Addio a Paola Bonzi

E' morta venerdì la fondatrice del Centro di aiuto alla vita della clinica Mangiagalli di Milano. Aveva 76 anni

Paola Bonzi è morta venerdì a Brindisi, dove si trovava in vacanza con il marito Luigi, dopo una breve malattia che l’ha portata rapidamente e inaspettatamente in coma. Aveva 76 anni, era madre di due figli e nonna di quattro nipoti. Dirigeva alla clinica Mangiagalli di Milano un centro benemerito di dissuasione e aiuto e ha puntato con successo alla prosecuzione di gravidanze indesiderate attraverso il dialogo e le misure di aiuto collegate. Ne ha scritto lei stessa, su queste colonne e ha raccontato il ripetersi del "miracolo della Vita": "Noi non possiamo far altro che esserne testimoni". Nel 1984 aveva fondato il primo Centro di aiuto alla vita che abbia mai potuto trovare sede in un ospedale. "Le poche esperienze di santità laica, come quella di Paola Bonzi alla Mangiagalli di Milano, migliaia di bambini salvati e di madri salvate dalla decisione irriflessa per l'aborto attraverso la cura affettiva e la conversazione fraterna e sororale, dovrebbero diventare leggenda e mito, invece che essere trascurate e umiliate in favore delle sciocchezze sulla libertà riproduttiva", scriveva qui Giuliano Ferrara. 

  

"Il premio che la fa felice è la quota ventimila bambini nati in ventitrè anni", scrivevamo qui di lei. "L’Ambrogino d’oro l’ha già avuto, nel 2013, ma anche è quello è un dettaglio nel fiume di vite riuscite che è la storia del Centro Aiuto alla Vita della Mangiagalli di Milano. Il senso di Paola Bonzi per la positività della vita – quell’ineffabile 'vale la pena' della vita – non si misura in premi, traspare tutto dalla voce argentina con cui parla e ride, dalla mobilità degli occhi con cui ti osserva. Occhi che non vedono: da quando aveva ventitrè anni e una figlia di quattro, senza un motivo medico che sia mai riuscito a spiegare il perché. Il perché di una malattia invalidante – oggi si chiamerebbero impedimenti a vivere una vita piena. Ma che per Paola Bonzi è stata l’inizio di una riuscita, la ricerca di un motivo, che anche quella malattia 'servirà a qualcosa'. Certo, c’entra anche la fede, dice. Non bastano 'la razionalità, la filosofia, per convincere qualcuno di una positività che non si ritiene possibile'. Dunque bisogna avere il massimo rispetto, un rispetto silenzioso, per chi pensa altro e fa altre scelte".

 

Paola Bonzi era stata candidata con Giuliano Ferrara nella lista "Aborto? No grazie". Come spiega il fondatore del Foglio, "fu un anno disperato e combattivo, pensavo di toccare il cielo con un dito, presentai una lista di scopo alla Camera contro il temibile Berlusconi, che con cose del genere non voleva avere a che fare perché dividono, contro il temibile Prodi e la sua armata di cattolici democratici, che puntano sulla persuasione occulta con i bei risultati che si vedono, feci una sottoscrizione sottoscrivendo, chiaro, misi in lista Paola Bonzi, che punta sulla persuasione palese e salva migliaia di bambini e di mamme e di papà con un risarcimento più prezioso di quello della Cassazione, e per questo nella sua attività santa è sempre in bancarotta e non viene ricevuta al Quirinale l’otto marzo, e presi centotrentacinquemila voti, che era il numero degli aborti all’epoca praticati in Italia, dopo un miliardo e più nel mondo".

  
"Il senso di Paola Bonzi per la vita, la sua capacità (comprovata dai numeri) di trasmettere ad altre donne la facoltà di diventare madri, inizia da lì: da una solitudine avvertita su se stessa, da una sua gravidanza piena di dubbi. E allora aveva pensato, e poi l’ha fatto, 'che la prima cosa è l’accoglienza, l’ascolto, di una donna. Volevo che non fossero sole'".

 

 

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