Il trauma e l'ignoto. La fiera del design in una Napoli sospesa
Al via la seconda edizione di EDIT Napoli, la fiera indipendente del design editoriale e d'autore. 70 espositori per esorcizzare il tempo che passa e resistere a "un lockdown a metà"
Scuole chiuse, bus gialli in segno di protesta da Fuorigrotta al lungomare della città e mamme urlanti davanti alla sede della Regione Campania, proprio lì dove il governatore Vincenzo De Luca ha deciso di dire basta fino alla fine del mese a matrimoni, comunioni, cresime, cortei e funerali. Il jogging è permesso solo la mattina presto, la mobilità subirà un blocco di notte, a partire dalle 22, insieme a tutte le altre attività, Halloween compresa, da lui definita “un’immensa idiozia, una stupida americanata”. Un giorno che in questa città è iniziato col buio (nel vero senso della parola, visto che piove ininterrottamente dalle prime luci dell’alba), ma da queste parti, Covid o non Covid, una luce si riesce sempre a trovare. Si è anticipato quello che è stato già definito – citiamo – “nù mieézz ‘e loccdàun” (un lockdown a metà), ma molte attività ed eventi continuano ad esserci e a tenersi.
Come EDIT Napoli ad esempio, la fiera indipendente dedicata esclusivamente al design editoriale e d’autore che ieri ha inaugurato la sua seconda edizione, tra brindisi – rigorosamente a distanza e con mascherine – all’interno del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, e che – se non ci saranno ulteriori restrizioni - resterà aperta fino a domenica prossima. Sono 70 gli espositori, tra designer, aziende e artigiani internazionali, che hanno deciso di presentare i loro prodotti e le loro novità, da brand italiani affermati (Botteganove, Servomuto, De Castelli, Fabscarte, Forma&Cemento, Medulum) a quelli internazionali (Milla Novo, Constance Guisset Studio e Asmar d’Amman) assieme a designer under 30.
A guidarli ci sono due donne d’eccezione: Domitilla Dardi - curatrice e storica del design - ed Emilia Petruccelli - buyer e imprenditrice, entrambe romane. “Alla notizia della chiusura delle scuole e delle università in Campania abbiamo reagito come abbiamo fatto per tutte le altre notizie che ci sono state comunicate negli ultimi venti giorni e così continueremo a fare per le prossime che verranno”, spiegano al Foglio le ideatrici curatrici di questo evento organizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli. “Leggiamo i decreti, se la cosa non ci intacca andiamo avanti, se accade invece il contrario, capiamo come fare”, aggiunge la Petruccelli. “L’immobilismo legato alla paura deve essere superato dal fatto che le normative saranno continue e che usciranno cose e regole spesso diverse. Bisogna solo capire quali sono i limiti entro i quali ci si può muovere ed agire. Manteniamo quindi la calma”.
“Bisogna bloccare il virus e non il cervello”, precisa la Dardi. “Prima eravamo inconsapevoli, oggi no. Siamo tutti spaventati, ma le cose si possono fare con cautela e muovendosi in sicurezza, il perimetro in cui muoverci lo conosciamo”. I buyers in particolare, che sono tra coloro che hanno assistito alla cancellazione della maggior parte delle fiere di settore e che sono limitati, come molti altri, nella mobilità internazionale, sono gli interlocutori cui le ideatrici hanno deciso di guardare con maggiore progettualità, permettendo loro di fare ricerca anche a distanza. “Abbiamo - dicono - un contatto diretto con i nostri espositori. Quelli che hanno partecipato alla prima edizione sono tornati anche quest’anno, ci siamo scambiati consigli. È un anno delicato, non puntiamo a portarci soldi a casa o a toglierglieli, ma a cooperare insieme. Noi esistiamo in quanto esiste la qualità del loro lavoro, tenendo presente quello che è e sarà il mercato e le variabili che sono in continuo mutamento”.
Non è certo un caso, poi, che per EDIT – composta da un team “composto da sole donne e da un uomo” – sia stata scelta Napoli, “una città con una grandissima storia, ma anche con una voglia di raccontare la sua parte sana e virtuosa, una città sperimentale fatta di tanti pezzi ognuno dei quali ha una sua specificità, pensiero, artigianato e capacità fattiva”, a loro avviso, e non soltanto loro, “la grande capitale italiana rispetto all’Europa e al mondo”.
L’arte e la cultura possono dare tutto, “sono la forza prorompente di questo paese – ci spiega Paolo Jorio, direttore del Museo di San Gennaro e del Museo Civico Gaetano Filangieri, siti entrambi nella stessa via dove c’è il Duomo, luogo dove ogni anno in tanti aspettano che si compia ‘O miracolo. La scelta di De Luca lui cerca di interiorizzarla e razionalizzarla, “forse – ci dice - è l’unica via indispensabile, ma la trovo molto forte. Non sono un negazionista della soluzione, continua, ma così rischiamo di crollare totalmente. “L’arte e la cultura possono dare tutto, sono una forza prorompente di questo paese, la sua forza produttiva, la capacità di far volare la mente, di liberarla anche quando ci sono le restrizioni”.
Ne abbiamo conferma visitando il Filangieri, uno dei luoghi simbolo della città in cui EDIT ha portato il design internazionale. Lì troverete Jaime Hayon – che per Bosa ha creato la suggestiva installazione site-specific "Ceramic Tower" – mentre, poco distante, al Museo Archeologico (oltre che al Teatro San Carlo), c’è "Aritmia", un lavoro originale sull’archivio storico della Ceramica Gatti 1928 di Faenza realizzato da Andrea Anastasio. Il senso del tragico e della condizione umana è da sempre presente nei lavori di questo designer romano (per Artemide, Danese, Memphis e Design Gallery tra gli altri) con un passato da filosofo e un presente da ceramista, una passione vera e propria prima che un lavoro.
“Il Covid – precisa – è per me solamente l’ennesima forma di una condizione di vulnerabilità che nella Storia ha preso tante forme e ne prenderà altre. L’ho vissuto così come vivo la mia quotidianità”. In mostra, ad accogliervi nella sala degli affreschi, ci sono tanti vasi bianchi infranti che rappresentano il suo tentativo di portare nel progetto quello che non può essere progettato che è l’ignoto, l’imprevisto, la rottura appunto, e quindi il trauma. “Montare la mostra ed essere circondato dai mosaici mi ha protetto molto, è stato come essere in una bolla, pur però sapendo che questa è la nostra condizione, anche perché – aggiunge prima di andare di salutarci – siamo gli unici animali che sappiamo che abbiamo una durata: forse questa consapevolezza ha generato l’arte che per me è anche un modo per esorcizzare il tempo che passa”. Non basta, ma aiuta. Questo lo aggiungiamo noi.