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Il calendario Pirelli pol. corr. non solo ha smarrito il nudo ma anche la sensualità

Manuel Peruzzo
Per anni ci siamo abituati a un calendario che fosse il riflesso della società contemporanea, o così nelle intenzioni. Leibovitz cade nella trappola da cui rifugge, scegliendo di promuovere il calendario prendendo le distanze dall’immagine di una donna sensuale, ci sta dicendo che per lei la donna è forte quando non è sensuale.
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“Beautiful, gross, strong, thin, fat, pretty, ugly, sexy, disgusting, flawless, woman. Thank you, Annie Leibovitz!”, ha twittato una schizofrenica Amy Schumer. Di solito quando qualcuno ti scatta una foto poco lusinghiera tu afferri il cellulare e ne cancelli ogni traccia, se però la fotografa è Anne Leibovitz sei in zona femminismo e quindi ti tocca ringraziare per averti ritratto mentre bevi il caffè in mutande, senza spanx, con i rotoli in evidenza che hai cercato disperatamente fin lì di nascondere più o meno in ogni momento. Diventa un messaggio: io sono forte, guardate quanto sono venuta male. (La rimpiangiamo nel servizio sexy ironico su GQ; probabilmente anche lei).

 

La situazione è la seguente: Annie Leibovitz ha fotografato dodici donne per il calendario Pirelli 2016, tema “donna forte” e libertà totale d’esecuzione. Abbiamo Fran Lebowitz, Ava DuVernay, Yoko Ono, Patty Smith, Amy Schumer e Serena Williams tra i nomi noti. Quest'anno si è preferito sportive, businesswoman, artiste, scrittrici, e musiciste rilevanti quando Robert Mapplethorpe era vivo. Una sola modella, Natalia Vodianova, che però è segnalata come filantropa e posa con bambino in grembo: mica puoi essere solo una modella. Che schifo!

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Come scrive il Times "è una flessione" in opposizione a quel passato di reificazione della donna a cui persino Playboy si è arreso, smettendo di pubblicare nudi femminili. Oggi che il calendario è quello di Google occorre inventarsi qualcosa che non urti la sensibilità e il senso di colpa femminista imperante, che vende molto di più ed è più riparato. Leibovitz intercetta il trend e ce ne offre una versione accomodante, da salotto buono. Non siamo sicuri che quando Paul Valéry scrisse che "definire il bello è facile: è ciò che fa disperare" intendesse questo.

 

Ti accorgi di una bella donna solo quando non la vedi più. In tempi in cui fare un complimento estetico a una signora è sessismo e lasciarsi crescere baffi e peli è femminismo non sorprende che un calendario per lanciare il messaggio di donne emancipate e empowered abbia scelto Patty Smith nei consueti abiti maschili e crocifisso di legno al collo. Ma siamo sicuri? Il messaggio qui è che la bellezza e sensualità delle modelle ormai è fuori contesto in un mondo che si prepara al primo presidente donna della storia degli Stati Uniti. Basta frivolezze, o si rischia che non ti prendano sul serio. Come dice Jennifer Zimmerman dell’agenzia pubblicitaria McGarryBowen al New York Times "è impossibile ignorare l’empowerment femminile". E non lo faremo, ma è proprio necessario definirsi in opposizione a ciò che è stato il calendario Pirelli fino a ieri, ovvero il racconto della sensualità femminile?

 

 

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[**Video_box_2**]Per anni ci siamo abituati a un calendario che fosse il riflesso della società contemporanea, o così nelle intenzioni. Non che fosse sempre vero, ma sono cose che si dicono e a cui ci piace credere. Mai come oggi ne siamo sicuri: è lo specchio dei tempi. Non perché le donne siano delle Yoko Ono, che di professione fa la vedova, cioè una versione da biennale di Courtney Love, ma proprio perché si ripropone un vecchio luogo comune: o sei bella e "troppo giovane per aver combinato qualcosa" come ha elegantemente sottolineato miss settembre, l’artista iraniana Shirin Neshat, oppure sei rilevante e mica hai bisogno di spogliarti. È diventato irricevibile vedere una donna nuda, come spiega Zimmerman: "Non è più socialmente accettabile entrare in un garage e vedere un calendario con ragazze nude sul muro". Là dove noi vediamo sensualità la professoressa democratica vede una donna svilita e sgomma via, intimorita e offesa, verso un gommista femminista che al muro appenda le poesie polacche.

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Leibovitz cade nella trappola da cui rifugge, scegliendo di promuovere il calendario prendendo le distanze dall’immagine di una donna sensuale, ci sta dicendo che per lei la donna è forte quando non è sensuale. È la versione al contrario dell’ethos di Terry de Nicolò, quell’olgettina, che improvvidamente affermava: "La bellezza è un valore. È come la bravura di un medico. Se sei bella e ti vuoi vendere devi poterlo fare. Se sei racchia e fai schifo devi stare a casa".

 

Queste non sono le donne forti del nostro tempo, queste sono le donne salvate nella rubrica di Leibovitz (le quali a telefonata ricevuta hanno pensato tutte le stessa cosa: è uno scherzo?). Il calendario non solo è sparito dalle nostre case ma anche dal nostro immaginario, e dal punto di vista strategico di marketing il modo migliore per attirare attenzione di una società abituata alla bellezza disseminata in ogni account Instagram è rifiutarsi di metterla dove ce la si aspetta; obiettivo raggiunto. Ma la ricezione del calendario sui giornali ci dice di più, e ci dice che accettiamo senza ironia il fatto che la donna forte sia in opposizione a una donna sexy, e lo celebriamo come una conquista scordandoci che la sensualità non è un disvalore ma autentica libertà. Il calendario che dall’officina si sposta sul tavolino della sala d’aspetto, che progresso.

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