Paolo Baratta, foto Andrea Avezzù - Cortesia Biennale di Venezia

Al via la Biennale dell'anno I grillino

Michele Masneri

Il nipote di Terragni: “Mostra elitaria e provinciale”. Riposizionamenti

Comincia a Venezia la prima Biennale del dissenso. Non quella celebre ideata dall’aristocratico compianto Carlo Ripa di Meana, nel 1977 che aprì ai paesi dell’Europa dell’Est, bensì la prima dell’era grillina, anno I. Il dissenso è dunque soprattutto verso gli stanchi riti che mettono a rischio la schiena dritta delle maschie genti italiche. Siamo già all’arte degenerata? Arrivano i primi attacchi.

 

“A Venezia. tutti alla Biennale di architettura?” ha scritto sul suo profilo Facebook Attilio Terragni, nipote del grande architetto della Casa del Fascio di Como. “Una manifestazione per ricchi e figlioli della sinistra cattolicissima con casa a Saint Moritz o in centro a Milano”, ha aggiunto l’erede, condannando quella che è “ormai è solo una mostra provinciale elitaria” (Non si sa se sia peggio provinciale o elitaria. Che mix comunque). Chissà cosa ne pensa il povero Paolo Baratta, presidente che non è né l’una cosa né l’altra, anzi poliglotta e chic che anche quest’anno presenta la mostra di architettura più importante del mondo, mentre la illustra in tre lingue senza accenti agli augusti ospiti sulla terrazza di Cà Giustinian.

 

Si aggirano infatti per la Laguna frotte di critici, architetti, giornalisti e altri esponenti di un evidente complotto pluto-giudo-massonico, che alligna nelle bolle liberali e tra le tartine. Essi sono ovunque, arrivano da ogni dove (soprattutto dalla Perfida Albione, o giù di lì, da cui quest’anno provengono le due curatrici, Yvonne Farrell e Shelley McNamara). Gli inglesi brexati ci danno comunque pacche sulle spalle, gli americani pure sono molto giù di corda col loro Trump (e si vede nel loro padiglione deprimente). Qualche inviato già si riposiziona: “ah, Bannon!”, dice un giornalista Rai. “Sento già che si parla di un ritorno necessario all’arte italiana” dice un espertone stravolto. “Ma neanche Mussolini arrivava a tanto”. Anzi il Duce “apprezzava che nelle biennali ci fossero movimenti diversi, dai metafisici agli astrattisti ai futuristi, la scuola romana e le altre”. “Mussolini accontentava tutti”, sospira davanti a un prosecco. Si attendono intanto autorità grilline in vaporetto (il taxi acquatico, con le tariffe che ha, in laguna perde tutto l’effetto antikasta).

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