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Babbo Natale c'è

Antonio Gurrado

Il panzone di Rovaniemi va in pensione: l’etica è ormai tramontata. Il nuovo libro di Saverio Raimondo

Se Saverio Raimondo si fosse presentato dal suo editore dicendo che voleva scrivere di ontologia, di fede e di etica, probabilmente avrebbe ricevuto una risposta interlocutoria. Allora ha optato per un libro su Babbo Natale, così da affrontare clandestinamente gli stessi argomenti – facendo ridere i lettori dalla prima all’ultima pagina. Sin dal titolo “Io esisto. Babbo Natale vuota il sacco” (DeA Planeta) risulta problematico: cosa accadrebbe se il panzone di Rovaniemi rispondesse alle letterine ricevute dai bambini di tutto il mondo, arretrati compresi?

 

Anzitutto ci richiamerebbe alla responsabilità individuale. Quando scrivevamo a Babbo Natale, volevamo dimostrare di essere stati abbastanza buoni da ricevere ciò che desideravamo. Praticavamo un’etica in cui ci facevamo carico delle nostre azioni – con piccole ipocrisie od opportune dimenticanze – e presupponevamo un sistema in cui a esse corrispondessero ricompense o punizioni. Il Babbo Natale di Saverio Raimondo va in pensione, smette di portare regali, perché l’etica è tramontata. La letterina annuale, spiega, era un tentativo di “espressione personale e confronto con l’esterno, imparando a fare scelte e a dare priorità; insegnava a raccontarsi in modo sincero e obiettivo, e con un fine utilitaristico che poneva un argine a eventuali derive egotiche e narcisistiche”. Oggi l’argine non c’è più: i social costituiscono una narrazione continuativa di sé priva di gerarchia e criterio, quindi pretendiamo qualcuno che soddisfi qualsiasi esigenza o capriccio in qualsiasi momento. Basta Babbo Natale, arriva Amazon.

 

Saverio Raimondo è giovane e pimpante ma è giusto che Babbo Natale sia un vecchio barbogio. Saggio, come dimostra il suo odio per i bambini, che “lacerano e spappolano i corpi delle donne che li partoriscono, spengono la passione delle coppie, causano insonnie, tensioni e litigi”; inoltre, aggiunge, sono tutti stronzi. Sembra di sentire l’immortale Philip Larkin che quarant’anni fa scandalizzò i lettori dell’Observer dichiarando: “I bambini sono orribili, nevvero? Sono degli egoisti, rumorosi, crudeli, volgari piccoli selvaggi”. Saverio Raimondo vive a Roma quindi deve amare l’affollamento, mentre Babbo Natale isolato in Finlandia ha colto il segreto della misantropia: i bambini sono odiosi e gli adulti sono bambini cresciuti.

 

Spedita la letterina, ricevuto il regalo, ciò che ci tormentava non era la scoperta che Babbo Natale non esistesse ma, molto peggio, il dubbio che potesse non esistere. Saverio Raimondo è ancora giovane ma Babbo Natale ha visto infinite generazioni; può quindi certificare che per lui ormai è finita non perché i bambini non ci credono più, ma perché non dubitano più. Credono all’inesistenza di Babbo Natale con la stessa protervia con cui i loro genitori “abboccano alle più surreali fesserie”, l’omeopatia, l’antivaccinismo, il terrapiattismo, la post-verità. Non c’è spazio per il dubbio se tutti sono convinti di avere ragione; e, senza il rovello del dubbio, non ci può essere fede, che sia per Babbo Natale o per Dio o per qualsiasi cosa di cui non abbiamo una riprova meno diretta dell’averlo letto su Facebook.

 

E qui arriva il cardine del libro, la dimostrazione dell’esistenza di Babbo Natale, sfacciatamente annunciata nel titolo. Saverio Raimondo è laureato al Dams, ma Babbo Natale ha liberi undici mesi all’anno e si diletta di meccanica quantistica. Spiega quindi a una bambina petulante come fa a viaggiare in tutto il mondo in una sola notte: “Opero in un multiverso al di fuori del nostro spaziotempo, cioè infiniti universi, ciascuno duplicato o duplicabile, a loro volta infiniti. Ciò mi consente di visitare le case di tutti i bambini contemporaneamente. E contemporaneamente di starmene qui fermo in poltrona. E contemporaneamente di non esistere. E contemporaneamente nemmeno tu esisti”. E’ il Babbo Natale di Schroedinger. Questa condizione ontologica ambigua, spiega, gli ha fatto venire in mente l’idea del libro: in effetti gli italiani corrono in massa a comprare i libri di Elena Ferrante, che non solo non esiste ma nemmeno porta regali.

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