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L'intervista

In dieci anni gli inglesi capiranno l’errore Brexit, ci dice Ken Follett

Gregorio Sorgi

Il grande romanzo del divorzio europeo, l'ostilità alla cancel culture, il sollievo per la caduta di Corbyn ("potrò presto tornare a votare per il Labour"). Intervista allo scrittore gallese

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Londra. L’ultimo romanzo di Ken Follett è ambientato nel 997 d.C., un’epoca in cui l’Inghilterra era schiacciata dall’oppressione della Corona e minacciata dalle invasioni di vichinghi e normanni. Tre anni fa, quando lo scrittore gallese ha iniziato il lavoro di ricerca per il libro Fu sera e fu mattina (Mondadori, in uscita il 15 settembre), non poteva immaginare che molti dei temi da lui affrontati sarebbero diventati di grande attualità. “Nel testo ho descritto il conflitto tra chi voleva che la Gran Bretagna fosse governata attraverso lo stato diritto e chi invece preferiva le vecchie maniere”, spiega Follett in un colloquio con Il Foglio. Proprio in questi giorni il governo britannico ha proposto una legge che viola parte dell’accordo negoziato con l’Unione europea lo scorso novembre. “Pensavo che il tema dello stato di diritto fosse stato risolto nel Medioevo - spiega l’autore con incredulità - Invece negli ultimi anni molti governi, tra cui quello polacco, britannico e americano, hanno violato apertamente questo principio”. 

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Londra. L’ultimo romanzo di Ken Follett è ambientato nel 997 d.C., un’epoca in cui l’Inghilterra era schiacciata dall’oppressione della Corona e minacciata dalle invasioni di vichinghi e normanni. Tre anni fa, quando lo scrittore gallese ha iniziato il lavoro di ricerca per il libro Fu sera e fu mattina (Mondadori, in uscita il 15 settembre), non poteva immaginare che molti dei temi da lui affrontati sarebbero diventati di grande attualità. “Nel testo ho descritto il conflitto tra chi voleva che la Gran Bretagna fosse governata attraverso lo stato diritto e chi invece preferiva le vecchie maniere”, spiega Follett in un colloquio con Il Foglio. Proprio in questi giorni il governo britannico ha proposto una legge che viola parte dell’accordo negoziato con l’Unione europea lo scorso novembre. “Pensavo che il tema dello stato di diritto fosse stato risolto nel Medioevo - spiega l’autore con incredulità - Invece negli ultimi anni molti governi, tra cui quello polacco, britannico e americano, hanno violato apertamente questo principio”. 

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Per Follett il ritrovato interesse verso lo stato di diritto proprio nei giorni in cui è prevista l’uscita del suo romanzo non è altro che una coincidenza. L’obiettivo del libro non è certo quello di riflettere sui nostri tempi. I romanzi dello scrittore gallese sono ambientati in epoche remote e per sua ammissione non contengono alcun messaggio di attualità. Tuttavia, gli eventi degli ultimi anni sono stati talmente assurdi che hanno superato i confini dell’immaginazione. Quanto sarebbe difficile raccontare gli ultimi cinque anni in un romanzo? “Il problema non è la gravità degli avvenimenti contemporanei - risponde Follett - La grande differenza è che nella letteratura i personaggi affrontano delle difficoltà che solitamente riescono a superare. I romanzi non prevedono necessariamente un lieto fine però deve esserci sempre una soluzione. Il fatto è che ancora non conosciamo il finale dei grandi processi globali degli ultimi anni. Non sappiamo come andrà a finire il Covid, forse non vivremo a lungo per vederlo. Scelga lei un altro evento”. 

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La Brexit. “Un buon esempio. Chi lo sa come andrà a finire? Poco prima del lockdown mi trovavo a cena con alcuni amici e abbiamo provato a indovinare l’anno in cui la Gran Bretagna avrebbe fatto domanda per rientrare nell’Ue. Alcuni hanno detto il 2025, altri il 2030 e così via. Tutti credevano che sarebbe avvenuto entro pochi anni. Però come fai a scrivere un romanzo sulla Brexit se non conosci il finale?”. Eppure i partiti europeisti come il Labour e i Lib-dem sembrano avere perso interesse per la questione europea e hanno voltato pagina. Saranno gli intellettuali come lei a tenere accesa la fiamma europeista? “I politici di professione devono riconoscere quando le opinioni degli elettori sono diverse dalle loro. Altrimenti possono abbandonare la politica, che è sempre una scelta legittima. Ma se vuoi continuare a fare del bene, e conseguire i tuoi obiettivi, devi combattere delle battaglie che sai di potere vincere. Al momento non possiamo vincere la battaglia per rientrare nell’Ue quindi dobbiamo metterci l’anima in pace. Prima o poi torneremo, e sono convinto che tra dieci o vent’anni i britannici avranno capito che l’uscita dall’Ue è stato un errore e chiederanno di tornare a farne parte. Vedremo se Bruxelles sarà così sciocca da farci rientrare. Tuttavia, questa battaglia non verrà condotta né dagli intellettuali né dai politici bensì dagli elettori”. 

 

Non crede che al giorno d’oggi molti intellettuali abbiamo paura di alzare la voce per timore di essere criticati? Ci ha colpito la vicenda che ha coinvolto J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter che mesi fa è stata insultata sui social e boicottata per alcuni commenti ritenuti offensivi dalla comunità dei transessuali. “Non sono d’accordo che noi intellettuali abbiamo paura di andare controcorrente. Il fatto è che siamo distanti da molti cittadini dato che la politica degli ultimi anni si è polarizzata sempre di più. E’ difficile trovare un terreno comune tra chi ha votato Leave e Remain in Gran Bretagna oppure tra gli elettori di Donald Trump e Joe Biden in America. Chiunque è contrario all’immigrazione considera tutti gli altri cittadini dei traditori che aprono le porte agli stranieri. La politica è diventata molto emotiva al punto che è difficile avere un dibattito civile con chiunque la pensa diversamente. Il problema è che noi intellettuali non sappiamo fare altro, viviamo per il dibattito razionale. Ma in questi tempi come facciamo a interagire con tanta gente che ha un approccio emotivo alla politica?”. 

 

Molti commentatori di destra accusano voi progressisti di essere ostili al confronto con chiunque non si adegua al pensiero dominante. La sinistra è in parte responsabile della crescente polarizzazione del nostro dibattito pubblico? “Penso che questo sia un problema reale. Una buona parte della nostra vita da intellettuali consiste nell’ascoltare chi la pensa diversamente. Sono contrario alla cancel culture proprio per questo motivo. Ciò che trovo più interessante è leggere un punto di vista ben argomentato ma diverso dal mio. Seguo con grande interesse alcuni opinionisti di destra nonostante sia in disaccordo con tutto ciò che dicono. A volte i loro ragionamenti rivelano le debolezze dei miei argomenti, un esercizio che trovo molto utile. Non appartengo a quel gruppo di persone che hanno paura di offendere gli altri. Penso che sia importante essere educati e cortesi ma non dobbiamo mai annullare gli incontri pubblici per timore di confrontarci con chi la pensa diversamente”. 

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Tuttavia, Follett giustifica in parte i manifestanti ambientalisti di Extinction Rebellion che qualche settimana fa hanno bloccato la distribuzione di alcuni quotidiani appartenenti al gruppo Murdoch e ritenuti negazionisti sul cambiamento climatico. Secondo Follett gli editori dei giornali sono rimasti delusi per le copie invendute più che per la presunta violazione della libertà di stampa. Il gesto “non è stata un’offesa così grave” perché “non si è fatto male nessuno”. “La violenza è la linea rossa che non va mai oltrepassata - spiega lo scrittore - Il problema è che i manifestanti vengono sempre visti come degli scocciatori anche quando si battono per delle cause nobili. E’ successo anche a me nel 68’. Protestavo contro la Guerra in Vietnam nel quartiere di Mayfair e i passanti si lamentavano perché bloccavo il traffico”.

 

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A questo punto Follett racconta un aneddoto storico che rafforza la sua tesi. La Camera dei Comuni britannica è stata progettata in modo che la distanza dai lati opposti dell’Aula fosse superiore alla lunghezza di due spade. “Anni fa era difficile evitare che ci fossero degli episodi di violenza in Parlamento. Oggi abbiamo tante regole, ad esempio non puoi affermare che un deputato sia un bugiardo anche se sta mentendo palesemente. I parlamentari sono obbligati a rivolgersi tra di loro con il titolo di Right Honourable anche quando la loro condotta è poco onorevole. Molti giovani credono che queste regole non siano altro che una messa in scena ma si sbagliano. Questo sistema ti permette di essere in disaccordo con i tuoi colleghi senza diventare offensivo o eccessivamente emotivo”. 

 

Follett è un grande appassionato di politica e uno storico fiancheggiatore del Labour e del suo nuovo leader Keir Starmer. Pensa che la fase populista della sinistra britannica, che ha coinciso con la leadership di Jeremy Corbyn, sia stata archiviata per sempre? “Se fossi credente mi inginocchierei per terra e pregherei affinché ciò sia vero. Corbyn è stato una catastrofe per il Labour e per la sinistra in generale. Non dobbiamo dimenticare che le idee marxiste che hanno animato il corbinismo hanno fallito ovunque sono state applicate: l’Unione sovietica, Cuba, l’Europa dell’est. Questi principi hanno causato solamente repressione, fame e miseria”. Follett si compiace che finalmente soffia un vento nuovo nel Labour. Starmer ha preso le distanze dagli aspetti più radicali del corbinismo e “finora si sta dimostrando un buon leader”. Lo scrittore prova sollievo a essere “tornato in linea con il mio partito” e “potere nuovamente applaudire a ciò che dicono i suoi esponenti”. “E’ stato molto triste dover tenere la bocca chiusa durante la gestione di Corbyn perché non volevo attaccare i miei storici compagni. Questo periodo è stato archiviato e dunque potrò presto tornare a votare per il Labour”. 

 

Guardando al futuro, Follett vede due grandi minacce esistenziali per il suo paese. Primo: l’integrità del Regno Unito verrà messa a dura prova dalla Brexit. “Gli scozzesi non hanno votato per uscire dall’Ue e sono sottoposti alle decisioni degli inglesi. Allo stesso tempo è difficile credere che l’Irlanda del Nord possa continuare a fare parte del Regno Unito. Il governo vuole fare qualcosa di irrealizzabile. Non puoi tenere l’Irlanda del Nord all’interno della Gran Bretagna senza introdurre un confine tra Belfast e Dublino. E’ semplicemente impossibile e i sostenitori della Brexit hanno a lungo ignorato questo problema. Dunque penso che l’uscita della Scozia e dell’Irlanda del Nord sia inevitabile entro i prossimi cinque o dieci anni. Spero che lo stesso non accada al Galles, il mio paese di origine, che è piccolo, povero e in cui la maggior parte dei cittadini parla inglese”. 

 

Il secondo rischio è che la Brexit danneggi per sempre l’immagine globale e cosmopolita della Gran Bretagna. Lo scorso novembre Follett e altri scrittori britannici hanno partecipato al Tour dell’Amicizia recandosi in varie città europee con l’obiettivo di mantenere vivi i legami culturali tra il Regno Unito e il resto del continente. “Il messaggio era quello di invogliare i lettori europei a continuare a comprare i nostri romanzi e viceversa. La cultura britannica è una grande risorsa nazionale; siamo bravi nel teatro, nella musica pop e molti nostri scrittori hanno successo nel resto del mondo. Una volta avvenuta la Brexit sarà molto più difficile mantenere un legame stretto con l’Europa, che ci vedrà come dei provinciali e dei bigotti”.

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