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Indovina chi viene a Cenacolo. Le mosse a sorpresa di Bonisoli (e la Lega)

Maurizio Crippa

Gran cambi di rotta del ministro 5 stelle. Nascerà una Super Brera?

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Ultime notizie dalla crisi politica più pazza del mondo. Ma anche dal paese, artisticamente parlando, più bello del mondo. Con una serie di repentine, impreviste, mosse del cavallo, il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, tecnico in quota Cinque stelle, ha messo a segno alcuni risultati (per quanto in parte ancora ipotetici: tutto, in Italia in queste ore, è appeso all’esito della Grande Crisi) interessanti. E che modificano di molto, potenzialmente, la prospettiva con cui ha guidato fino a una settimana fa il Mibac. Partiamo dall’ultima sorpresa, annunciata ieri da vari giornali (ma pare che nemmeno i diretti interessati, all’indirizzo della Pinacoteca di Brera a Milano, ne sapessero nulla). Trattasi di un decreto attuativo della riforma dei Beni culturali – che Bonisoli è riuscito a piazzare in Gazzetta ufficiale, il che lo rende uno dei pochi ministri del governo gialloverde ad aver portato a casa un risultato legislativo vero) in cui si dice che il Cenacolo vinciano, gioiello internazionale e ad oggi affidato alle cure del Polo museale regionale della Lombardia, passerà sotto la gestione di Brera: museo nazionale dotato di autonomia.

 

La cosa non è banale, e non solo per il prestigio. Con oltre 400 mila visitatori all’anno, il Cenacolo è anche un “bancomat” del sistema museale lombardo. Ora, se tutto procederà come da decreto, la Pinacoteca di Brera, in gran spolvero dopo l’ammodernamento e con la sua crescita a oltre 400 mila visitatori, si avvierà a diventare un museo di importanza internazionale. E c’è di più. Qualche giorno prima, sempre a sorpresa e di fatto contraddicendo la linea seguita dalla Sovrintendenza di Milano, Bonisoli aveva accolto le proposte di modifiche per Palazzo Citterio, futuro Brera Modern, chieste dal direttore della pinacoteca, James Bradburne. Brera aveva ringraziato per la lungimirante decisione. Il nuovo polo sarà pronto nel 2021. Ciliegina sulla torta, in un comma del decreto che sposta il Cenacolo, si legge pure che la Biblioteca Braidense, altro gioiello, che qualche mese prima il Mibac di Bonisoli aveva sottratto al complesso di Brera, resterà nel polo del museo. Unendo tutti i trattini, chiunque sarà il futuro direttore di Brera (la conferma di Bradburne è ancora un mistero, per quanto gli accadimenti sembrino indicare la via della realizzazione del suo “sogno” di una Grande Brera) si troverà a gestire un museo di standard e qualità mondiale da un milione di visite, con Leonardo come fiore all’occhiello. E se tanto ci da tanto, con i necessari poteri di autonomia. Tutto bene così? Non esattamente. L’assessore alla Cultura con delega all’Autonomia della regione, il prof. Stefano Bruno Galli, quota Lega, si è stupito e inalberato: spostare il Cenacolo sotto gestione nazionale (Brera) è esattamente il contrario del suo (leghista) progetto di Autonomia, che prevede anche il controllo regionale dei Beni culturali. Galli si è chiesto “la ratio di questa operazione”, non trovandola per niente.

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Per trovare la ratio, infatti bisogna cambiare prospettiva. Passare (con qualche periodo ipotetico) alla politica. Sono successe alcune cosucce. Al Mibac è andato in pensione l’onnipotente direttore generale Gino Famiglietti, referente del “partito culturale” super statalista facente capo a Salvatore Settis e Tomaso Montanari, che aveva spinto per una controriforma che prosciugasse le autonomie dei grandi musei volute da Franceschini (che è pur sempre del Pd). Sembra di capire che Bonisoli, liberato dalla tutela ideologica, abbia rivisto qualche scelta: almeno su Milano, ma anche su Napoli, dove, dichiarazione di ieri, intende potenziare Capodimonte fino a farne un “Central Park” italiano dell’arte. Secondo: la rottura tra i due partiti di governo sembra aver dato agio a Bonisoli di tirare un calcio negli stinchi alla Lega, dove più fa male: l’autonomia dei Beni culturali. Inoltre, Bonisoli ha il problema di chiudere in fretta il maggior numero di decreti attuativi della sua riforma (lotta contro il tempo, ma il tempo è nelle mani di altri, in Parlamento), pena il rischio che la sua riforma resti poi, con un altro governo o la fine della legislatura, lettera morta pronta a futuri smontaggi (capitò a Franceschini, capitò alla Buona scuola). Per ora ha blindato la soppressione dell’autonomia all’Accademia di Firenze e al Museo etrusco di Villa Giulia, e i nuovi direttorati centrali. E ha anche annunciato che il museo del design a Milano si farà. Poi, le mosse su Milano. Guardando da vicino, linee un po’ contraddittorie. Se non nel senso che Bonisoli sta provando a mettere al sicuro “per lo stato” parti dei Beni culturali che un governo leghista, o di altro indirizzo, potrebbero destinare altrimenti. Ma non è tutto. Le mosse del milanese Bonisoli a Milano (intesa la città: Brera non si è ancora espressa) sono state accolte positivamente. E, in generale, gli consentono di smarcarsi da una linea intransigentista-statalista targata Cinque stelle che – chi lo sa? – presto potrebbe non andar più di moda, con una nuova alleanza di governo. Sorprese, positive, della crisi politica più bella del mondo. Che non si sa come finirà, ma potrebbe regalarci persino la notizia di un ministro che abbiamo molto criticato, che invece si dimostra di fiuto politico, e persino un talento del Collegio Romano. Ma stiamo a vedere, e esageruma nèn.

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