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Intellettuali e registi contro (ma c'è anche Salvini)

Il lamento sul teatro, che spettacolo

Michele Masneri

La protesta sulla crisi dei teatri è un genere, che già Arbasino nel 1965 prendeva in giro. Ecco la nuova edizione di "Grazie per le magnifiche rose", reportage di spettacoli tra Roma e Broadway.

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I teatri sono sacri, almeno quanto le chiese e le palestre, sostiene una bizzarra equiparazione recente. “Sono tutti posti in cui si costruisce la salvezza della gente”, dice Baricco. “Sono i luoghi in cui possiamo resistere, esercitare la nostra fermezza morale”. Addirittura? Fermezza morale con lo squat? O stando in plank? Ma chi siamo noi per giudicare. Però il teatro è, come si dice oggi, divisivo. Persino Veltroni sbrocca. Dopo essersi costruito una leggendaria credibilità bipartisan ecco che esplode: ma come, le chiese aperte e i teatri chiusi? Il teatro insomma nella piramide della sacralità della Cultura sta indubbiamente al culmine,  sopra il Libro, per non parlare del Cinema (tutti luoghi pochissimo frequentati, ma che appaiono improvvisamente dotati di soprannaturale dignità civile solo quando ne viene interrotto la fruizione). A proposito, quando ripartiranno i lamenti per le librerie? E l’alienazione da Amazon, è lì da venire? Accanto a Veltroni e Baricco, nella compagine pro-teatro, si registra l’assordante silenzio di Stefano Massini, muscoloso drammaturgo di Stato, da Repubblica a Piazza Pulita (chiaramente frequentatore sia di teatro che di palestra, visto il fisico. Chiesa non si sa). E invece, ecco che scende in campo inopinatamente Salvini: “trenta sindaci della Lega terranno aperti i teatri!”. Strehleriani per Salvini.  

Ma è un genere antico, il lamento teatrale. Basta aprire “Grazie per le magnifiche rose”, nuova edizione dei reportage teatrali di Alberto Arbasino degli anni Sessanta, appena riedito e smagrito in una scelta di pezzi da Adelphi (è il primo Arbasino postumo dopo la morte dello scrittore a marzo scorso). Primo capoverso: “turbati dagli allarmi sulla crisi del Teatro Italiano” (già le maiuscole annunciano lo sfottò) “che si sono letti in ogni giornale per molti anni, e ansiosi delle sue sorti; percossi da presentimenti e da ambasce; finalmente travolti  dalla commozione dopo aver appreso dalle cronache la rappresentazione simultanea di tantissime novità connazionali su tutte le scene della città, noi che di solito non andiamo mai a teatro, preferendo battere i cinema e le sale da ballo (…) abbiamo deciso di rastrellare tutte le platee della Capitale, una o due per sera, per la durata d’una settimana”. Il pezzo si chiama appunto Una settimana romana, una specie di esperimento sociale a cui Arbasino si sottopone, full immersion nel teatro sperimentale italiano. Primo spettacolo: “un gruppo di culone recita animosamente con le sottovesti e coi petti, telefonano in letto (…), mettono i pentolini al fuoco dicendo la battuta spregiudicata, e fanno l’amore praticamente sul tavolo (…); fuori dalla finestra della polizia brillano e si spengono i peccaminosi neon rossi e verdi, scrivono ‘Night o ‘Sale e tabacchi’. Ci hanno subito molto informati sul fatto che il lavoro aveva avuto un grande successo all’estero; ma ‘l’estero l’è grande, grande’, diceva una spettatrice pensosa dietro di noi”. Non che Arbasino fosse necessariamente esterofilo, almeno non qui: a Broadway, registra, “lo spettacolo più noioso che si sia mai visto. (…) Un orrendo telone viene alzato sul fondo, come una cupola Fortuny sporca, perché si è in una specie di circo, nuova come metafora”. Il librone, che adesso è un libriccino, usciva nel 1965, non c’era il Covid, eravamo in pieno boom anche dello spettacolo. Ma il lamento sul teatro e la crisi del teatro era già allora un genere floridissimo. Però, oggi, invece di firmare appelli e lanciare fatwe, magari se si scrivesse così, di teatro, qualcuno ci si avventurerebbe, alla riapertura, saltando perfino una sessione di zumba (pare difficile, in realtà: del resto, dopo il lamento sul teatro viene il lamento sul fatto che non si scrive più di teatro: non se ne esce, è chiaro).

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