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Tutti pazzi per Totò Martello, il sindaco “disobbediente” di Lampedusa

Marianna Rizzini

Salvini si dice contrario allo sbarco, ma la nave Mare Jonio attracca in porto. E mentre si cominciava a parlare di sequestro e di inchiesta per favoreggiamento le parole del primo cittadino continuano a correre per il web

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Roma. “Se qualcuno sta per annegare mica gli dici che non lo aiuti perché c’è il decreto”; “in mare non esistono circolari, se c’è bisogno io chiedo di entrare e tu mi devi far entrare, basta”; “il porto è aperto, non ci sono cannoni puntati”; “la nave è italiana, i migranti salvati in mare vanno fatti sbarcare, curati e rifocillati”. Così parlò il sindaco di Lampedusa Salvatore Martello detto Totò, uomo che da sempre si definisce “di sinistra” (da molto prima di subentrare alla precedente sindaca di sinistra, ma renziana, nonché premio Unesco per la Pace Giusy Nicolini).

 

Lunedì 18 marzo la nave della ong italiana Mediterranea Saving Humans, partita da Palermo, ha soccorso in mare 49 persone, tra cui dodici minori, al largo della Libia. Quando la nave ha chiesto di poter approdare a Lampedusa, il Viminale, alla vigilia del voto parlamentare sul caso Diciotti, ha detto “no” (“possono essere curati, vestiti, nutriti”, ripete il ministro dell’Interno Matteo Salvini, “gli possiamo dare ogni genere di conforto ma in Italia con il mio permesso non mettono piede… O interviene l’autorità giudiziaria o il ministero dell’Interno non indicherà nessun porto. E’ una nave dei centri sociali”). E martedì Salvini ha ribadito: “Nessun pericolo di affondamento né rischio di vita per le persone a bordo, nessun mare in tempesta. Ignorate le indicazioni della Guardia Costiera libica che stava per intervenire, scelta di navigare verso l’Italia e non Libia o Tunisia, mettendo a rischio la vita di chi c’è a bordo, ma soprattutto disobbedienza (per ben due volte) alla richiesta di non entrare nelle acque italiane della Guardia di Finanza. Se un cittadino forza un posto di blocco stradale di Polizia o Carabinieri, viene arrestato. Conto che questo accada”.

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E insomma, mentre il ministro avvertiva, la nave sbarcava e si cominciava a parlare di sequestro e di inchiesta per favoreggiamento, le parole del sindaco Martello continuavano a correre per il web (il ministro dell’Interno intanto mandava a dire che il sindaco medesimo non doveva, sul tema sbarchi, “sparare numeri a caso”). E pensare che lui, Martello, ex bersaniano e cuperliano, mai renziano, si era distinto, alla vigilia dell’elezione, nel 2017, per parole che, viste dalla prospettiva dei compagni di sinistra-sinistra, potevano sembrare persino moderate: “Chi pensa che a Lampedusa non si debba fare accoglienza sbaglia. Siamo al centro del Mediterraneo, sono stato imbarcato sui pescherecci, la regola del mare è: soccorrere tutti. Mica si chiede il colore o la religione. Il salvataggio è sacrosanto, ma l’accoglienza va riorganizzata rispettando le regole che la giunta Nicolini (il suddetto sindaco precedente, ndr) ha disatteso per prima: il nostro centro di Contrada Imbricola ha 300 posti disponibili, se metto altri 700 stranieri o più, come si fa poi a proclamare al mondo che a Lampedusa facciamo una buona accoglienza?”. E però Martello – figlio di pescatori che sindaco è già stato dal 1993 al 2002, ex esponente pd che dal Pd a un certo punto si è distaccato in nome del “no al partito personale”, e che per questo si è candidato con la lista civica “Sesemuni” (“Alziamoci”) – diventava, per via della “resistenza” alla circolare del Viminale, il beniamino di questi e di quelli: bersaniani, renziani, zingarettiani. Soprattutto, anti-salviniani di ogni colore, specie dopo che il ministro dell’Interno e vicepremier sigillava la giornata con un: “Ora il governo difende i confini, chi sbaglia paga”.

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