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A Torino, l’Heritage Lab per studiosi e appassionati di ogni età

Fabiana Giacomotti

L'obiettivo è mantenere rapporti con le scuole, anche attraverso l'organizzazione di laboratori, e stringere nuovi legami con enti di ricerca

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Se pensate che tutto il filone letterario del giallo, dei misteri di Parigi di Eugène Sue e delle pietre di luna di Wilkie Collins, è nato perché nei primi dell’Ottocento le città si fanno via via più popolose ma sono ancora male illuminate, e dunque rappresentano non solo il rifugio perfetto per ogni sorta di scrocconi e delinquenti reali, ma anche per accendere l’immaginazione e il timore attorno a quelli fittizi (sul tema scrisse osservazioni imperdibili Giovanni Macchia), capirete perché la costituzione della società del gas, che avvenne a Torino il 12 settembre del 1837 (sì, Italgas festeggia il compleanno oggi), e la prima illuminazione cittadina, che avvenne nel 1840 con “milleseicento fiamme”, venisse salutata da ogni parte come una benedizione.

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Se pensate che tutto il filone letterario del giallo, dei misteri di Parigi di Eugène Sue e delle pietre di luna di Wilkie Collins, è nato perché nei primi dell’Ottocento le città si fanno via via più popolose ma sono ancora male illuminate, e dunque rappresentano non solo il rifugio perfetto per ogni sorta di scrocconi e delinquenti reali, ma anche per accendere l’immaginazione e il timore attorno a quelli fittizi (sul tema scrisse osservazioni imperdibili Giovanni Macchia), capirete perché la costituzione della società del gas, che avvenne a Torino il 12 settembre del 1837 (sì, Italgas festeggia il compleanno oggi), e la prima illuminazione cittadina, che avvenne nel 1840 con “milleseicento fiamme”, venisse salutata da ogni parte come una benedizione.

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Parigi e molte città inglesi erano già rischiarate artificialmente da quasi un ventennio; Milano aveva fatto qualche esperimento in precedenza, a casa Porro Lambertenghi, senza però portare l’opera a compimento; Napoli aveva perso la corsa nel 1817 perché il re Ferdinando I delle Due Sicilie aveva concesso l’autorizzazione all’imprenditore francese sbagliato; i Savoia avevano invece dato ascolto a una compagine capitanata dall’ingegnere Hippolyte Gautier, membro del consiglio di amministrazione della Société du gaz de Lyon, e avevano fatto centro. L’officina, detta di “Porta Nuova”, era stata costruita nei pressi dell’attuale via San Secondo, e i cittadini rassicurati sulla sua sicurezza.

 

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Con le strade rischiarate a gas, diminuivano un po’ le possibilità di essere presi a bastonate e spogliati di tutto, vita compresa, e anche di dover portare con sé una lanterna, che rappresentava una guida ma disgraziatamente anche un richiamo tanto che, si sa, i potenti portavano con sé anche la scorta ma rischiavano lo stesso di fare la fine di Giovanni Borgia: il tempo di uscire di casa ed era già accoppato nel Tevere che dista cinquanta metri. Le lampade a gas accese all’imbrunire nelle strade da quella che sarebbe diventata una figura mitica, il lampionaio, duravano tutta la notte, e non rischiavano di spegnersi al primo soffio di vento come le lanterne a olio coperte di tela cerata che nel 1675 la Madama reale Giovanna Battista di Savoia Nemours aveva ordinato al Consiglio generale di appendere per mezzo di pertiche illuminare le vie della città, imponendo ai cittadini di sorvegliarne il buon funzionamento pena sanzioni e multe.

 

Dai documenti depositati presso l’Archivio di stato di Torino e presso l’Archivio dell’Italgas, che grazie a un accordo con la Fondazione Giorgio Cini sta per dotarsi di uno strepitoso centro studi interattivo, l’Heritage Lab, per studiosi e appassionati di ogni età e che sono molti di più di quanto si creda, si scopre che i sudditi dei Savoia erano parecchio restii a farsi garanti della pubblica illuminazione, per cui esposti e proteste andarono avanti appunto fino all’adozione di un corpo di guardia deputato e poi finalmente degli impianti.

 

La prima società del gas (anzi, gaz, come si scriveva all’epoca, in trascrizione fonetica del sostantivo greco χάος che pare sia all’origine del nome per volontà del suo scopritore, il chimico fiammingo Jean Baptiste van Helmont, che ne descrisse le proprietà e gli effetti in un libro del 1630 di cui l’archivio Italgas possiede miracolosa copia) nasce dunque dalle parti di Borgo Dora, non lontanissimo dall’edificio dove oggi il team di Italgas sta approntando con il contributo dell’istituzione presieduta da Giovanni Bazoli la nuova disposizione delle sale di studio e consultazione, compreso un piccolo anfiteatro esterno, destinato a conferenze e ad attività con i più piccoli. Appena terminata l’emergenza pandemica, dicono, “il nuovo Lab conta di mantenere ed estendere i contatti con le scuole di ogni grado in tutta Italia, puntando anche su una serie di laboratori che, una volta acquisite le competenze di base, verranno poi sviluppate su tematiche specifiche dalla sostenibilità, alla corretta gestione dei consumi e alle fonti energetiche”.

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Capire il valore del gas è utile anche per non sprecare acqua calda, in senso proprio e figurato. In Italgas vorrebbero anche stringere nuovi legami con enti di ricerca: “Vorremmo che la nuova realtà diventasse un punto di riferimento territoriale per chi si interessa della ricerca storica, sociale e economica dell’Italia e per quanti si stanno cimentando nella digitalizzazione dei documenti e soprattutto nell’estrazione e gestione di dati”. Per la scannerizzazione delle mappe più grandi, è in via di sperimentazione un apparecchio unico, mentre gli altri dispositivi adottati grazie al sostegno e alla consulenza della Fondazione Cini consentono l’acquisizione di circa 22 mila documenti a settimana recto/verso, velocità molto utile quando si possiede oltre un chilometro lineare di fogli per 6 mila volumi, 35 mila fotografie e stampe e 350 apparecchiature d’epoca giudicate di interesse nazionale. La mappa più antica riguarda il primo sfruttamento delle risorse idriche della città, risale al tredicesimo secolo ed è ancora fonte di analisi da parte dei paleografi.

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