Ernesto Galli della Loggia

Com'è che Ernesto GdL e Lady Sgarbi se le danno di santa sottomissione

Salvatore Merlo
La polemica è alta, ma il tono è strano, tenuto conto che lui è la prima firma del Corriere della Sera e lei è l’editore Bompiani, lui è il professore dei grandi editoriali di Via Solferino e lei pubblica Sciascia e Umberto Eco, insomma l’intera faccenda è un po’ strana perché si tratta del Corriere e della Bompiani, i due gioielli Rcs.

La polemica è alta, ma il tono è strano, tenuto conto che lui è la prima firma del Corriere della Sera e lei è l’editore Bompiani, lui è il professore dei grandi editoriali di Via Solferino e lei pubblica Sciascia e Umberto Eco, insomma l’intera faccenda è un po’ strana perché si tratta del Corriere e della Bompiani, i due gioielli della famiglia Rcs. Eppure, per tre giorni, dalle colonne del Corriere, fino a scivolare nella rubrica delle lettere e quasi nell’insulto personale (prova che l’Is e il terrore islamico fanno vittime anche dove non te lo aspetti), Ernesto Galli della Loggia ed Elisabetta Sgarbi si sono affrontati intorno a Michel Houellebecq, al suo molto discusso (e non sempre altrettanto letto) romanzo, e al suo titolo così denso eppure ambiguo: “Sottomissione”. Il 13 marzo, dal suo giornale, della Loggia criticava Bompiani e Flammarion, cioè l’editore francese e quello italiano di Houllebecq, perché non hanno mai usato la parola islam nei testi della quarta di copertina né in quelli del risvolto, dunque pavidi, poco crociati: “Due piccoli capolavori della viltà intellettuale europea dei nostri tempi. Quella che oggi come sempre comincia con la paura di chiamare le cose con il loro nome per la paura di dispiacere a chi è meglio non dispiacere”. Il 14 marzo, Elisabetta Sgarbi rispondeva spiegando che la polemica è artificiosa perché “sottomissione”, cioè il titolo del romanzo, “traduce la parola islam”, o meglio è una delle sue due possibili traduzioni: “Non abbiamo alcun motivo di nasconderci all’islam, perché dell’islam non abbiamo paura. E non ne siamo neppure ossessionati… Sottomissione è parola di grande impatto (un titolo geniale mi lasci dire, dalla connotazione molto complessa: rimanda a un atto di servilismo, ma anche a una dinamica erotica…) e appunto traduce la parola islam (che significa abbandono, volontaria sottomissione, direbbe l’amico Pietrangelo Buttafuoco)”.

 

E insomma, sembrava voler dire la Sgarbi: se vuoi le crociate devi andare a bussare da Goffredo di Buglione, non da Houllebecq. E fin qui tutto normale, anzi, molto interessante. Ma l’islam evidentemente confonde tutti, alza le nostre difese, accelera il metabolismo di ciascuno (e dietro Houllebecq c’è sempre la tragedia e l’orrore di Chalie Hebdo), e così della Loggia replica alla replica, il 15 marzo: “… lei è attenta ad amministrare la sua immagine coltivando il trasgressivo ma nei limiti di ciò che piace alla gente che piace”. Ed Elisabetta Sgarbi replica alla replica della replica: “Sul risvolto di copertina ho già ampiamente scritto. Ma lo rassicuro, gli manderò in approvazione i prossimi, così che possa valutarne la correttezza”. E infine della Loggia, da pagina 49 del Corriere, poco sopra il colophon: “La sua disposizione all’insolenza ha una misura tale che, lo confesso, è assolutamente fuori dalle mie capacità competitive. Per cui la prego: finiamola qui”. Cercava forse i suoi umori nelle pagine di Houllebecq, ma trovandovi solo quelli dell’autore e dell’editore, c’è rimasto male.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.