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Fuorimano

Umanesimo e religione

Francesco Stocchi

L’unicità della Biblioteca Malatestiana di Cesena, luogo di sintesi tra conoscenza e credenza

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Elephas indus culices non timet si legge sul timpano del portale, entrando nella Biblioteca Malatestiana di Cesena – l’elefante indiano non teme le zanzare. Nella lettura eroico-umanistica, “chi è forte non si cura delle meschinità e delle piccinerie tipiche dei deboli”, in una lettura più terrena, una guerra di vicinato: l’elefante, emblema della famiglia Malatesta, non teme il tradizionale nemico, i Da Polenta di Ravenna, città infestata dai fastidiosi insetti (si consiglia la rilettura della favola di Esopo del leone e dell’elefante, per filosofeggiare sul rapporto tra forza e paura). Lo stemma compare oggi anche sui bancomat della Banca di Cesena e racconta quanto gli scopi personali, se condotti con sapienza, possono operare a vantaggio del bene comune.

    

La biblioteca Malatestiana, costruita tra il 1447 e il 1452 a seguito del celebre Tempio Malatestiano – “forse l’unico monumento che abbia la possibilità e quasi il diritto di porsi a emblema stesso del Rinascimento” (Brandi) – è l’unica biblioteca al mondo di tipo umanistico-conventuale, che fonde quindi princìpi umanistici con un’architettura riservata agli edifici religiosi. Realizzata presso il Monastero francescano con lo scopo di dare una sistemazione ai preziosi codici conservati dai frati, è significativa per essere la prima biblioteca civica d’Europa, cioè appartenente al comune piuttosto che alla chiesa o a una nobile famiglia (motivo per il quale la collezione non fu dispersa come molte biblioteche private o monastiche). Sono due le chiavi necessarie per aprirla: una di un monaco francescano, direttore del monastero, l’altra conservata dal Consiglio degli anziani, a nome della comunità di Cesena: i monaci si occupavano dei libri, ma la città li possedeva e ne garantiva l’accesso al pubblico. Costruita da Matteo Nuti, prediletto allievo di Leon Battista Alberti, per volere dell’aristocratico locale Malatesta Novello, la Biblioteca Malatestiana è riconosciuta come l’unica biblioteca umanista al mondo i cui edifici, arredi e raccolta libraria sono integralmente e perfettamente conservati.

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L’esterno è austero, di quelli che non vogliono richiamare facili entusiasmi o visite pigre: un edificio color pesca a due piani sul bordo di una piccola piazza che funge principalmente da parcheggio. Un’architettura semplice al mero servizio della sua funzione: varcando il portale di noce scuro finemente intagliato si percepisce il senso sacro del sapere pubblico. Si accede nell’aula di Nuti a forma rettangolare, con due navate laterali; l’atmosfera è sobria e solenne, sembra di trovarsi in una piccola chiesa più che in una biblioteca, una biblioteca allo stesso tempo signorile e pubblica, animata dal sacro della sapienza. Un patrimonio di 400.000 volumi, miniature rarissime, incunaboli, manoscritti, preziosi codici (nel XV secolo, un tale codice avrebbe avuto lo stesso valore di una casa di campagna, con tutto il suo bestiame), cartine geografiche e il più piccolo libro leggibile a occhio nudo del mondo. I libri sono disposti su banchi di legno, le copertine sono in legno rilegato in pelle, con borchie in metallo in modo che la pelle non si sfreghi sullo scaffale. Il rosone circolare è rivolto a est, lungo le pareti sud e nord sono presenti numerose finestre ad arco in stile veneziano. I vetri sono costituiti da fondi di bottiglia circolari sfumati di rosa e verde, che fungono da lenti per ingrandire e irradiare la luce su ogni fila di scrivanie. Grazie all’ottima illuminazione, la biblioteca era una delle prime in cui i libri potevano essere letti nella stessa stanza in cui erano conservati. Un microclima unico, non riscaldato e con circolazione d’aria dal soffitto a volta, ha protetto i libri nei secoli. Il manoscritto più antico è del VII secolo, l’“Etymologiae” di Sant’Isidoro, che sarebbe il riassunto della conoscenza universale, accompagnato da molti classici in greco, latino ed ebraico. Il soffitto verde è del colore dei chirurghi, a indicare il grande contributo dei libri di medicina, con le colonne bianche e il pavimento in mattoni rossi forma i colori della bandiera italiana. La sobrietà si trasforma improvvisamente in solenne eccentricità, un’installazione (pop?) dove il contrasto di opposti si abbraccia e trova sintesi, autorità e libertà, conoscenza e credenza, paganesimo e cristianesimo.

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