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Camillo e Corrado nell'Italia del vino

Lo strano odio dei pugliesi per il loro stesso vino e le fantasie eno-geopolitiche

Camillo Langone e Corrado Beldì

Lo strano caso della Puglia, prima regione italiana per produzione ma quart'ultima per consumi. Urge riequlibrio

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Corrado, nei giorni scorsi sono stato al sud, anzi nel Regno di Napoli, anzi in Terra di Bari. Come sempre accade (non mi ci abituerò mai) sono rimasto turbato e rattristato dall’odio dei pugliesi per il vino pugliese. Ho vari raccapriccianti episodi da raccontarti. Mi sembra che i sardi siano più orgogliosi dei loro vini, quasi quanto i piemontesi…

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Corrado, nei giorni scorsi sono stato al sud, anzi nel Regno di Napoli, anzi in Terra di Bari. Come sempre accade (non mi ci abituerò mai) sono rimasto turbato e rattristato dall’odio dei pugliesi per il vino pugliese. Ho vari raccapriccianti episodi da raccontarti. Mi sembra che i sardi siano più orgogliosi dei loro vini, quasi quanto i piemontesi…

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Camillo, nelle mie fantasie geopolitiche stavo pensando che il Regno di Sardegna, se ci fosse ancora, sarebbe di certo la miglior nazione al mondo in quanto a produzione vinicola. Vuoi mettere uno stato che produce Grignolino e Dolcetto, Barbera, Barbaresco e Barolo e i tanti Nebbiolo dell’Alto Piemonte, i Boca e Gattinara, per non parlare degli Erbaluce e degli Arneis e poi l’Ayse dell’Alta Savoia e i profumatissimi Marignan del Lemano e i Chasselas di Seyssel e poi Pigato e Rossese delle terre liguri, Lumassina e Albarola fino al Braquet delle colline di Nizza, oltre alle delizie sarde di cui ti narro in questi giorni? Camillo, una squadra così sarebbe come innestare il Brasile di Pelé nell’Olanda di Cruijff e metterci a centrocampo Maradona.

 

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Io non mi permetto grandi fantasie geopolitiche, forse perché constato quotidianamente la piccolezza, per non dire la miseria, di questa realtà enoantropologica. Pensa che in un’enoteca sul porto di Trani il titolare ha redarguito a voce alta la cameriera perché ci aveva dato un tavolo nonostante non bevessimo champagne: chi beve vino meridionale deve stare sullo sgabello, scomodo, in serie B. Pensa che in un ristorante sul lungomare il tipo ci ha aperto a tradimento una bottiglia di Sauternes: nella città del Moscato di Trani! Pensa che in una vineria sull’extramurale è la seconda volta che i vini pugliesi risultano finiti: come se in una vineria di Alba ti dicessero ogni volta che i vini piemontesi sono finiti…

 

Camillo, oggi stavo attraversando la piana sopra Chilivani che sembra un paesaggio da cowboy, infatti ci han girato un bel po’ di spaghetti western. Non vedevo una vigna da due ore, tutto attorno solo vaste praterie e alberi sparsi e il nulla a perdita d’occhio, insomma ero in uno di quei posti dove penseresti di non poter mai incrociare un cristiano e invece a un certo punto in cima a un poggio è apparsa una cattedrale nel deserto. Era Sant’Antioco di Bisarcio, abbazia cistercense costruita da un architetto borgognone su terreni donati a Bernardo di Clairvaux ai tempi del giudicato di Torres e allora mi sono chiesto cosa bevessero quei poveri frati se tutto intorno non c’è neanche una vigna, forse facevano arrivare del vino dalle terre di Borgogna?

 

Qui invece, da Lesina a Leuca, il problema delle vigne non esiste. I dati Istat dell’ultima vendemmia, 2019, dicono che la Puglia per quanto riguarda la produzione di vino è la prima regione italiana, davanti al Veneto e all’Emilia-Romagna. Per quanto riguarda i consumi la classifica è quasi capovolta, la Puglia arriva quart’ultima (ultima la Sicilia). Io cerco di tirar su la media andando da Nicola Di Lernia alla Bottega del Vino per farmi stappare il Calcarius Rosa Puglia: un negramaro come l’ho sempre desiderato ossia rosa, fresco, melogranoso, minerale, e munito di tappo a corona (conosci la mia predilezione per questo tipo di tappo: sono un ragazzo pratico).

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