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Bambini violenti, global warming. Che noia a Cannes il Festival di “impegno & serietà”

Mariarosa Mancuso
"Diamogli un’altra possibilità, non è cattivo, ha solo avuto un’infanzia infelice”. A furia di sentirlo ripetere, nel film che mercoledì ha aperto il Festival di Cannes, l’irritazione monta, e viene voglia di elencare gli atti inconsulti del giovane teppista non ancora sedicenne.
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"Diamogli un’altra possibilità, non è cattivo, ha solo avuto un’infanzia infelice”. A furia di sentirlo ripetere, nel film che mercoledì ha aperto il Festival di Cannes, l’irritazione monta, e viene voglia di elencare gli atti inconsulti del giovane teppista non ancora sedicenne. Ruba macchine strappando le chiavi ai proprietari, e sarebbe il meno. Rifiuta la scuola, e fin qui ancora siamo dentro una normale ribellione. Porta via dalla casa protetta il fratello piccolo – l’hanno tolto alla madre che lo intossicato fumando spinelli – e quasi lo ammazza distraendosi mentre guida. Scaraventa una scrivania contro un’assistente sociale incinta. Manipola chi si occupa di lui, prima fra tutti il giudice dei minori Catherine Deneuve (per prudenza, comunque, toglie forbici e tagliacarte dal tavolo). Già a sei anni, alla prima udienza assieme alla ragazza che lo ha avuto sedicenne e forse non è in grado di occuparsene, sa fare l’angioletto quando serve.

 

“La Tête haute” di Emmanuelle Bercot insulta il buon senso – per dire quanto sia grave l’offesa dovremmo raccontare come finisce, ma non si fa. Soprattutto, insulta il cinema: macchina a mano su tutte le possibili isterie, una Catherine Deneuve che brilla per monotonia (voce bassa e missione da compiere per conto dello stato), tutte le scene obbligatorie quando si parla di adolescenti con problemi. Di peggio ci sarà soltanto il film di chiusura: “Ice and The Sky” di Luc Jacquet, regista di “La marcia dei pinguini”. Perfetta illustrazione, ai nostri occhi, di quanto sia crudele la natura che agli ecologi pare armoniosa. Riscaldamento globale, oh yes: il documentario racconta le scoperte di Claude Lorius, il primo a lanciare l’allarme. Tra i catastrofisti, è considerato uno speranzoso: crede che l’uomo con buona volontà possa invertire la tendenza e riparare il buco nell’ozono (altri suoi colleghi invece la pensano come il robottone cibernetico Ultron, nel film “Avengers” di Joss Whedon: sono gli uomini la sciagura della terra; sterminiamoli, e avremo un pianeta pulitissimo, alla giusta temperatura).

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Film migliori per aprire e per chiudere ce n’erano, ma il motto di quest’anno recita “impegno & serietà” (lo riferiscono i registi che si sono visti rifiutare i film giudicati troppo frivoli). Volendo partire con il botto, in un paesaggio post apocalittico che dà ragione alle cassandre verdi, ci sarebbe stato “Mad Max: Fury Road” di George Miller, il regista nel 1979 diede inizio alla saga, vincendo un concorso per dilettanti. Al posto di Mel Gibson, Tom Hardy di “Locke”. New entry: Charlize Theron cattivissima e con i capelli rapati a zero, se proprio serviva una donna per malinteso femminismo (qualche anno fa il direttore Thierry Frémaux fu accusato di non aver dato abbastanza spazio alle registe, si capisce che ancora gli brucia).

 

[**Video_box_2**]Il Monde dedica un articolo a “Les italiens”, che ha smesso di essere un insulto per lasciare spazio al conteggio dei premi che il trio Garrone-Sorrentino-Moretti ha finora conquistato a Cannes. E ai pronostici sul film italiano che la giuria, presieduta dai fratelli Ethan e Joel Coen, preferirà. Tifiamo spudoratamente per Matteo Garrone, che dalle favole seicentesche di Giambattista Basile ha tratto un film sfarzoso e barocco, tutto da guardare e da ascoltare (meglio in inglese, il cast è internazionale). Costato neanche il doppio del film di Nanni Moretti – che visivamente è al minimo sindacale – incanta con le sue vecchie che si farebbero scorticare pur di restar giovani.

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