Scopare conviene? Indagine letteraria e filosofica sulla scomparsa del sesso nella modernità avanzata
Su tutto il libro torreggia la storia vera della dottoranda che scrive al Venerdì di Repubblica per raccontare a Natalia Aspesi dell’amico che la ospitò per il fine settimana ma non volle portarsela a letto, preferendo chiudersi in camera a guardare siti porno. Ci si può domandare perché un ragazzo in salute preferisca un corpo femminile virtuale a uno reale (Pascale azzecca la risposta: perché le pornostar non hanno il dottorato di ricerca) e poi compulsare le tremende pagine finali del romanzo, in cui viene dimostrata sperimentalmente la separazione fra natura e cultura nella nostra società: le donne sono oramai istintivamente portate a dire di non avere voglia e a credere di non avere voglia anche quando la biologia dimostra che ce l’hanno, o viceversa. Ma come diceva il balzano santone di “Avere vent’anni”, l’uomo è l’unico animale che mangia quando non ha fame, beve quando non ha sete e fa l’amore quando non ha voglia; teoria che esposta davanti a Gloria Guida e a Lilli Carati sortiva un certo effetto.
Il romanzo di Pascale è un’escursione nella filosofia, nel senso che per tono coincide con l’omonimo celeberrimo quadro di Edward Hopper: un uomo seduto al bordo di un letto su cui giacciono una donna seminuda e un libro aperto, probabilmente Platone. Negli stessi giorni è uscito in Italia “Sexout” di Wilhelm Schmid (Fazi), saggio filosofico tedesco che intende essere un lungo commento dell’“Escursione nella filosofia” di Hopper ma anche del quadro speculare, “Estate in città”, in cui è lei a sedere mentre lui è nudo e prono senza libri.
Altro che sdraiati, è l’epoca dei seduti.
“Sexout” certifica l’epidemia di disaffezione per il sesso a seguito della sua disponibilità parossistica e democraticizzata (“Cinquanta sfumature” è il più ovvio esempio di questo sex-overkill), tale per cui l’inclusione del sesso sfrenato come opzione comodamente praticabile da qualsiasi sciampista o impiegato ha causato la sua equiparazione ad altre opzioni altrettanto disponibili, consentite e socialmente accettate. Per questo, spiega Schmid, “nella modernità avanzata, almeno per uno dei partner ma quasi sempre per entrambi, il resto è più importante del sesso. Il lavoro. Il fitness. Gli hobby. Gli amici”. Si è smesso di pensare che il sesso è sempre abisso. Il sexout è il periodo più o meno lungo della vita che viene trascorso senza farlo ma soprattutto senza il minimo interesse a farlo, che adesso ha raggiunto preoccupanti picchi di diffusione: l’uomo è diventato un animale che, quando non ha voglia, non fa più l’amore. Si guarda al sesso ponderando che ci sono modi migliori per passare un paio d’ore; tanto vale.
La sempre maggiore identificazione del sesso con la performance (“Viviamo in un’èra di grandi specialiste del pompino”, rivela una fonte di Schmid diversa dalle mie) impone come criterio di giudizio la stessa misurabilità economica che secondo il personaggio di Pascale ci porterà dritti al sesso mistico dei monaci, all’erotismo dei casti. Non solo. Impone anche il pacifico riconoscimento di come oggi, idealmente, la forma più corretta di fare sesso con qualcuno sia pagarlo come si pagherebbe qualsiasi tipo di professionista per un servizio reso – e questo, nello specifico capitolo di Schmid, spiega non tanto l’inflazione di prostitute che c’è sempre stata quanto il vertiginoso incremento di rapporti asimmetrici nelle relazioni di conquista, in cui è chiaramente individuabile un asse di dominio. C’è il sugar daddy ovvero il lui più maturo che compra ciò che può rendere lei felice come una bambina; c’è la cougar ovvero la lei professionista affermata o comunque abbiente che arraffa il giovane facendosi preferire alle coetanee di lui, che hanno la pelle più liscia ma ruoli sociali evanescenti.
In “Sexout” svetta l’esempio di Diogene il cinico, che si masturbava sulla pubblica piazza di Atene per dimostrare che il sesso era una necessità facilmente sopperibile, a differenza della fame; provate a farvi passare l’appetito accarezzandovi lo stomaco e ne riparliamo. Il punto è questo. Il sesso è un bisogno di cui possiamo fare a meno, è natura determinata dalla cultura, è biologia che si fa filosofia e spinge a chiedersi: scopare conviene? L’eiaculazione non è un pranzo di gala, scrisse sul muro un anonimo; va contrappesata con le contrattazioni e le incomprensioni e le recriminazioni che trascina, coi messaggi esegetici che intasano WhatsApp mentre si cerca di dormire o di lavorare, con gli incredibili volevo e credevo di un’altra persona che si presumeva consapevole dei dati di fatto. Oltre che faticoso, è diventato poco remunerativo. Ad esempio oggi, avendo una mezza giornata libera, ho preferito scrivere quest’articolo.