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Mariarosa Mancuso

Un film che vuole fare assomigliare la vita della Jackson a un suo romanzo. Da brividi, come gli altri libri

“Brindiamo alle nostre sofferenze, mia cara”, propone lui. “Non c’è abbastanza scotch al mondo”, risponde lei. Battuta da “Chi ha paura di Virginia Woolf?”, il primo film di Mike Nichols. Su un solido copione: il dramma di Edward Albee era diventato un classico di Broadway (la scrittrice c’entra per via dell’ambiente universitario, e c’è la rima con “Who’s afraid of the big bad wolf?”, chi ha paura del lupo cattivo?). I più spettacolari litigi coniugali nella storia del cinema, molto prima della “Guerra dei Roses”, con due attori che litigavano (e bevevano) anche nella vita.

 

Paiono le sofferenze matrimoniali e universitarie (compreso il capitolo “studentesse”) di quel film, ambientato da qualche parte nel New England. Sono invece le sofferenze matrimoniali e universitarie della coppia Shirley Jackson e del consorte Stanley Hyman, professore universitario nel Vermont. Così come le racconta il film “Shirley” di Josephine Decker, tratto da un romanzo che con la scrittrice della “Lotteria” si prende molte libertà (la vampira – giusto per evitarla – si chiama Susan Scarf Merrell, il film era al Sundance e ora su Hulu, solo in Usa).

 

Per cominciare toglie di mezzo i figli di Shirley Jackson, che erano quattro e che ricordano, oltre al ticchettio della macchina per scrivere, i biscotti al cioccolato sfornati dalla mamma. E’ sempre da “Chi ha paura di Virginia Woolf” che tutto discende: i figli lì non c’erano, e se c’erano erano inventati. Non mancavano biografie, da cui trarre ispirazione. Ma qui il progetto è più audace e dissennato. Fare assomigliare la vita di Shirley Jackson a una storia di Shirley Jackson. In particolare, al romanzo “Hangsaman”, che racconta la sparizione di una ragazza, al college (Adelphi lo tradurrà prossimamente, come gli altri libri della scrittrice).

 

 

Intanto, se già non avete assaporato i brividi, ci sono “La lotteria” o “L’incubo di Hill House” – da leggere, la serie su Netflix era parecchio diversa e si perdeva il meglio: una banda di scettici in una casa stregata. C’è “Paranoia”, dove Shirley Jackson racconta la cucina più spassosa del mondo, dove il forchettone litiga con le altre posate, e lo straccio fa il timido (ovviamente, nessuna parafrasi o sunto rende la folle idea, esposta con puntiglioso realismo). E su tutti “La lotteria”, anche in versione graphic novel disegnata dal nipote Miles Hyman.

 

“Chi ha paura di Virginia Woolf?” fornisce anche l’altra coppia. Nel film, il giovane assistente universitario Fred e la moglie Rose, accolti in casa Jackson. Dove subito si capisce che c’è qualcosa di strano, forse stregonesco. I maschi stanno fuori a corteggiare le studentesse, le donne stanno in casa a farsi confidenze. Non importa quanto una scrittrice (ma vale anche per i maschi) sia brava. Al cinema sarà sempre una che prima vive le cose e poi le scrive. Lo hanno fatto a Shakespeare e a Jane Austen, quindi è in eletta compagnia. Ma sarebbe ora di piantarla. Anche di dare a Elizabeth Moss – qui con gli occhiali di Shirley – la parte della maltrattata.

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