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Una civiltà di feste e distanziamenti

Giuliano Ferrara

Nevrosi da contagio e incuria spavalda: come nel Seicento, con parole diverse

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Un periodo di ipocondria, nevrosi da contagio e feste, pericolo di delazione, incuria spavalda e bugiarda: questo il tempo di adesso, pare. Allora bisogna ricorrere al libro sulla civiltà della conversazione, gran bel saggio storico di Benedetta Craveri. Lì, nelle historiettes, pose, costumi, idee, lettere dell’Antico Regime, dei suoi salons, delle sue dame, si trova l’essenziale per il combattimento. Il primo autore di un dpcm sulle riunioni private, scritto un mezzo secolo prima del fiorire della conversazione orchestrata dalle donne nel Seicento parigino, e che donne, che preziose, è di Stefano Guazzo (citato a p. 172, edizione Adelphi). Questo scrittore della Rinascenza veniva utile, come un Bisconte d’antan, a Madame de Sablé, temibile amante, grande psicologa, moralista insigne, installata nel perimetro del convento di Port-Royal des Champs, in città, dove si teneva salotto con gli scuri che davano sulla corte rigorosamente abbassati per non offendere, esponendole alla vista profana, le monache gianseniste. 

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Un periodo di ipocondria, nevrosi da contagio e feste, pericolo di delazione, incuria spavalda e bugiarda: questo il tempo di adesso, pare. Allora bisogna ricorrere al libro sulla civiltà della conversazione, gran bel saggio storico di Benedetta Craveri. Lì, nelle historiettes, pose, costumi, idee, lettere dell’Antico Regime, dei suoi salons, delle sue dame, si trova l’essenziale per il combattimento. Il primo autore di un dpcm sulle riunioni private, scritto un mezzo secolo prima del fiorire della conversazione orchestrata dalle donne nel Seicento parigino, e che donne, che preziose, è di Stefano Guazzo (citato a p. 172, edizione Adelphi). Questo scrittore della Rinascenza veniva utile, come un Bisconte d’antan, a Madame de Sablé, temibile amante, grande psicologa, moralista insigne, installata nel perimetro del convento di Port-Royal des Champs, in città, dove si teneva salotto con gli scuri che davano sulla corte rigorosamente abbassati per non offendere, esponendole alla vista profana, le monache gianseniste. 

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La Sablé era ipocondriaca. Non amava l’eccesso nei contatti fisici. Ma aveva “il genio di assortire e amalgamare i suoi ospiti intorno a problemi di interesse comune (teologia, amore, metafisica, scienza, morale, psicologia, medicina, insomma un poco come nelle nostre feste o conviti). Dopo il suo trasferimento salottiero nel cuore di un convento-fortezza del giansenismo, il perfetto pentimento o contrizione allora alla moda contro il quale vittoriosamente e brutalmente si batterono i cattivi gesuiti consiglieri del re, scelse “molto probabilmente” riunioni poco affollate. “Stando alla famosa formula del Guazzo”, nota Craveri, “le persone che componevano il cercle della conversazione non dovevano in ogni caso superare la decina”. Nel suo trattato “La civil conversazione”, che era stato pubblicato a Brescia nel 1574, Guazzo aveva precisato “… che ’l convito dee cominciare dalle Grazie e finire nelle Muse, cioè che ’l numero dei convitati non sia minore di tre né maggiore di nove”. Un antenato di rango delle forti raccomandazioni contenute nel recente decreto presidenziale.

 

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Le paure ipocondriache di Madame de Sablé dovettero d’altra parte fronteggiare gli scettici o negazionisti del tempo, che discettavano della opportunità di una mascherina eccetera. Le toccò una presa in giro delle sue paure, non da parte di un incomparabile Diego Fusaro, ma di Julie d’Angennes, figlia di Madame de Rambouillet, detta l’incomparable Julie. Troverete il testo della lettera satirica a pagina 159 del libro della Craveri. Mademoiselle de Bourbon era stata presa dal vaiolo e giaceva all’Hôtel de Condé, in un’epoca in cui il mondo era quasi surgelato e l’uomo non aveva i mezzi per condizionare decisivamente la natura. Julie era buona scrittrice e in una lettera condivisa dagli amici comuni si prese gioco con delicatezza ironica dell’amica Sablé. “Dopo aver esordito raccomandando alla dama di compagnia della marchesa di leggerle la lettera ‘sottovento’, Julie avviava subito ‘le trattative’”. “Sono certa che, tra la prima proposta che mi verrà fatta di vedervi e la conclusione, voi avrete una tale quantità di cose su cui riflettere, di medici da consultare, di timori da superare, che nel frattempo avrò avuto ampio modo di prendere aria. Le condizioni che vi propongo sono le seguenti: non venire da voi se non dopo essere rimasta tre giorni senza metter piede nell’Hôtel de Condé, cambiare tutti gli indumenti, scegliere un giorno in cui avrà gelato, tenermi a non meno di quattro passi di distanza da voi, sedermi sempre sulla stessa sedia. Quanto a voi, potrete far accendere un gran fuoco in camera vostra, bruciare del ginepro ai quattro angoli della stanza, spandere tutt’intorno aceto imperiale, ruta e assenzio. Se vi sentite sufficientemente rassicurata dalle mie proposte senza che debba tagliarmi i capelli, vi giuro di metterle in atto con il massimo scrupolo”.

 

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Piccata e divertita, Madame de Sablé rispose con un paragrafetto morale sottile, “cambiando completamente registro”, come chiosa Craveri. “Vi trovo così bene informata su tutte le precauzioni in uso tra i codardi, che mi domando se avessi ragione, due giorni fa, di contraddire una delle vostre amiche, secondo la quale avreste visto Mademoiselle de Bourbon senza timore di sorta (…) Tuttavia avete fatto delle riflessioni così belle sul timore da indurmi a sperare che, conoscendone così bene i pericoli, forse un giorno potrete averne paura anche voi, facendo ai vostri amici il piacere di conservarvi meglio per il futuro”. Le regole del distanziamento sociale, e gli annessi scetticismi, non sono qualcosa di nuovo sotto il sole d’Europa, le parole della civiltà della conversazione, però, suonano nuove e diverse quattro secoli dopo. Sperabile che le legga anche il mio e nostro beniamino, il sublime ministro Speranza.

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