Vincent Cassel con Nathalie Baye al Festival di Cannes (foto LaPresse)

La grande delusione a Cannes è l'ultimo film con Vincent Cassel: nulla da salvare

Mariarosa Mancuso
Il super cast di Juste la fin du monde di Xavier Dolan gareggia a chi strilla di più. Conveniva stare fermo un giro, in attesa di una buona idea. Per fortuna c'è altro. Chapeau a Bacalaureat di Cristian Mungiu. Il gran cinema arriva dalla Romania.

LA FILLE INCONNUE di Jean-Pierre e Luc Dardenne, con Adèle Haenel (concorso)

 

Stavolta i fratelli Dardenne sono sembrati nudi – o rimpannucciati con pezze di ideologia – anche ai critici francesi. Continua però la sfilata di attrici alla moda: Marion Cotillard (operaia licenziata in “Due giorni, una notte”) e qui Adèle Haenel, dottoressa a Liegi. Non sembra avere amici né un fidanzato, e ogni visita – copyright Andrea Minuz a proposito del cinema italiano – “fotografa uno stato di particolare degrado”. Alcolismo da casalinga, bronchiti da case fredde, immigrati con ferite purulente, su tutti un adolescente con mal di pancia psicosomatico. La dottoressa non riceve fuori orario, sciaguratamente a suonare il campanello era una prostituta in fuga. La trovano morta, il senso di colpa della dottoressa imbronciata dura tutto il film.

 

 

JUSTE LA FIN DU MONDE di Xavier Dolan, con Vincent Cassel (concorso)

 

La grande delusione. Proprio non c’è nulla da salvare (e l’ultimo film del regista prodigio di “Mommy” era tra i più attesi). Un giovanotto va a pranzo dalla famiglia che non vede da 12 anni, intende annunciare che sta morendo. Quando lo dirà? A tutti insieme o separati? Il super cast gareggia a chi strilla di più, vince Vincent Cassel su Léa Seydoux. La cognata idiota Marion Cotillard ha gli occhi più spalancati di Malcolm McDowell, quando in “Arancia meccanica” glieli tenevano aperti con le pinze. Conveniva stare fermo un giro, in attesa di una buona idea. Ma aveva tutti gli attori di Francia ai suoi piedi, per un canadese di 27 anni una tentazione irresistibile.

 

 

BACALAUREAT di Cristian Mungiu, con Adrian Titieni (concorso)

 

Chapeau, di nuovo. Il gran cinema arriva dalla Romania (e Cristian Mungiu, allora sconosciutissimo, aveva vinto qui la Palma d’oro nel 2007, con “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni”). La vita, sapientemente raccontata, in una cittadina dove anche i medici chiedono tangenti. Un padre di famiglia si batte per mandare la figlia a studiare all’estero. Viene aggredita alla vigilia dell’esame, deve cavarsela con il polso destro ingessato. Farne un dramma avvincente richiede occhio, orecchio, scrittura, attori, regia. E qui c’è tutto.

 

 

AFTER THE STORM di Hirokazu Kore-eda, con Hiroshi Abe (concorso)

 

Ha scritto un romanzo premiato, ma sono passati 15 anni di silenzio e per campare fa il detective (“son ricerche per il prossimo libro”). Prende soldi dal marito sospettoso, e poi dalla moglie fedifraga, per non mostrare il dossier. L’anziana madre vuole i soldi per i cd (in realtà, un vicino che spiega Beethoven alle signore). La moglie lo ha lasciato per uno più ricco. Altre scene di vita quotidiana, magnifiche e ironiche, in un caseggiato popolare fuori Tokyo.

 

 

MA VIE DE COURGETTE di Claude Barras (Quinzaine des réalisateurs)

 

Bambini con gli occhioni, pure orfani. In plastilina, un po’ ricordano i disegni di Tim Burton. Sceneggiatura di Céline Sciamma, dal libro di Gilles Paris. “Courgette”, o “zucchino”, è il nome del piccolo eroe (matricida, per un incidente). Pieno di tragedie ma allegrissimo.
Mariarosa Mancuso

Di più su questi argomenti: