Ecco perché alla Rai 3 di Daria Bignardi va benissimo l’indice d’ascolto
Veltroni vuole l’indice di qualità, ma la rete “de sinistra” cambia
Alla Rai “sarebbe ora di ripristinare l’indice di qualità”, e invece ormai al servizio pubblico “non conta più se un programma sia bello o brutto. L’esclusivo metro di valutazione è l’Auditel”. E se lo dice lui, se lo dice Walter Ventroni che la storia della Rai l’ha attraversata e il funzionamento della scatola magica lo conosce alla perfezione – “l’innovazione del linguaggio, la diversificazione” – perché mai Daria Bignardi non dovrebbe essere d’accordo? Daria Bignardi che da nove mesi dirige Rai 3 provando a dare alla luce il prodotto nuovo, la lingua salvata televisiva, o almeno funzionale a un servizio pubblico generalista nell’èra della comunicazione digitale? Daria Bignardi potrebbe anche essere d’accordo, del resto la peggiore e più insistita delle critiche che le hanno mosso è di essere abituata a un solo tipo di televisione, quella per intellò nella nicchia dei bassi ascolti. E invece, il direttore di Rai 3 della Rai di Alessandro Campo Dall’Orto potrebbe replicare, in disaccordo: caro Walter, a me il metro dell’audience va benissimo. Perché nel mese di ottobre la sua bistrattata Rai 3 ha superato la sorella Rai 2 negli ascolti giornalieri, e spesso pure nel sacro prime time.
Così l’annunciata, e confermata, chiusura di “Politics” a dicembre o entro fine anno, e la sua sostituzione in prima serata con il collaudato “Mi manda Raitre” di Salvo Sottile non è per forza la resa di una linea editoriale ambiziosa, ma un aggiustamento semantico. Che prevede anche questo: che sparirà dalla Rai il gerere “talk politico in prima serata”. Ma del resto, il pubblico della Rai, della Rai renziana, è ancora un pubblico da vecchia politica? Se pure Santoro vota Sì? Quello, al massimo, era un pubblico bersaniano. Poi arriverà Pif con una striscia quotidiana, e arriverà Virginia Raffaele, in aprile. L’audience non fa male a Rai 3, una volta capito di che si tratta.