L'Unità va all'asta tra bottiglie di vino e lampade infrarossi

Nicola Imberti

Dopo il pignoramento la testata dello storico quotidiano fondato da Antonio Gramsci in vendita il 21 maggio per 300 mila euro 

Cantava Gaber che “qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari”. Che poi in fondo, per tanti comunisti, non erano altro che la feste dell'Unità. Non sapeva Gaber. E non sapevano i compagni commossi, che nel 2018 quel “connubio rosso”, vino-Unità, si sarebbe riproposto. Non nella piazza di un qualche comune dell'Appennino tosco-emiliano, ma sulle pagine di un sito di aste giudiziarie.

 

La vicenda del quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924 è purtroppo nota. Superate diverse peripezie il 3 giugno del 2017 ha cessato le pubblicazioni. Ora, dopo che i giornalisti l'hanno pignorata non avendo ricevuto due stipendi, la testata è stata messa all'asta. L'annuncio è stato pubblicato sul sito ufficiale dell'Istituto vendite giudiziarie di Roma. In mezzo tra un “Lotto unico di bottiglie di vino e birra, attrezzature e arredamento per bar” e una “Lampada infrarossi per essiccare vernici marca 'Infrarr Technologic star'” (foto sotto).

 

 

La vendita verrà aperta il 21 maggio alle 9.30 e si chiuderà il 24 alle 17. Il prezzo base è di 300.000 euro (più 32.924 di oneri), il rilancio minimo è del 10 per cento. È sempre difficile dare un prezzo alla storia. E quella dell'Unità, legata a doppio filo con quella della sinistra italiana, è una storia che, in un modo nell'altro, ha accompagnato, raccontandoli, i cambiamenti dell'Italia degli ultimi 90 anni. L'impressione è che in molti proveranno ad accaparrarsela per 300 mila euro o poco più. Di certo è quello che sperano i giornalisti anche perché, se l'azienda non farà uscire almeno un numero entro fine maggio, la testata sarà ufficialmente decaduta.

 

“Ci sono storie che non dovrebbero finire - scriveva l'Assemblea dei redattori e delle redattrici del quotidiano il 3 giugno annunciando la fine delle pubblicazioni -, per la storia che hanno raccontato e testimoniato, per quella che hanno cercato di capire, per chi ci ha creduto, per chi ci ha messo passione, professionalità e attaccamento. Questa storia, la nostra, hanno deciso di chiuderla nel modo peggiore, calpestando diritti, calpestando lo stesso nome che porta questa testata, ciò che ha rappresentato e ciò che avrebbe potuto rappresentare”. “Le storie possono essere scritte in tanti modi - concludevano -. Per noi hanno scelto il peggiore”. E stavolta, vedere l'Unità accanto ad un lotto di vino, non fa commuovere, mette solo tanta tristezza.

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