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“Un romanzo non cambia la storia, ma i suoi lettori sì”. Parla Leila Slimani

Chiara Clausi

Intervista all’autrice de “Il paese degli altri”

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Un viaggio, una vita nel paese degli altri, è l’avventura di Mathilde, alsaziana libera e ribelle che segue per amore, nel Marocco profondo, il suo bel Amin, ombroso, ancestrale, impulsivo. Il nuovo libro della scrittrice premio Goncourt Leila Slimani si intitola così, Il Paese degli altri, il primo di una trilogia, ed è edito per la prima volta in Italia dalla nave di Teseo. Come ci ha abituato Slimani, è un’occasione per indagare sull’incontro di due mondi, oltre i cliché. Il Marocco ci appare vitale, bagnato dal sole, feroce. Ma poi il romanzo ci conduce oltre il Marocco letterario nella sua natura più vera. “Quando lascia l’Alsazia, Mathilde ha una visione molto romantica e idealizzata del Marocco. Come molte persone di quel tempo, immaginava il mondo delle colonie come uno spazio di avventura e piacere, un luogo immerso nel sole dove poteva avere una vita facile. Scoprirà invece una terra arida e dura. Un paese sotto il dominio coloniale e in cui le relazioni tra i popoli e tra i sessi sono molto violente”, dice in questa intervista al Foglio Leila Slimani.

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Un viaggio, una vita nel paese degli altri, è l’avventura di Mathilde, alsaziana libera e ribelle che segue per amore, nel Marocco profondo, il suo bel Amin, ombroso, ancestrale, impulsivo. Il nuovo libro della scrittrice premio Goncourt Leila Slimani si intitola così, Il Paese degli altri, il primo di una trilogia, ed è edito per la prima volta in Italia dalla nave di Teseo. Come ci ha abituato Slimani, è un’occasione per indagare sull’incontro di due mondi, oltre i cliché. Il Marocco ci appare vitale, bagnato dal sole, feroce. Ma poi il romanzo ci conduce oltre il Marocco letterario nella sua natura più vera. “Quando lascia l’Alsazia, Mathilde ha una visione molto romantica e idealizzata del Marocco. Come molte persone di quel tempo, immaginava il mondo delle colonie come uno spazio di avventura e piacere, un luogo immerso nel sole dove poteva avere una vita facile. Scoprirà invece una terra arida e dura. Un paese sotto il dominio coloniale e in cui le relazioni tra i popoli e tra i sessi sono molto violente”, dice in questa intervista al Foglio Leila Slimani.

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C’è sempre una distanza tra ciò che immaginiamo e la realtà delle cose. Siamo tra gli Anni Quaranta e Cinquanta. “A quel tempo, in Europa, le colonie erano elogiate come luoghi di avventura, luoghi in cui uomini virili e coraggiosi potevano esercitare la loro forza e il loro dominio – precisa la scrittrice. Si invitano così i pionieri a stabilirsi lì, dicendo loro che sfuggiranno all’ideale borghese e potranno perseguire il loro desiderio di avventura”. Ma la realtà è più potente. Tra Mathilde e Amin si apre una voragine. I loro due mondi diventano incomunicabili. Cosa è necessario per una comprensione reciproca? “Ciò che è certo è che abbiamo bisogno di molto amore per superare queste prove. Ma è anche necessario scoprire dove si trovano i nostri limiti: fin dove sono in grado di arrivare per l’altro, e da quale momento, anche se i sacrifici che faccio mi fanno soffrire o mi danno l'impressione di perdere me stesso”.

     

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E’ in parte ciò che sta accadendo tra occidente e mondo islamico, sempre più distanti. “Non credo che queste due entità esistano in modo così chiaro – ribatte. Cos’è l’occidente? Stati Uniti? Francia? Polonia? E per quanto riguarda il mondo islamico, l’Arabia Saudita è la stessa cosa del Marocco? Credo che il Mediterraneo sia uno spazio comune, un luogo di civiltà cui dobbiamo dirigere le nostre energie e che dobbiamo riscoprire. Non siamo destinati a scontrarci, al contrario”. Ma il medio oriente spesso significa anche regimi liberticidi e autocratici. La cultura dell’illuminismo può essere un antidoto assieme alla forza della penna, più potente della spada. “Credo che la cultura universalista dell’illuminismo sia fondamentale perché permette a ogni uomo e ogni donna di rivendicare diritti universali, al di fuori della loro cultura di origine o della loro religione. E sì, la penna è più potente della spada, l’educazione è il modo migliore per consentire agli individui di emanciparsi e combattere per la democrazia e viverne insieme”. Allora dobbiamo combattere il compromesso? “Credo che non dobbiamo mai arrenderci nei confronti di coloro che calpestano la dignità umana. Per quanto riguarda alcuni regimi, che uccidono gli avversari e lapidano i condannati a morte, dobbiamo assolutamente alzarci e combatterli, con forza”. Poi c’è il pericolo del relativismo culturale in voga in alcuni ambienti intellettuali. “Esiste una forma di razzismo nel fatto di considerare che non tutti hanno accesso all’universale. Naturalmente, ogni cultura è diversa e per questo deve essere rispettata. La libertà, l’uguaglianza, la giustizia sono valori che tutti dovrebbero poter rivendicare indipendentemente dalla religione o dal colore della pelle”.

    

Riguardo alla potenza delle letteratura, Leila Slimani non ha dubbi. “Non so se un romanzo da solo possa cambiare il corso della storia, ma penso che i lettori del romanzo possano farlo. Un romanzo può improvvisamente aprire una realtà che non conoscevi, può risvegliare in te il desiderio di combattere o di esprimerti”. Per quanto riguarda l’importanza del coraggio la scrittrice crede che “ciò che conta sia essere all'altezza delle proprie convinzioni”. Poi puntualizza sul suo mestiere: “Per un romanziere, niente è più importante dei dettagli. E’ qui che si annidano il significato o le ambiguità. Anche il male può nascondersi sotto apparenze molto belle”. Ma la letteratura nell’epoca materialista in cui viviamo serve ancora a qualcosa? “Se la letteratura è utile per qualcosa, è precisamente la sua capacità di metterci al posto dell'altro. Guardare gli esseri umani con una certa indulgenza, una certa tenerezza. Non giudicarli. Amiamo, desideriamo, abbiamo paura, ci sentiamo soli tutti allo stesso modo”.

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