Una marcia per la vita in piazza a Roma contro l'aborto (foto LaPresse)

Un aborto di sentenza

Giuliano Ferrara

La Cassazione risarcisce una coppia a cui anni fa nacque un figlio non voluto. Così in poco tempo la sordità morale sull’interruzione di gravidanza è diventata cultura, prassi, silenzio curiale e giurisprudenza

Dovevo chiamarmi Francesca. Mia madre voleva una figlia femmina. Invece nacqui con il pisellino. In un certo senso ero indesiderato, ma non c’era l’amniocentesi. Me lo raccontò lei stessa, gran donna d’acciaio morta quattordici anni fa tra le mie braccia, all’ora dell’aperitivo, senza soffrire. Mio padre è morto sedici anni fa. Io ho adesso sessantasei anni. I miei non hanno potuto fare istanza in Cassazione. Non c’era una legge per la tutela sociale della maternità, questa la sulfurea dizione, la 194. Non c’era la Scienza bioingegneristica a disposizione. Altrimenti sarebbero stati risarciti entrambi per un figlio indesiderato. Il che sarebbe stata una consolazione, per loro, che adoravo, e per me, che ero adorato abbastanza, a cose fatte, con tutto il pisellino, nonostante ogni avviso in contrario dei dottori freudiani e i pessimi risultati che si conoscono riguardo la mia disturbatissima personalità.

 

Una coppia di Alessandria è stata più fortunata. Hanno fatto l’amore, hanno concepito un figlio o una figlia, Giuliano o Francesca, questo non lo so, e hanno deciso di soprassedere secondo la 194 di tutela sociale della maternità, family planning, diritti riproduttivi eccetera. Ma le cose sono andate storte. E’ successo, come si lasciò sfuggire una volta il presidente Obama, un incidente grave, una di quelle cose che alle sue bambine vorrebbe sempre evitare. Il concepito è nato nonostante un aborto praticato evidentemente in modo sciatto: non erano riusciti, i medici non obiettori, a raschiare via la creatura formata nel seno della mamma e a gettarla tra i “rifiuti ospedalieri” come dice la legge, la norma. La Cassazione, che è il supremo tribunale del diritto e della coscienza moderni, sessantasei anni dopo la mia nascita ha disposto per un congruo risarcimento della mamma e del papà. Un aborto malriuscito non viene derubricato a tentato omicidio senza conseguenze letali o addirittura a lieto evento, viene trattato nei termini commerciali risarcitori acconci alla nostra epoca. Consentanei a quella che il vecchio Ratzinger chiamava la “dittatura dell’Io e delle sue voglie”, questo bigotto che poi divenne pure Papa.

 

Dieci anni fa cercai, forse memore dei miei peccati e agostinianamente o luteranamente consapevole del peccato originale che riguarda tutti, di porre il problema della sordità morale della società contemporanea in fatto di aborto. Tentammo, perché al culmine di una battaglia morale laica, molto male accolta da femministe e femministi, dopo aver detto che l’aborto è un massacro come dicono le cifre, che l’aborto è maschio, che fior di laici come Bobbio e Pasolini e Natalia Ginzburg erano contro, dopo aver detto che la soluzione non era punitiva ma nemmeno permissiva e complice, dopo aver detto tante e tante cose, proposi, proponemmo, una moratoria non tanto per l’astrazione legale della pena di morte, che con gran fanfara Emma Bonino predicava con autorità, essendo anche vivo e vegeto il mio vecchio amico Pannella, quanto per la concretissima strage degli innocenti che da oltre trent’anni, ora sono oltre quaranta, procedeva senza interruzioni, senza tentennamenti, senza stare tanto a pensarci sopra.

 

Contro i temibili Berlusconi e Prodi

 

Fu un anno disperato e combattivo, pensavo di toccare il cielo con un dito, presentai una lista di scopo alla Camera contro il temibile Berlusconi, che con cose del genere non voleva avere a che fare perché dividono, contro il temibile Prodi e la sua armata di cattolici democratici, che puntano sulla persuasione occulta con i bei risultati che si vedono, feci una sottoscrizione sottoscrivendo, chiaro, misi in lista Paola Bonzi, che punta sulla persuasione palese e salva migliaia di bambini e di mamme e di papà con un risarcimento più prezioso di quello della Cassazione, e per questo nella sua attività santa è sempre in bancarotta e non viene ricevuta al Quirinale l’otto marzo, e presi centotrentacinquemila voti, che era il numero degli aborti all’epoca praticati in Italia, dopo un miliardo e più nel mondo. Mi furono preferiti Berlusconi e Prodi, me l’aspettavo, un amico che abita vicino a me in campagna mi spiegò che nessuno vuole rinunciare al welfare nel caso che un figlio incappi in un incidente, disse così, come Obama, e mi presi a Bologna bombe carta e bottigliate, una specie di linciaggio che per un pelo non ci ha privato della penna di Aldo Cazzullo, che era con me come giornalista e cronista dell’evento per il Corriere della Sera.

 

Il risultato di queste premure, compreso un lungo digiuno natalizio in funzione imitativa dell’Alter Christus radicale e della sua Maddalena, fu dunque pessimo. Uscì il film “Juno”, prodotto a Hollywood, con una stupenda sceneggiatura in cui una ragazza se ne va da una clinica abortista perché non ne sopporta l’odore di acido fenico, decide di fare il figlio che voleva abortire e lo offre in adozione a una coppia senza figli in un’atmosfera di risarcimento, nel senso di un happy ending. Natalia Aspesi, la grande, si incaricò con un certo chic di scrivere che non era un film antiabortista, e questo sembrò anche chiudere, perché tutti credevano a lei, la battaglia culturale, diciamo così. Il Foglio fece la sua parte, malgrado ciascuno la pensasse a suo modo, e il giovane cronista Claudio Cerasa (25 anni all’epoca) scrisse indimenticate inchieste sul tema antiabortista.

 

I cattivi presagi ecclesiastici

 

Nei dieci anni seguenti mi sono ricordato dei cattivi presagi ecclesiastici, perché a fronte della solidarietà giustamente cauta di Ruini e Ratzinger, nel frattempo Benedetto XVI, e di un manipolo di giovanotti e giovanotte intorno alla rivista ciellina Tempi, più alcuni eroi del libero pensiero cattolico sparsi in giro per l’Italia, furono numerose le porte prodiane di chiese che mi si chiusero in faccia durante la campagna. Il tentativo di giocarsela con il Patriarca Kirill di Mosca, con Xi Jinping che nomina i vescovi, con Erdogan che sistema la questione di Gerusalemme, era evidentemente in incubazione a Roma. Ma non avrei mai pensato che la promozione dell’aborto a diritto umano universale, io che volevo solo la ratifica della dichiarazione fondativa delle Nazioni Unite, in cui la vita era con la libertà il presupposto della nuova èra di pace e di benessere tra le nazioni, avrebbe raggiunto la sofisticata soperchieria di una sentenza tutta italiana della Suprema corte di Cassazione in favore di un risarcimento ai genitori di un essere umano non desiderato, sempre immagino nel nome dell’ideale dell’accoglienza. E non avrei mai pensato che, ormai in ritiro virtuale dalla vita pubblica, avrei dovuto votare nel mio collegio romano, in quanto sostenitore dell’unico partito costituzionale residuo, per un Pd che mi porterà la mano a metter la croce su Paolo Gentiloni alla Camera, e vabbè, e Emma Bonino al Senato.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.