Chiude Mercurio Loi, il più innovativo fumetto Bonelli
<p>La serie creata termina a marzo con il numero 16. Chiacchierata con Bilotta e Ponchione, la mente e il braccio dietro al professore di carta, che indaga i misteri della Roma papalina</p>
Come Dylan Dog, più di Dylan Dog. Mercurio Loi, la serie a fumetti creata dallo sceneggiatore Alessandro Bilotta, è stata probabilmente la più innovativa pubblicata dalla Sergio Bonelli Editore dai tempi dell'“indagatore dell'incubo” di Tiziano Sclavi nel lontano 1986. Forse fin troppo e in un momento poco propizio per il fumetto da edicola. Mercurio Loi chiuderà a marzo con il numero 16. Ma non senza aver riscosso una serie di successi importanti come il Premio Attilio Micheluzzi per il miglior sceneggiatore e la miglior serie dal tratto realistico, il Premio ANAFI come miglior sceneggiatore, il Premio Carlo Boscarato al miglior sceneggiatore italiano e il Premio Gran Guinigi come miglior serie, tutti vinti nel 2018. I trofei nel fumetto contano poco e in quello italiano “meno di zero”, per citare Bret Easton Ellis, ma la serie ha ricevuto il plauso pressoché unanime della critica.
Lo sceneggiatore Alessandro Bilotta spiega al Foglio che “quando è nato Mercurio volevo scrivere un fumetto che avesse quel senso della meraviglia che hanno certi primi episodi. Gli sviluppi e le circostanze lo hanno fatto poi diventare il primo episodio di una serie”. Non a caso Giulio Maraviglia è il nome del primo personaggio creato da Bilotta a inizio millennio. La serie racconta una storia completa, ma lo sceneggiatore avrebbe voluto andare avanti. “Nelle mie prospettive avevo in testa un altro centinaio di numeri. La serie è sempre stata in evoluzione, non va giudicata con le caratteristiche immutabili che siamo abituati ad attribuire ad altre della Bonelli”. Forse alla serie può aver ha nuociuto il classico formato bonelliano (albi di cento pagine al mese). Come numero di pagine i diciassette albi (contando anche la prima apparizione in “Le storie”) di Mercurio Loi sono di poco inferiori a quelle di un’altra serie epocale come il Sandman di Neil Gaiman, creata nel 1989 e che è durata fino al 1996 in comic book mensili (i classici albi a fumetti americani) con sole 24 pagine ciascuno. Anche lì, come in Mercurio Loi, il protagonista – il signore del mondo dei sogni – è discreto, a volte quasi assente, e lascia spazio agli altri personaggi. “Sandman è per me uno dei principali riferimenti su come si sviluppa e gestisce una serie a fumetti: i personaggi e le trame sono in costante mutamento ed evoluzione fino alla loro conclusione. Penso che a Mercurio Loi abbia nuociuto l'abito dentro cui è nato: si crede di avere a che fare con una serie storica sulla Roma papalina. Pensiero che farebbe sbadigliare anche me”.
Roma, la città dove Bilotta è nato e vive, è comunque molto importante. I personaggi della Bonelli sono quasi tutti stranieri, in genere americani o inglesi (anche se magari come Dylan Dog vivono in una Londra che ricorda Milano), invece nella serie Roma è protagonista, quasi uno dei personaggi. Non a caso su Facebook lo sceneggiatore ha citato questa frase di Alberto Sordi: “Noi abbiamo avuto il privilegio di nascere a Roma, e io l'ho praticata come si dovrebbe, perché Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi”. L’esperienza di Mercurio Loi è stata comunque molto importante per l’autore. “Mi ha dato una possibilità irripetibile, quella di raccontare le storie di un personaggio che non c'era prima e non ci sarà più dopo” conclude. E forse grazie al “camminatore romano” potrà affermarsi un modo diverso di raccontare i personaggi seriali, come è stato per Sandman nel fumetto angloamericano.