PUBBLICITÁ

“Alla fine dell’Europa”

Micol Flammini

Non c’è un popolo diverso dall’altro, il virus non si vince con la lotta tra clan. Parla Olivier Guez

PUBBLICITÁ

Roma. Il coronavirus, il male invisibile ma letale, che non vediamo ma sentiamo eccome, ci sta mettendo davanti a tutti i nostri limiti. Che sono limiti storici, politici, ma anche dell’umanità. Ognuno di noi la vive come può questa quarantena senza spazio né tempo, Olivier Guez, scrittore e intellettuale francese (l’ultimo suo libro pubblicato in italiano è Elogio della finta, Neri Pozza), la vive in Bretagna, “alla fine dell’Europa”, dove non c’è nessuno, soltanto spiagge vuote. “Stiamo conoscendo uno scenario folle – dice al Foglio – In tre mesi abbiamo visto il mondo chiudersi e confinarsi, l’umanità all’improvviso ha perso ogni certezza, anche su quanto vale la propria vita”. Dovremmo fermarci e aspettare, dice Guez, “alla fine di questa emergenza avremo sperimentato molte cose nuove, anche l’ipervulnerabilità di noi stessi e del nostro sistema”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Il coronavirus, il male invisibile ma letale, che non vediamo ma sentiamo eccome, ci sta mettendo davanti a tutti i nostri limiti. Che sono limiti storici, politici, ma anche dell’umanità. Ognuno di noi la vive come può questa quarantena senza spazio né tempo, Olivier Guez, scrittore e intellettuale francese (l’ultimo suo libro pubblicato in italiano è Elogio della finta, Neri Pozza), la vive in Bretagna, “alla fine dell’Europa”, dove non c’è nessuno, soltanto spiagge vuote. “Stiamo conoscendo uno scenario folle – dice al Foglio – In tre mesi abbiamo visto il mondo chiudersi e confinarsi, l’umanità all’improvviso ha perso ogni certezza, anche su quanto vale la propria vita”. Dovremmo fermarci e aspettare, dice Guez, “alla fine di questa emergenza avremo sperimentato molte cose nuove, anche l’ipervulnerabilità di noi stessi e del nostro sistema”.

PUBBLICITÁ

 

L’Italia, vista dalla Francia, sembra vivere un risveglio, il risveglio di un popolo che ha cercato i suoi rituali in questa situazione anormale, i canti, i balconi, ma anche una sua responsabilità nel rispettare le misure sanitarie, straordinarie ma indispensabili, da seguire nel nome di un interesse comune. L’Italia è stata la prima in Europa, ma gli altri che hanno osservato da fuori la situazione hanno aspettato nel prendere le stesse misure imposte dal governo Conte. Ogni governo ha i suoi cittadini e, pensando di poter far leva sul senso di responsabilità del proprio popolo, i leader si sono dimostrati poco inclini a seguire il modello italiano. Quasi esistesse altrove, in Germania, in Francia, in Gran Bretagna, nei Paesi Bassi, un senso della responsabilità superiore, un rispetto della collettività impraticabile in Italia. In un’intervista allo Spiegel, il capo della cancelleria federale Helge Braun ha detto che questo fine settimana in Germania sarà cruciale: il governo osserverà come si comportano i tedeschi e se ci sarà troppa confusione allora verrà imposto il lockdown. Mercoledì, durante il suo discorso alla nazione Angela Merkel ha chiesto ai tedeschi di essere responsabili. Ci si cura con la distanza, ognuno per conto suo ma per fare un bene a tutti. L’Italia l’ha già sperimentato, ma Berlino crede che potrebbe non essere necessario arrivare al lockdown: basta osservare i cittadini, dice. Anche la Francia ha perso del tempo prima di accettare che il modello a cui tutti si riferiscono come “modello italiano”, ma che sta diventando quello di tutti, doveva essere adottato anche dall’Eliseo. “Le immagini di Parigi mi hanno scioccato, persone ovunque, insieme. Credo che la gente rifiuti di vedere la letalità di questa situazione. Non hanno voluto guardare a quello che è successo in Cina, neanche io mi ero interessato troppo. Il mio sguardo però è cambiato quando ho visto che stava succedendo anche in Italia, allora ho capito che sarebbe accaduto in tutta Europa. Per la maggior parte dei francesi però non è stato così, anche l’Italia deve essere sembrata lontana. Ancora oggi non credono che il modo in cui ci comportiamo sia fondamentale. La Francia è stata egoista e individualista”. Tutto l’egoismo della nostra umanità, dice Guez, sta venendo fuori con questa pandemia. La follia straordinaria di questo momento “sta nel fatto che per la prima volta è toccato a tutti, tutti insieme, è la prima volta, dopo anni, che ci troviamo tutti davanti alla stessa identica situazione”. Italiani, francesi, tedeschi, europei e non. Eppure ognuno vuole rivendicare l’eccezionalità del suo popolo, senza riconoscere l’universalità di quello che sta accadendo. “E’ un momento storico”, ci sarà un prima e ci sarà un dopo. “Fermiamoci, questo è il tempo della riflessione”, per tutti.

 

PUBBLICITÁ

I cittadini, le nazioni, l’Europa, ognuno ha dimostrato le sue debolezze durante questa crisi, che è appena cominciata. Per Olivier Guez sta venendo fuori un fenomeno di più grande ampiezza e che ha a che fare con l’appartenenza. Tra paesi europei, gli stati membri non in difficoltà hanno fatto fatica ad accettare che si dovesse intervenire per aiutare i più colpiti. Ma anche tra cittadini. “Senza senso di appartenenza a una famiglia, a una comunità, a un clan, non può esserci solidarietà. Ogni paese ha reagito a sé”. Guez parla di lotta tra clan “che si vede nel piccolo e nel grande. Vediamo i giovani che continuano a uscire perché pensano a proteggere il loro di clan senza curarsi dell’altro, quello dei vulnerabili”. E’ una crisi e a partire dalle crisi si cambia. E’ stata anche la rivincita dei competenti, “a livello di leadership globale abbiamo visto quanto limitati fossero i leader mondiali”.

 

Al dopo è troppo presto per pensarci. Meglio fissare questo momento, storico per tutti, che per tutto il mondo, dice Olivier Guez, non è altro che “un richiamo all’ordine”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ