con una mentalità moderna”. E “se si mette una donna con una mentalità moderna nell’antichità la Storia cambia”.

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"Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, sarebbe cambiata l’intera faccia della terra”, disse Blaise Pascal. Un po’ “nasona”, come la apostrofa Totò in “Toto e Cleopatra”, effettivamente lo appare, in alcuni profili su monete. Ma invece che per il naso, la querelle si scatena ora per la sua etnia. Dopo che già sul grande schermo era stata portata 25 volte, un nuovo film su di lei è stato annunciato infatti da Gal Gadot, l’attrice israeliana diventata famosa per la sua interpretazione di “Wonder Woman”. Sua l’idea, proposta alla stessa regista di “Wonder Woman”: l’americana Patty Jenkins. Una donna è anche la sceneggiatrice, Laeta Kalogridis, americana di origine greca, che fece soggetto e sceneggiatura per “Alexander” di Oliver Stone. Insomma, un terzetto femminile, per “una donna completamente diversa rispetto a tutte le donne della sua epoca”. Così la ha definita Alberto Angela, che su Cleopatra ha scritto un libro. “Una donna intelligente, che emerge perché è indipendente. Sovrana, moglie, madre, amante, ma poi anche grande stratega, condottiera. Ma soprattutto una donna con una mentalità moderna”. E “se si mette una donna con una mentalità moderna nell’antichità la Storia cambia”.

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Certo, “c’erano state nell’Antichità altre donne potenti. Non molte. Però erano state sempre assieme a un uomo potente. Lei era sola. Certo che è stata con Cesare e Antonio, ma li ha usati lei”. “Porteremo la storia di Cleopatra sul grande schermo in un modo in cui non era mai stata rappresentato prima d’ora”, ha promesso Gal Gadot su Twitter. Discendente di scampati alla Shoa, attrice, modella, Miss Israele, pianista, cintura nera di karate, ex istruttrice di combattimento per l’esercito israeliano, praticante di pallavolo, basket e tennis, appassionata di motociclismo, madre di due figlie, imprenditrice, è effettivamente un tipo di donna completa nella cui personalità Cleopatra avrebbe potuto specchiarsi. Un problema di verosimiglianza potrebbe essere forse la sua altezza (un metro e 78). Tutti gli storici concordano in effetti che Cleopatra era una minuta. Nel 1963, la più famosa tra tutte le sue trasposizioni cinematografiche mostra Liz Taylor, 1,57, nella scena iconica in cui si fa portare a Cesare nascosta in un tappeto. Se Gal i suoi partner non se li sceglie dall’1,90 in su, sarà curioso lo spettacolo della faraona che guarda un “pezzo di Marco Antonio” dall’alto in basso. Ciò, però, non sembra preoccupare nessuno. Le ostilità le ha aperte invece Sameera Khan. Miss New Jersey del 2015, cittadina statunitense ma anche pachistana, già attiva nella campagna elettorale di Bernie Sanders nel 2016, corrispondente dagli Usa per la emittente putiniana Rt ma cacciata per aver fatto girare meme filo-Stalin, se ne è uscita con un tweet particolarmente acido: “Chi mai a Hollywood ha pensato che sarebbe stata una buona idea scegliere una israeliana come Cleopatra quando c’è una fantastica attrice araba come Nadine Njeim?”. “Vergognati Gal Gadot: il tuo paese ruba la terra agli arabi e tu ci rubi i ruoli al cinema”.

 

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La Kalogridis aveva in effetti già messo le mani avanti: “Cleopatra è stata la più famosa donna greco-macedone della storia”. A quel punto si sono poi inseriti pure i toni alla Black lives matters, con l’altra protesta virale: “Ne abbiamo abbastanza di vedere attori bianchi e israeliani nella parte dei faraoni”. “Cleopatra non era né araba, né africana, né israeliana. Era una greca macedone”, ha risposto direttamente alla Khan la giornalista israeliana Sarah Tuttle-Singer. Controrisposta: “Cleopatra era parte greca e parte berbera”. In realtà i berberi propriamente detti in Egitto stanno solo nell’oasi di Siwa, e l’antico egizio non era berbero, anche se si tratta di lingue cugine. Certamente Cleopatra era discendente di Tolomeo: il generale di Alessandro che aveva fondato la dinastia.

 

Certamente la sua dinastia pur adottando l’ideologia e il look degli antichi faraoni non aveva mai smesso di parlare greco, e si era anche mescolata pochissimo ai locali, anche al costo di incesti in quantità. Un dubbio viene per Arsinoe: una sorella che si era schierata contro Cleopatra, e che fu perdonata da Cesare ma fatta uccidere da Antonio. A lei negli anni Novanta la studiosa austriaca Hilke Thür ha attribuito uno scheletro trovato nel 1926 a Efeso. Il teschio nel frattempo era scomparso, ma ne erano rimaste alcune misurazioni e foto, da cui la Thür ha dedotto tratti negroidi. In particolare, un naso lievemente camuso. Da qui è nata la storia della “Cleopatra nera”, illustrata dalla Bbc con un identikit da ballerina brasiliana. Un identikit a Cleopatra, però, lo ha fatto anche il nostro Ris: su incarico di Alberto Angela, e a partire da statue e monete. Ne risulta una donna sicuramente dal naso forte e dagli occhi intensi, ma appunto di tipo greco. Senza tratti africani evidenti. Secondo lo stesso Alberto Angela, tra le molte attrici che la hanno interpretata forse la più vicina al modello originale sarebbe stata Vivien Leigh: la Rossella di “Via col vento”, protagonista di un “Cesare e Cleopatra” del 1945.

  

La più famosa, abbiamo ricordato, fu Liz Taylor nel film del 1963, in cui conobbe Richard Burton come interprete di Antonio. Tra le altre Cleopatre cinematografiche o tv sono poi forse da ricordare una Theda Bara del 1917, una Claudette Colbert del 1943, una Sophia Loren del 1954, la Monica Bellucci di un “Asterix” del 2002, Anna Valle in una serie Rai del 2003. La Arsinoe della Thür, però, ha almeno sette anni in meno di quelli attribuiti alla Arsinoe storica. E ciò fa traballare tutto: e a parte i dubbi sulla affidabilità di misurazioni e foto, non è poi neanche detto che la madre di Arsinoe fosse la stessa di Cleopatra, che comunque è sconosciuta. Alcuni storici l’hanno considerata figlia di Cleopatra VI Trifena: sorella e unica moglie conosciuta di suo padre, il faraone Tolomeo XII. Ma Strabone suggerisce che era una figlia illegittima. Proprio perché aveva effettivamente una cultura di cose egizie non comune tra i Tolomei, alcuni storici moderni hanno pensato che la madre potesse essere una egizia, forse membro della famiglia del gran sacerdote di Ptah. Ma è tutto altamente ipotetico. Quello su cui per tanti secoli non ci sono stati dubbi, in compenso, è che l’ultima faraona fosse una donna di facilissimi costumi.

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“Cleopatràs lussurïosa” la definisce Dante, ponendola all’Inferno tra i “peccator cornali” in un tris di regine medio-orientali, assieme alla babilonese Semiramide e alla cartaginese Didone. Sono donne levantine. Figlie, cioè, di Terre in cui l’occidente ha ravvisato dai tempi antichi una cultura di istintiva sfrenatezza sessuale: come se il caldo del clima dovesse portare automaticamente al ribollire degli istinti. Voluttuose odalische; lascive danzatrici del ventre; harem poligami; quella parola “baldracca”, dall’etimo medievale di Baghdad, “baldracco”. In più, sono regine, in un’epoca in cui il potere è considerato esclusiva naturale degli uomini. Insomma, mostri contro natura: che dal ruolo passivo riservato alle donne dall’ordine immutabile delle cose hanno voluto passare a un ruolo attivo. Al letto come sul trono. “Questa principessa ambiziosa e avara”, scrisse Flavio Giuseppe nella “Guerra Giudaica”, “dopo aver perseguitato i propri consanguinei, che non ne restava più nessuno vivo, rivolse il suo furore contro gli stranieri. Calunniò presso Antonio i più abbienti e lo indusse a farli morire per impossessarsi del bottino”. Aggiunge Lucano nella “Farsalia”: “l’incestuosa Tolomeide [....]. L’empia sorella si sposa col fratello, già sposa del condottiero latino e, passando da un marito all’altro, possiede l’Egitto e si guadagna Roma”. E ci mette un carico da undici pure Dione Cassio nella Storia Romana: “quindi [per sedurre Antonio] ella aveva preparato un appartamento splendido e un letto sontuoso; si era adornata con una certa trascuratezza e (colmo della raffinatezza!) i suoi abiti da lutto mettevano in risalto il suo splendore”. 

 
E’ la propaganda utilizzata dai congiurati di Bruto e Cassio contro Cesare, ma poi rispolverata anche dal vendicatore ed erede di Cesare Ottaviano contro il rivale di eredità Antonio.  “Ahimè, soldati romani (non lo vorreste credere, o posteri!) venduti come schiavi a una femmina”, inveisce Orazio. “Noi siamo senza dubbio Romani e comandiamo la più vasta e la migliore fra le terre abitate: è indegno dei nostri padri l’essere disprezzati e calpestati da una femmina egiziana! [...] Tutti questi eroi [...] sarebbero feriti, eccome, se si accorgessero che siamo caduti in mano a un flagello di donna! Antonio stesso è diventato ‘lo schiavo di una femmina’, è ‘effeminato’, ‘si comporta da femmina’”, è l’accusa riportata da Dione Cassio. Va detto che c’è anche Plutarco, secondo il quale “i suoi unici amori certi furono Cesare e Antonio. E’ ben poco, se si pensa alla vita turbolenta dei romani suoi contemporanei! E inoltre quelle relazioni furono riconosciute ufficialmente”. 

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E’ un dibattito con alcuni risvolti paradossali. Per accusarla, infatti, Dione Cassio è tra coloro che diffondono la leggenda della sua bellezza sconvolgente. “Era splendida da vedere e da udire, capace di conquistare i cuori più restii all’amore, persino quelli che l’età aveva raffreddato”. Per difenderla, invece, Plutarco finisce per descriverla quasi brutta. “La sua bellezza in sé non era incomparabile o tale da stordire chi la incontrava”, anche se aggiunge che “aveva qualcosa di particolare, che la rendeva attraente in modo irresistibile”. Insomma, stando all’autore delle “Vite parallele” prima Cesare e poi Antonio non sarebbero stati sedotti dalle sue arti amatorie ma dalla sua cultura, dalla sua conversazione, dalla sua padronanza delle lingue e anche dal fascino del suo progetto di una grande mediazione tra la cultura romana e quella orientale-ellenistica, attraverso un matrimonio tra lei e quelli che le si presentarono come i due grandi leader della potenza romana. Anche Dione Cassio, però, riconosce che “il fascino della sua parola conquistava tutti coloro che la udivano”. 

 
Dalla tesi di Plutarco, dunque, vari storici moderni hanno tratto l’idea di una diffamazione consapevolmente basata sullo sciovinismo maschilista e anti-ellenista del popolino romano, per il quale una faraona che accalappiava due grandi generali per trasformarli in suoi pupazzi doveva avere come minimo doti da pornostar. “Regina Meretrix” è l’epiteto riservatogli da Plinio il Vecchio. Altri ricordano come Cleopatra avesse sempre tenuto alla propria identificazione con la dea dell’amore, la Afrodite dei greci e Venere dei romani: nelle statue, e anche nei travestimenti con cui amava presentarsi. Un mito egizio abbondantemente raffigurato su steli e papiri descriveva la dea Iside che per restituire la vita al morto marito Osiride lo aveva resuscitato con metodi alla Monica Lewinsky, per questo le egiziane erano accreditate di quello stesso tipo di specialità amatorie, e Cleopatra era a un tempo regina delle egiziane e reincarnazione di Iside. I soprannomi greci di Merichane e Cheilon, “Bocca aperta” e “Grandi labbra”, oggi sono stati rispolverati dai sostenitori della Cleopatra nera, ma erano più probabilmente roba da luci rosse. 

 
Plutarco a parte, però, di Cleopatra una immagine di saggezza viene da altrove. Per esempio, dal vescovo cristiano Giovanni di Nikiu, che nelle sue “Cronache” descrive Cleopatra come una sovrana che lavorò instancabilmente nell’interesse del proprio popolo; e poi lo  storico Ibn Abd al-Hakam, che nel suo resoconto sulla conquista araba dell’Egitto attribuisce a lei la costruzione del faro di Alessandria. Altri autori arabi scrissero delle opere architettoniche da lei fatte realizzare, e la lodarono per le sue qualità accademiche. 

  
Insomma, donna fatale e letale per l’“Antonio e Cleopatra” di Shakespeare. Solerte allieva di un corso sull’arte di governo per il “Cesare e Cleopatra” di Shaw. “Ti sembra sia stata una degna fine?”, chiede il romano Marco Vipsanio Agrippa a una ancella nel dialogo riportato da Plutarco che conclude il film del 1963. “Più che degna… degna dell’ultima regina d’una grande stirpe!”. Anche qui, dall’antichità a oggi è tutta una ridda di tesi alternative: aspide sul seno, cobra sul braccio, spilloni avvelenati, veleno vegetale… Ma il serpente ureo, sacro al dio Sole Amon Ra, era l’emblema del faraone. Animale come il coccodrillo, simbolo della forza vitale che vince sull’inerzia della morte, il suo morso garantiva una “morte non morte”, facendo del suicidio un vero e proprio rito in cui il corpo perdeva vigore, ma l’anima già divina della regina ne acquisiva di nuovo, ed eterno. Così non veniva interrotta la sacra catena della discendenza per cui, attraverso il ritorno del sovrano morto al padre Sole Amon Ra, il trono d’Egitto era destinato a un nuovo faraone che fosse – al pari dei suoi predecessori – epifania terrena della divinità solare, presente e regnante. 

 
Con ciò Cleopatra si prese una rivincita postuma su Augusto, impedendogli di annettersi   l’Egitto come una normale provincia e costringendolo ad amministrarlo come possesso privato.  Facendosi ritrarre da faraone, l’imperatore dovette ammettere che accettava la successione della regina assunta al cielo. Ma non è forse la stessa abilità di promuovere sé stessa che ne fa ancora la protagonista di una guerra di Tweet a oltre venti secoli dalla sua morte?

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