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I mascalzoni che vogliono mistificare l’oratore pro familia

Giuliano Ferrara

La polizia del pensiero ha beccato Kiko Arguello, oratore della manifestazione contro l’ideologia del gender di sabato scorso, e lo ha arrestato. La discussione sul femminicidio c’entra fino a un certo punto. Il succo è l’abc del sentimento cristiano sul delitto, la colpa e il castigo di vivere senza Dio. Cialtroni.

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La polizia del pensiero ha beccato Kiko Arguello, oratore della manifestazione contro l’ideologia del gender di sabato scorso, e lo ha arrestato. Certe manifestazioni bisogna sporcarle subito, sennò il politicamente corretto (religiosamente corretto) rischia di essere calpestato da centinaia di migliaia di persone pacifiche e serene che rivendicano il diritto a brindare alla propria coscienza prima ancora che agli interpreti untuosi della compassione francescana del Papa. Prima che lo impicchino, siano consentite a noi non manifestanti ma non obnubilati dalla crociata anticristiana due parole due.

 

Kiko ha detto, in sintesi e in verità (guardatevi il clip in rete se non ci credete), solo e soltanto questo: “Quelli che uccidono le donne e i bambini, secondo la cultura corrente, lo fanno per abuso di potere maschile sulla donna, nell’ambito di un dualismo uomo-donna che è l’origine del male, per cui vai pure con la cultura Lgbt e distruggi la famiglia criminogena. Noi cristiani di piazza la pensiamo altrimenti. Secondo me il maschio restato senza Dio, senza fede, senza messa, senza comunione, si spersonalizza, perde il suo essere, e ricerca idolatricamente questo essere nel feticcio dell’amore femminile. Se si sente abbandonato dal feticcio sostitutivo della fede e dell’essere inserito in una visione trascendente della realtà, piomba nell’inferno, e crede di sanare la disperazione dell’abbandono con un atto di violenza derivante dalla perdita di questo essere”. E’ questo un discorso prettamente cristiano, è la eco delle pagine di Feodor Dostoevskij sul delitto, la colpa e il castigo di vivere senza Dio (senza Dio tutto è possibile). E’ l’abc del sentimento cristiano della cosa in materia. E’ perfino imbarazzante doverlo ricordare.

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Può essere che la tirata di Arguello contro le sociologie e le ideologie del gender, che si inseriscono nella discussione sul femminicidio, sia sbagliata. Può essere che l’accento debba cadere di più e in modo più preciso sul delirio di potenza maschile in un mondo in cui l’aumento di valore e di partecipazione della donna alla vita civile e familiare è sentito come una sfida all’ego impazzito del maschio.

 

Può essere tutto quello che volete. Ma mistificare l’autentica vocazione di quel discorso e suggerire abusivamente, una specie di cattolicidio, che l’oratore pro familia sia in realtà uno che nega il significato profondo della vita di ogni donna, di ogni femmina, a petto della violenza che la colpisce, è una mascalzonata senza ulteriori aggettivi, una cosa inqualificabile, una resa all’ignoranza e all’irragione del più rozzo e poliziesco ideologismo.

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[**Video_box_2**]Non si è obbligati a conoscere il pensiero o la sensibilità religiosa. Ma si è tenuti a rispettarne il senso grammaticale e sintattico, il suo dipanarsi in una legittima oratoria cristiana di fronte a un popolo di fedeli. Altrimenti si è fuori dalla procedura democratica e liberale, si entra in una zona ad alto rischio di intolleranza e di rigetto violento delle idee e delle identità. E che i deformatori non si chiamino laici, non ne hanno il diritto: il primo giornale che ha attaccato Arguello come “seminatore di zizzania” è lo pseudo-episcopale e pseudo-papista Avvenire normalizzato dopo la stagione ruiniana, un bollettino burocratico dell’insignificanza al servizio della menzogna.

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