Cheese - essere fotografi oggi

Affacciati alla finestra. Così ho fotografato l'infotografabile

Chiara Sgreccia

Video intervista a Gabriele Galimberti: cosa significa lavorare con la fotografia durante la pandemia e come raccontare il virus con le immagini

"Perché ho iniziato a fotografare? Non ho mai trovato una risposta. O meglio, ne trovo sempre una diversa". Con Gabriele Galimberti, fotografo di National Geographic, conosciuto tra l'altro per progetti di fotografia documentaria come Toy Stories e My Couch Is Your Couch, inauguriamo questa mini serie di interviste a fotografi contemporanei che ci raccontano il proprio lavoro, ci spiegano che come la loro fotografia è cambiata durante la pandemia di Covid-19 e che progetti sono riusciti a svolgere durante il lockdown. Galimberti dice al Foglio di avere iniziato a usare la macchina fotografica da adolescente, per creare dei diari dei concerti della sua band musicale. "Sono state le mie prime esperienze di storytelling usando la fotografia".

 

Galimberti racconta anche come è cambiato il suo mondo professionale durante la pandemia. "Io viaggio da tanto, ho fatto reportage per magazine e libri, la pandemia ha cambiato la mia routine, come poer tutti quelli che avevano programmi durante i mesi di lockdown. Ho reagito continuando a lavorare. Sentivo di dovere stare fuori a raccontare quello che stava succedendo. Tutti noi fotografi ci siamo ingegnati a trovare idee per fotografare qualcosa di 'infotografabile' - a meno che tu non abbia un laboratorio con un microscopio potentissimo in grado di riprendere il virus. Puoi solo immortalarne le conseguenze. Così sono uscito di casa e ho fotografato le piazze vuote, le code fuori dai supermercati: le prime cose visibili di questa nuova situazione. Ma le mie immagini non mi piacevano. Volevo raccogliere qualche parere, ma molti colleghi e amici ai quali chiedevo di incontrarci avevano paura. In quel momento ho realizzato che il virus stava davvero cambiando le cose. Ho chiamato allora un'amica che vive al piano terra, e che ha le finestre che danno sulla strada. Le ho detto 'Facciamo due chiacchiere alla finestra, a distanza'. Questa situazione, incontrare una persona isolata e che potevo vedere solo attraverso i vetri di casa sua, mi ha spinto a fotografarla. Quel primo scatto è avvenuto per caso. In seguito ho affinato l'idea: fotografare le persone alla finestra, usando trucchi fotografici, flash, luci, con le finestre stesse che diventavano cornici che racchiudono questi mondi dentro casa loro". Il progetto Inside Out di Galimberti è iniziato così, "fotografando le persone in quarantena senza incontrarle se attraverso le loro finestre".

 

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