Gli Smombie

Annalena Benini
Hanno inventato per loro una nuova parola e anche un cartello stradale: attenzione ai pedoni con il telefono in mano e la gobba, la faccia vicino al braccio destro, le gambe pericolosamente accanto a un tombino, a un palo della luce, perché stanno controllando i seguaci su Twitter o l’ultimo accesso su WhatsApp.

Hanno inventato per loro una nuova parola e anche un cartello stradale: attenzione ai pedoni con il telefono in mano e la gobba, la faccia vicino al braccio destro, le gambe pericolosamente accanto a un tombino, a un palo della luce, a un semaforo rosso di cui non si accorgono perché stanno controllando i seguaci su Twitter o l’ultimo accesso su WhatsApp della ragazza conosciuta a una festa. La parola è “smombies”, smartphone zombies, digitatori ambulanti, ignari del mondo che li circonda, destinatari delle maledizioni di automobilisti e ciclisti, pericolosi e vaganti per le strade trafficate, all’ora di punta, in metropolitana, su e giù dagli autobus senza mai guardare la strada, senza accorgersi degli scippatori, senza attenzione per la propria vita e per quella degli altri.

 

Camminano avvolti in una nebbia sottile, urtano persone anziane, passeggini, pestano piedi e inciampano nei gradini, escono per un secondo dallo stato di soffice trance e dicono: scusi, ma subito riabbassano la testa, ricominciano a muovere le dita, sonnambuli del telefono, vagamente infastiditi dalla collisione con la realtà. Gli smombie sono in tale e pericoloso aumento per le strade del mondo che in alcune città, in Belgio e in Cina ad esempio, sono state create corsie apposite, linee bianche entro le quali tutti gli assorti dentro la nuvola degli sms e di Amazon, dei giornali sul telefono e di Twitter, dei link che vanno aperti immediatamente, possono continuare serenamente a galleggiare con questo sguardo stralunato senza irritare gli altri, quelli che ancora camminano col sole in fronte e la testa alta, quelli del vecchio mondo che guardano le vetrine dei negozi, fischiano alle ragazze in motorino ai semafori, chiedono da accendere per attaccare discorso. Loro, gli esseri umani superati, caparbiamente incollati alla terra, si lamentano di questa invasione di uomini e donne a testa bassa, dai movimenti rallentati, che si perdono nelle rotatorie, che alzano gli occhi con un movimento stupefatto solo quando non c’è campo, e allora agitano le braccia, cercano il conforto degli altri passanti, chiedono se per caso c’è stato un blackout e danno la colpa al sindaco.

 

[**Video_box_2**]Secondo il Sunday Times sono aumentati i morti e feriti causati dai telefoni, da quel video di gattini, da quel selfie che vogliamo scattarci proprio mentre sta passando un’ambulanza a sirene spiegate. Ma poiché i camminatori telefonici soffrono di una specie di disturbo dell’attenzione, qualcosa che tiene totalmente impegnato il cervello dentro lo smartphone (è come se avessero proprio versato il cervello dentro lo smartphone), non sono in grado di mandare altri impulsi agli occhi e al corpo: è il resto del mondo che deve fare attenzione (anche se ci sono cartelli che pregano: prima attraversa la strada, poi controlla Facebook). Da tempo rallentiamo per evitare le mucche che attraversano le strade in montagna, allora adesso evitiamo di uccidere gli smombie. In città.

Di più su questi argomenti:
  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.