I 90 di TinTin e i processi politici applicati al fumetto
Forse, per il suo reporter di carta, Hergé si ispirò al collega Degrelle, fondatore del Rexismo, movimento fascista belga. Ma nonostante le ombre, ciò che tutti continuano ad apprezzare dell’avventuriero di china è l’intrepido coraggio
Il ciuffo ribelle color carota, l’inseparabile compagno a quattro zampe Milou, e decine di avvincenti avventure da affrontare. TinTin, il coraggioso reporter di carta e china belga che ha appassionato milioni di lettori della nona arte ha compiuto 90 anni.
Dai viaggi lungo tutti i continenti della terra alla conquista della Luna sul razzo a scacchi rossi che avrete certamente notato al terminal dell’aeroporto di Bruxelles. Mentre i suoi giovani lettori vivevano la seconda guerra mondiale, la ricostruzione e il piano Marshall, la Guerra Fredda, la decolonizzazione e la corsa allo Spazio, TinTin viaggiava nella loro fantasia, affacciandosi sul mondo a lui contemporaneo – tanto da essere tacciato di razzismo e diffusamente criticato per il suo viaggio in Congo del 1931 (il secondo episodio della serie), negli anni a venire.
Che TinTin fosse Degrelle, o che Degrelle volesse essere TinTin, è un fatto ancora da appurare. Poiché Hergé non confessò mai di essersi davvero ispirato al suo vecchio collega, profondamente cattolico come il suo direttore, l’abate Wallez, viaggiatore, antisovietico e collaborazionista che poi sarebbe divenuto capo dei “Rex” (come lui stesso era) e in fine colonnello della divisione vallona delle Waffen-SS. Hitler, che provava profonda stima per quel combattente romantico un giorno gli confessò “Se avessi un figlio lo vorrei come lei...”. Degrelle, decorato durante la campagna di Russia, condannato a morte in Francia e morto in esilio nella Spagna franchista che gli concesse l’asilo politico, finirà per scrivere duecento pagine in un albo dal titolo “Tintin, mon copain”. Nel primo capitolo, il reporter dal naso a punta e la fronte spaziosa, proprio come la sua, va a fare visita al Fürher, con indosso gli immancabili pantaloni da “golfista” che solo Degrelle, nella redazione del Vingtième Siècle, era solito indossare.
TinTin, l’eroe prototipo dell’avventuriero borghese che affascinava grandi e piccoli, il rampollo prediletto da una classe conservatrice cattolica e di destra, il perfetto “junker” vallone: retto, coraggioso e cavalleresco, si macchiava così – all’insaputa di tutti – di crimini come antisemitismo, razzismo e autoritarismo. Intanto il sogno al quale era votata la vita del personaggio vero, Degrelle, si faceva largo in tutto il Belgio, tingendosi, forse, della china di TinTin. Ma come distinguere dunque l’aspirazione dall’ispirazione?
Hergé è morto nel 1983, affermando che “TinTin moriva con lui”. Degrelle è morto nel 1994, portando ancora al collo la croce di ferro insignitagli dal Reich per il valore dimostrato nel combattere l’Armata Rossa, non rinnegando nulla (condotta opinabile) della sua vita passata e sognando, o credendo, di essere stato davvero lui l’avventuriero delle tavole a fumetti che hanno fatto la fortuna della BD.
Nonostante questa tetra ombra abbia aleggiato per oltre mezzo secolo sulla vera origine del personaggio di TinTin, le avventure del giovane reporter sono ancora fortemente apprezzate da migliaia di appassionati del fumetti; forse a dimostrazione che i processi politici applicati ai disegni di china lasciano il tempo che trovano. Dopo 90 anni infatti, ciò che tutti continuano ad apprezzare di TinTin e Milou è semplicemente l’intrepido coraggio.