Foto tratta dal profilo Twitter del @CardRavasi

Vatican Chapels

Paola Bulbarelli

Il debutto della Santa Sede alla Biennale Architettura. Un percorso, un bosco, il senso e il sacro

Edopo? “Ci sono forse tre possibilità – spiega il cardinale Gianfranco Ravasi – la prima riguarda il demanio e la decisione di tenerle in maniera stabile in questo spazio nel bosco, come una sorta di pellegrinaggio religioso laico per chi vuole vivere questa esperienza. La seconda è che i costruttori o gli architetti ritirino la loro cappella e la collochino in un loro luogo oppure la offrano a una comunità, ma in questo caso il percorso sarebbe disperso. La terza possibilità, ma è ancora sospesa, sarebbe l’interessamento di una delegazione polacca di Kielce, tra Varsavia e Kracovia, che sarebbe pronta a ritirale tutte per ricomporle insieme in un parco”. L’oggetto, o per meglio dire gli undici oggetti, sono le Vatican Chapels che fino al 25 di novembre nessuno sposterà dall’Isola di San Giorgio Maggiore gestita dalla Fondazione Cini. Per la Santa Sede è la prima volta, aveva partecipato a due Biennali d’Arte ma mai a quella dedicata all’Architettura. “Perché no? Ho risposto al presidente Baracca. Soprattutto pensavo che non fosse costoso: qualche modellino, qualche disegno in un padiglione. Ma volevo un architetto in situ, che lavorasse dall’interno”. La scelta cade sul professore Francesco Dal Co, storico della materia. “E lui mi portò come primo progetto dieci cappelle, non definendo ancora gli architetti; a quel punto ho lasciato a lui di sceglierli. Unica condizione, che si rendessero presenti alcuni segni: l’altare, l’ambone e la croce. Non tutti l’hanno fatto. Alcuni di loro mi hanno chiesto, la prossima volta, di obbligarli a un tema, a un soggetto, a una cappella di un santo con delle norme liturgiche obbligatorie come era un tempo la committenza”. Dal Co ha preso spunto da un famoso progetto scandinavo di un secolo fa: quando si incontra in una foresta anche solo un cumulo di pietre lì è passato l’uomo , lì è passata l’architettura.

Le cappelle sono dei luoghi prima di tutto d’incontro e di orientamento e immaginarle in un bosco è come dar loro una nuova vita. “Vedendole dal vivo sono stati tutti conquistati e la dodicesima cappella è il luogo stesso, non c’è architetto che non abbia fatto riferimento alla luce, al cielo, al mare, agli alberi. La natura diventa lei stessa un padiglione in un ettaro e mezzo di parco”. Gli architetti vengono da tutto il mondo, alcuni celeberrimi con mega studi, altri sono giovani e meno conosciuti ma sono già molto promettenti. Undici architetti (Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalàn Espínola, Ricardo Flores & Eva Prats, Norman Foster, Terunobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juaçaba, Smiljan Radic Clarke, Eduardo Souto de Moura) sensibilità diverse tra credenti e non credenti. “Per secoli la chiesa è stata fondamentale per l’architettura, tutti gli stili sono alla base della chiesa e sono la base della storia dell’architettura. All’interno della stessa contemporaneità il dialogo è molto più avanzato che con l’arte. Pensiamo alla cappella a Ronchamp di Le Corbusier. Pensiamo a Michelucci, la chiesa dell’autostrada o ad Alvar Aalto, questo perché tendenzialmente lo spazio sacro era fondamentale per la città, il duomo di Milano è un esempio. Devo essere grato a questi costruttori che sono stati dei mecenati”.

Come la Moretti di Brescia (già pratica nella costruzione di chiese, è uno dei più grandi gruppi edili in Italia) che si presenta con ben due cappelle, una di Andrew Beman, in legno lamellare e l’altra di Smiljan Radic, in pluriball impregnato di cemento, proprio nell’anno in cui sarà santificato Paolo VI. Costruttori davvero straordinari che hanno montato le cappelle in sette giorni. E la Santa Sede che, con questo progetto, consente di ridare l’isola alla gente: fino a 15 giorni fa questo spazio non esisteva, era tutto coperto dalla vegetazione mentre adesso si è recuperato anche un edificio straordinario sommerso dal verde firmato da Vietti e da Gio Ponti. Ma per il Vaticano non finisce lì. “Il problema di rifare un evento del genere è quello economico, abbiamo una bulimia di idee e un’anoressia di mezzi. Ma ora cominciamo già a dare uno sguardo verso il Cortile dei Gentili, un dialogo tra credenti e non credenti che si terrà il 21 settembre all’Arsenale, un evento che durerà fino a novembre. Lo faremo con quattro architetti famosi che dialogheranno con le geometrie dello spirito, architettura e spiritualità e il tema Babele e Gerusalemme . Gli architetti sono gia stati scelti e sono Chipperfield, Calatrava, Boeri, Botta. Però vogliamo fare una cosa interdisciplinare introducendo la musica. Ho avuto un’offerta da parte dell’orchestra di Ginevra che verrà per un concerto. Il primo violinista, per la prima volta, si esibirà con uno Stradivari 1720, il cosiddetto Madrileno, un suono straordinario. Faremo il concerto in San Giorgio. Come diceva Henry Miller, che non era certo favorevole alla religione, l’arte e la religione non servono a nulla tranne che a mostrare il senso della vita”.

Paola Bulbarelli

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