PUBBLICITÁ

Gigi Proietti era un acrobata. Parla Francesco Sala

Simonetta Sciandivasci

Il regista teatrale romano ci racconta alcune delle grandi imprese di Proietti: la gentilezza, il Globe Theatre, le canzoni, l'underground romano degli anni Sessanta e anche quello di domani"

PUBBLICITÁ

“Gigi Proietti non strillava mai. Durante le prove, quando doveva correggere un attore, spiegargli dove stava sbagliando o semplicemente riprenderlo, si alzava, saliva sul palco, e gli sussurrava all’orecchio. Era gentile sempre, con tutti, e questa delicatezza la usava perché, da attore, sapeva quanto fosse orribile e umiliante venire rimproverato dal regista davanti a tutti”. È la prima cosa che racconta al Foglio Francesco Sala, regista e attore teatrale, drammaturgo e studioso della scena romana indipendente, che di Proietti sa tutto, o almeno tutto quello che è possibile sapere. È stato suo ammiratore, poi allievo, poi amico, poi collaboratore. Oggi fa spettacoli in tutta Italia ed è uno degli animatori della scena teatrale romana indipendente, che Proietti ha sempre seguito e amato, perché da lì veniva, lì ha cominciato.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


“Gigi Proietti non strillava mai. Durante le prove, quando doveva correggere un attore, spiegargli dove stava sbagliando o semplicemente riprenderlo, si alzava, saliva sul palco, e gli sussurrava all’orecchio. Era gentile sempre, con tutti, e questa delicatezza la usava perché, da attore, sapeva quanto fosse orribile e umiliante venire rimproverato dal regista davanti a tutti”. È la prima cosa che racconta al Foglio Francesco Sala, regista e attore teatrale, drammaturgo e studioso della scena romana indipendente, che di Proietti sa tutto, o almeno tutto quello che è possibile sapere. È stato suo ammiratore, poi allievo, poi amico, poi collaboratore. Oggi fa spettacoli in tutta Italia ed è uno degli animatori della scena teatrale romana indipendente, che Proietti ha sempre seguito e amato, perché da lì veniva, lì ha cominciato.

PUBBLICITÁ

  

“Proietti esordì con uno dei registi più off degli anni Sessanta, Cobelli, che insieme a Tonino Calenda aveva fondato un piccolo teatro a Prati, il Teatro dei 101. In quegli anni nell’underground si trovava di tutto: debuttarono Bene, Benigni, Verdone. È una storia raccontata milioni di volte, ma a me emoziona sempre: una sera, a uno spettacolo di Verdone non si presentò nessuno e lui stava per andarsene quando arrivò un signore che gli chiese di fare lo spettacolo, anche solo per lui. Quel signore era Franco Cordelli, il giorno dopo uscì un suo pezzo su Paese Sera in cui diceva che era nata una stella. C’erano poi i poeti che Renato Nicolini portò a Ostia all’inizio di quella grande esperienza che fu l’Estate romana, i ragazzi del Vascello, decine di altri corpuscoli fortemente ideologizzati, quasi tutti a sinistra, ma c’era anche la destra con quelli del Bagaglino, che avrebbe dovuto chiamarsi Bragaglino, in onore di Anton Giulio Bragaglia, artista futurista, ma i suoi parenti mandarono una diffida legale e Pingitore decise di togliere una R: così nacque il Bagaglino, che poi crebbe e diventò avanspettacolo televisivo”.

  

PUBBLICITÁ

Buona parte di quella scena è scomparsa, Bagaglino compreso, ma non è rimasta completamente senza eredi. Ora come allora, fa anche errori, schifezze, esagerazioni: sperimenta. Non è un buon momento per parlare di quale futuro avrà perché non è un buon momento per parlare di futuro in assoluto, ma Sala ci dice che sarà importante trovare un nuovo linguaggio, registico e drammaturgico, e prima di ogni cosa bisognerà riconquistare la fiducia del pubblico: se già prima del Covid era complesso portare la gente al teatro, sia in quello mainstream che in quello off, domani sarà doppiamente dura. “Avranno tutti paura del contagio, la ferita e il trauma si faranno sentire anche quando e se avremo un vaccino efficace, e questo si andrà ad aggiungere alla resistenza pregressa. A Roma quando inviti qualcuno a una pomeridiana domenicale, la prima cosa che ti chiede è se ci sia parcheggio, poi quanto duri lo spettacolo e se inizi puntuale e alla fine, soprattutto, il temibile ma se ride?”.

  

Problemi che Proietti non aveva.

  

Lui è riuscito in un’impresa straordinaria, che è una delle più importanti della sua carriera e del suo apporto alla città: ha fatto costruire un teatro elisabettiano, di legno, in mezzo a Villa Borghese, e ci ha rappresentato Shakespeare, e ha attirato un pubblico di giovani, che negli anni non solo si è consolidato ma è pure cresciuto. Da quando l’Estate romana non c’è più, è diventato l’unico appuntamento per i cittadini, insieme ai concerti jazz di Villa Celimontana”. Del Globe Theatre, Proietti è stato ideatore e direttore, lo ha realizzato con l’appoggio di Walter Veltroni, allora sindaco, e l’investimento finanziario dei costruttori Toti. È tuttora un teatro pubblico, con una grossa partecipata: il Teatro di Roma. “I primi anni era difficile da raggiungere perché non era segnalato, io quando ci andavo a fare le prove mi perdevo tutte le volte dentro villa Borghese, ricordo che una volta chiesi a un tassista dove fosse il Globe e quello mi rispose: a Londra! Tutte le volte che ci capito, penso sempre che mi ricorda l’aeronave che atterra in città in “Un marziano a Roma” di Flaiano. Gigi ne era orgogliosissimo. Molti miei colleghi dicono che è stato ingiusto che nessuno gli abbia mai offerto la direzione del Teatro di Roma, ma non è vero: gli fu offerta ma la rifiutò. Sapeva che diventare direttore di uno stabile significa destinare l’80 per cento dei soldi che hai disposizione in burocrazia e il resto in spettacoli dove hai un margine di libertà molto ristretto, e passi le giornate a vedere e rivedere gli accordi con gli enti locali, anche quelli che, senza volere, erediti. Preferì essere libero”.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Chiediamo a Sala cos’altro ha dato, Proietti, al teatro romano e italiano, e ci risponde che, dopo Petrolini, di cui era ammiratore, è stato colui che ha tenuto vivo il one man show. “Era un virtuoso, ma il suo segreto era lo stesso dell’acrobata, che quando fa i suoi esercizi sembra farli senza alcuno sforzo. La maestria di Gigi Proietti stava nel nascondere la tecnica: esibirla sarebbe stato volgare. Sapeva fare tutto, sapeva suonare, sapeva cantare: Gassman lo diceva spesso: lo invidio perché sa cantare.  Come Gassman, aveva una tecnica mostruosa, esemplare, e ci giocava continuamente, perché aveva un’idea agonistica, forte, potente del teatro e dei suoi mezzi. E poi era dotato di un’agilità fisica impressionante, una volta l’ho visto saltare da una quinta a un’altra su un palco di sette metri”.

 

PUBBLICITÁ

Francesco Sala era ancora un esordiente quando conobbe Proietti, per caso, dopo uno spettacolo. Si ritrovarono a una cena insieme ad altri, parlarono a lungo, poco tempo dopo Proietti lo fece chiamare per proporgli una sostituzione nella trasposizione teatrale di “Dramma della gelosia” di Ettore Scola, e lui accettò immediatamente, anche se era in tour altrove. Da allora non hanno mai smesso di collaborare, frequentarsi. Anita, sua figlia, ha doppiato la padroncina del cagnolino protagonista di “Attraverso i miei occhi”, doppiato da Proietti. “L’ultima volta che l’ho sentito è stata quindici giorni fa, gli avevo detto che volevo portarlo a Palermo, primo perché con Pamela Villoresi avevamo in mente di farlo onorare all’università, e poi perché mi sarebbe piaciuto fargli incontrare gli studenti. Mi aveva detto di sì, anche se mi ero accorto che era un po’ spaventato, temeva di non farcela”.

 

E adesso? “Il due novembre è un giorno strano. Era il compleanno di Gigi e di Vincenzo Cerami: ricordo come, fino a qualche anno fa, mi sforzassi ogni anno di scrivere a entrambi un bel biglietto d’auguri. Ora non dovrò farlo più. Ora questa sarà la data della nascita e della morte di Gigi, che come Shakespeare è nato e morto lo stesso giorno, e l’anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ