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Il caso Moro non è chiuso. Le nuove verità su quel che accadde nel 1978

Maurizio Stefanini

Un libro con documenti inediti sul rapimento del leader della Democrazia cristiana

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Fidel Castro e il capo della Stasi Markus Wolf, Arafat e il maresciallo Tito, Francesco Pannofino e il miliardario israeliano Shmuel Flatto-Sharon, il Kgb e lo Ior. Perfino il figlio del capitano Corelli e Jovanotti entrano in questa nuova storia del delitto Moro. Fantapolitica? Il fatto è che con Maria Antonietta Calabrò, giornalista per trent’anni al Corriere della Sera, l’altro firmatario di questo libro, Moro il caso non è chiuso. La verità non detta, (Lindau, 267 pp., 18 euro) è Giuseppe Fioroni. Non solo già sindaco di Viterbo e ministro della Pubblica Istruzione del secondo governo Prodi, ma dall’ottobre del 2014 al marzo del 2018 Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Con il suo imprimatur questo libro parla dunque delle sconcertanti verità emerse dalla nuova Commissione, la “Moro 2”. Quattro anni di lavoro che attraverso migliaia di documenti desecretati degli archivi dei servizi segreti italiani, centinaia di nuove testimonianze, nuove prove della Polizia scientifica e dei Ris dei Carabinieri permettono ormai di liquidare la versione finora nota del caso Moro come una semplice “verità accettabile”. “Un compromesso volto a formulare una ‘verità’ sia per gli apparati dello stato italiano sia per gli stessi brigatisti”.

 

In realtà, poi, dalla massa di nuovi dati Calabrò e Fioroni non traggono una nuova verità da formulare esplicitamente. La fanno però intravedere implicitamente, in particolare col far emergere uno scenario internazionale del delitto che i brigatisti finora avevano sempre negato. In particolare, la presumibile presenza in Via Fani di due terroristi tedeschi della Raf, e anche la fornitura di materiale militare alle Br da parte di fazioni palestinesi. Solo questi due particolari spiegherebbero la micidiale efficacia di fuoco dell’agguato, vista da una parte la scarsa efficienza del vetusto arsenale che le Br avevano ereditato da depositi partigiani; dall’altra la scarsa preparazione militare degli stessi brigatisti. Il libro sostiene anche che le fazioni palestinesi giocarono un pesante ruolo nella trattativa, arrivando a passare alle Br durante il sequestro documenti top secret della Nato. Più in generale, c’era l’accordo tra Servizi italiani e palestinesi che prevedeva una collaborazione in cambio della “immunità” del territorio italiano da attentati, e che avrebbe smesso di funzionare durante il sequestro Moro.

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Ad aiutare le Br e a “disattivare” momentaneamente l’accordo potrebbero essere stati i Servizi segreti della Germania dell’est e il Kgb, presumibilmente per stroncare il corso indipendente che il Pci stava prendendo, proprio con la benedizione di Moro. Anche Fidel Castro avrebbe manifestato simpatie per le Br, mentre al contrario Tito avrebbe cercato di far rilasciare Moro offrendo il rilascio di tre uomini della Raf detenuti in Jugoslavia. Cinquanta miliardi di lire per il riscatto erano stati inoltre offerti a Paolo VI dal deputato e miliardario israeliano Flatto-Sharon.

 

Quanto a Pannofino, allora studente, fu tra i primi testimoni ad arrivare sul luogo dell’agguato. E Jovanotti era amico di famiglia di Alessio Casimirri, il terrorista che fu in Via Fani e che è tuttora Primula Rossa in Nicaragua, protetto dai sandinisti. Suo padre Luciano lavorava con il padre di Jovanotti in Vaticano, ed era stato durante la Seconda guerra mondiale il capitano della Divisione Aqui a Cefalonia che ispirò il celebre capitano Corelli.

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