Il segreto di Trieste
L’arte e la letteratura del Novecento gravitavano attorno a una casa, sul colle di San Vito. L’eredità dei Malabotta e i testimoni di un tempo
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Superata la soglia si veniva accolti da sorridenti fanciulle. Una porgeva una tazzina di caffè. Era il benvenuto di quattro giovani garrule in forma di dipinto che allietavano il vano d’ingresso. Quattro tele del Settecento veneziano. Poi, nel luminescente salotto, l’attenzione era fulminata da un grande ritratto. Dalla parete di fondo dominavano, con sfrontato distacco, i lineamenti di un ragazzotto abbrustolito dalla propria ambiguità: Allegro, uno tra le più singolari opere di De Pisis. “E’ stato dipinto a Rimini nel 1940. Ritrae un ragazzo dagli occhi verdi che De Pisis aveva conosciuto sulla spiaggia. Mio marito lo acquistò da Giovanni Comisso che, confessò, lo cedeva perché non era riuscito ad adeguarsi allo sguardo indagatore di quel ragazzo”. Franca Malabotta raccontava con vitale naturalezza, come fosse la storia più normale, le vicende dei dipinti che arredavano la sua casa: non una raccolta esito di collezionismo ostinato e bizzarro, ma la storia di una vita.
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